“Il mio amico Hitler” con la regia di Andrea Adriatico apre alla grande la stagione “Cuore d’Aria” #vistipervoi a Teatri di Vita

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di E.T. #vistipervoi

Due ore e trenta minuti di spettacolo che volano via in un lampo. Il tema è attualissimo, se consideriamo il neonazifascismo che bussa alle nostre porte e riempie inutili teste vuote di fandonie e slogan confezionati ad arte assai vicini, troppo vicini, pericolosamente simili, agli slogan inseriti nell’orribile bibbia nazista “Mein Kampf”.

“Il mio amico Hitler” dal testo omonimo di Yukio Mishima (poi arriverà anche “Madame De Sade”, è il cinquantenario della morte del grandissimo scrittore-drammaturgo giapponese e Teatri di Vita non perde l’occasione) viaggia su binari viscontianamente noti, intreccio acciaierie e macchine da guerra, Hitler un pazzo al potere, l’eterno rivale nemico Ernst Roehm, la follia assoluta del dittatore tedesco, ma è un’altra cosa.

L’intuizione di Adriatico sta nel mostrare un Hitler insicuro, perennemente in conflitto con sé stesso, un poveraccio la cui unica certezza è che morirà insieme a tutti i suoi poveracci,  e nel frattempo trascina con lui nel baratro un’intera nazione di sciagurati che pendono,  letteralmente pendono, dalle sue labbra, molto prima di accorgersi a chi hanno consegnato legittimamente, cioè attraverso libere elezioni, la loro patria (“Così muore la democrazia. Tra applausi e grida.” [cit.]).

Adriatico dice la sua con molta chiarezza nel terzo atto (tre atti, dieci minuti di intervallo tra uno e l’altro, puntualità svizzera per permettere il rispetto del coprifuoco delle 23 anche a chi rientra) quando fa sdraiare Hitler su un lettino da psicanalista, intervistato da un Krupp / giornalista / vampiro che sulla pelle dei tedeschi e di sette milioni di ebrei finiti nelle camere a gas, costruirà ulteriore fortuna, al quale il dittatore che si suiciderà nel suo Bunker privato con cricca e Germania nazista al seguito, si confessa come un ragazzino incapace ed insicuro che cerca sé stesso attraverso la rassicurazione della fama che lo fa sentire importante.

Lo spettacolo scorre via che è un piacere; scendono ad intervalli regolari scritte tratte dal “Mein Kampf” hitleriano che sconcertano per la spaventosa vicinanza con temi e toni sollevati da certa destra sempre più estrema, e la drammaturgia riporta alla mente – cosa mai troppo ricordata – i clamorosi errori dell’ala socialista del nazismo, socialismo che nemmeno dall’esperienza italiana era riuscito ad imparare qualcosa.

Scenografia essenziale e il coup de théatre della piscina in scena dove si svolgerà, ma non vi diremo come, tutta la seconda parte del lavoro che si chiude subito dopo “La Notte dei Lunghi Coltelli”, notte nella quale vengono massacrati tutti capi della Camicie Brune, la milizia privata di Ernst Roehm, unico a dare del tu ad Hitler, e che precede di quattro anni l’altro tragico appuntamento in agenda del Nazismo, quello che la storia ricorda come “La Notte dei Cristalli” che darà il via alla persecuzione e deportazione degli Ebrei, traendo ispirazione diretta dalle leggi razziali promulgate dall’alleato Mussolini.

In scena, un cast tutto maschile, composto da Antonio Anzilotti De Nitto, Francesco Baldi, Giovanni Cordì e Gianluca Enria, che dà vita ai protagonisti di quel rovente 1934: Adolf Hitler, il delfino Ernst Röhm, il politico Gregor Strasser e l’industriale Gustav Krupp. Gli attori raccontano ed interpretano garbatamente, senza particolari sussulti e con la coscienza di essere alle prese con un testo difficile che deve scivolare via pena la perdita di attenzione da parte dello spettatore. Apertura coi fiocchi per “Cuore d’Aria” che prosegue fino al 2 agosto.

Ve ne daremo conto.

Lo scrittore e drammaturgo giapponese Yukio Mishima (1925-1970), autore de “Il mio amico Mishima”

 

 

(5 giugno 2021)

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