L’Arte della fuga della Spellbound Contempory Ballet: una coreografia indispensabile.

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di Alessandro Paesano

L’Arte della fuga della Spellbound Contempory Ballet di Mauro Astolfi è una indagine in danza sull’Arte della fuga di Bach, la famosa raccolta di composizioni che il musicista non riuscì a finire morendo prima di portarla a termine, nella quale non viene data indicazione sull’organico strumentale per la sua esecuzione.
Suggestionato dalla lettura critica di Hans-Eberhard Dentler che ha interpretato la raccolta in chiave pitagorica Astolfi esplora la fuga come dissimulazione:  Se anzi che scappare da qualcosa o qualcuno, mi confondo con gli altri, mi vesto come loro, uso le loro parole. Per non farmi trovare non c’è niente di meglio che cambiare le mie abitudini, trovare sempre un muro dove nascondermi  e lì incontro sempre qualcun altro che è fuggito da qualcosa…

Da questa intuizione Astolfi costruisce una coreografia composta da tanti quadri interconnessi, nei quali i personaggi, che abitano la scena son tutti vestiti borghesemente in giacca, pantalone e cravatta (ma la giacca può mancare), si guardano, si osservano, interagiscono,  si corteggiano, si seducono forse (e a volte la seduzione svisa nella sopraffazione).
La dualità uomo donna, incarnata dai danzatori e dalle danzatrici che vi prendono parte, viene continuamente messa alla prova in un continuo smarrimento di ruoli e aspettative. Se in alcuni passi è lei a portare lui, in altri sono due lei a interagire e a corteggiarsi, oppure sono due lui, mentre, in altri momenti ancora, un testimone o una testimone guardano il passo a due, l’interazione, il corteggiamento, che a tratti viene diretto da questa terza presenza in un continuo scambio di prospettive.

La seduzione non è sempre erotico-affettiva ma sicuramente emotiva lo confermano dei movimenti di danza che intrecciano i corpi dei danzatori e delle danzatrici a marcatura stretta, richiedendo una abilità sorprendente e una capacità a portare e farsi portare non sempre così ovvia, soprattutto in certa danza contemporanea. La danza di Astolfi  è sempre un lavoro di gruppo anche quando in scena ci sono sono solamente due interpreti, e magari il resto del corpo di ballo spia dal dietro il muro che campeggia sulla scena.

Il muro, nel quale una porta permette l’uscita e l’entrata di danzatori e danzatrici, copre tutta la quinta e  durante l’ora e cinque minuti di coreografia si sposta, si moltiplica, assume posizioni diverse aprendosi, chiudendosi,  permettendo al corpo di ballo di muoversi davanti, intorno, dietro.

La grammatica coreografica è quella nervosa dei movimenti bruschi, veloci, scattanti caratterizzata anche da un impiego delle gambe per eseguire gesti normalmente svolti con le braccia, mentre un personaggio si porta appresso un rotolo di prato finto (sotto il quale si nasconderanno tutti e tutte alla fine della coreografia) e una sedia di design (la Wassily della Bauhaus) entra direttamente nella coreografia (in un passo a due, quando lui porta lei, la porta con tutta la sedia). Lo stesso succede con una panca, unico altro oggetto di scena, all’interno della quale trovano posto un danzatore una danzatrice o entrambi.

Questa interazione tra interpreti e oggetti di scena  si allinea a un linguaggio coreutico fatto di esplorazione, di rifiuto, di nascondimento, di afflato conoscitivo, di desiderio di essere parte di un gruppo senza rinunciare alla propria unicità. In una dinamica ondivaga nella quale ci si respinge ci si coinvolge in dei passi a due, o a tre, che vengono a volte amplificati da una esecuzione di gruppo dalla quale o alla quale danzatori e danzatrici rientrano o si distaccano.

Oppure ci si esibisce  in degli a-solo nei quali ogni interprete esplora lo spazio che ha intorno con il proprio corpo ora liberandosi degli abiti (come quando un danzatore viene espulso attraverso il muro in mutande e cerca di rivestirsi con gli abiti che gli vengono lanciati da una altro danzatore) ora costituendo un corpo altro come quando una danzatrice viene risucchiata da un drappo-gonna (manovrato al suo interno da una altro danzatore, senza però che la  sua presenza venga mai tradita)  dotato di movimenti propri e lei si adegua a questa nuova appendice

In tutti i passi a due o tre la grammatica classica della danza, codificata per genere, lascia spazio a una declinazione multipla, che prevede ogni interazione tra danzatori e danzatrici, senza gerarchie, senza assortimenti preferenziali, e senza polarizzazioni di sorta, così lui può dedicarsi a un altro lui e a una lei, e viceversa, nello stesso momento o in momenti successivi senza che ciò costituisca contraddizione, antagonismo o competizione. 

Prevale il tentativo incessante  dell’essere umano  di interagire con l’altro, l’altra, da sé, in un continuo incessante movimento verso l’altra persona che dura solamente l’istante di un attimo e dal quale ci si ritrae per tema di venire assorbiti in una moltitudine conformata. Questa polivalenza organica vitale basata sul movimento costituisce la fonte energetica di una coreografia senza sosta, ad alto consumo emotivo, visivo, muscolare (senza mai scadere nel dimostrativo, anzi restituendo sempre i movimenti con una apparente facilità che dietro cela una tecnica eccellente).

La precisione dell’esecuzione, la bravura immensa di tutti i danzatori e di tutte le danzatrici che dimostrano, senza ostentarle, doti atletiche non indifferenti anche per una disciplina ad alta richiesta come la danza, fanno di questa ultima fatica di Astolfi uno dei suoi spettacoli più riusciti dal forte impatto sul pubblico che, alla fine, applaude entusiasta e rumoroso.

Una perla preziosa nella programmazione del Teatro Vascello che continua a regalare sorprese e meraviglia.

L’arte della Fuga
coreografia Mauro Astolfi

Interpreti Lorenzo Beneventano, Anita Bonavida, Maria Cossu, Mario Laterza, Giuliana Mele, Alessandro Piergentili, Roberto Pontieri, Miriam Raffone, Martina Staltari
Assistente alla Coreografia Alessandra Chirulli
Musica J.S.Bach
Musica originale Davidson Jaconello
Disegno Luci Marco Policastro
Set concept Mauro Astolfi, Marco Policastro
Costumi Anna Coluccia
Realizzazione Scenografie Scenario
produzione Spellbound contemporary ballet

con il contributo del Ministero della Cultura coproduzione Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e Fondazione Teatro Comunale di Modena.

Visto per voi l’8 dicembre 2023 al Teatro Vascello di Roma.

 

 

(9 dicembre 2023)

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