Sebbe, la rappresentazione di un’adolescenza difficile

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di Andrea Mauri

Sebbe al Teatro Ivelise di Roma è un viaggio emozionante nella vita di un adolescente. Tratto dall’omonimo film svedese per la regia di Babak Najafi (2010), Sebbe è un ragazzo di quindici anni – interpretato dal bravissimo e convincente Vieri Raddi – chiuso nella sua stanza mondo, un rifugio da una famiglia che non lo accetta, che non l’ha mai voluto e che non perde occasione per rinfacciargli l’inutilità della sua esistenza.

La scena è essenziale, tre sedie e a terra uno zainetto, le scarpe da ginnastica lasciate alla rinfusa, un giaccone, la sciarpa e una marea di oggetti e giocattoli sparsi per la stanza. E’ in quel luogo che Sebbe si libera dal peso della vita. Esce solo per andare a scuola, dove viene bullizzato e additato come gay, e per raggiungere una spiaggia discarica dove il ragazzo trova di tutto, oggetti i più disparati, che infila nello zainetto e una volta a casa rovescia a terra con forza, quasi a vomitare lo schifo della giornata che ha dovuto inghiottire.

Non parla con nessuno Sebbe. La madre è in un’altra stanza, non la vediamo, ma il ragazzo comunica con lei attraverso la porta. Si frequentano poco, lei lavora di notte e il tempo libero lo passa al pub a bere. Immaginiamo la voce urlante di lei, quando apostrofa Sebbe, lo ripudia, gli dice che la colpa di farlo nascere è stata solo del padre. Peccato che anche il padre è assente, fa il camionista, chissà dov’è, non lo sappiamo, vediamo solo la solitudine e l’isolamento di un adolescente che non sa da che parte guardare il mondo.

L’opera scritta e diretta da Massimo Stinco, vincitrice del primo premio del bando teatrale organizzato dal Teatro Ivelise, è la rappresentazione del non detto. Potrebbe apparire una contraddizione in termini trattandosi di teatro, ma i lunghi silenzi e in fondo le poche battute del monologo che Vieri Raddi rende solido, si adattano benissimo alla storia. La sofferenza di Sebbe si mescola alla nostra, quando vediamo il ragazzo armeggiare con oggetti strampalati raccolti sulla spiaggia discarica. Sebbe si interessa di meccanica, smonta e rimonta quegli oggetti, e’  attratto da materiali esplosivi che potrebbero porre fine a un’esistenza che non gli interessa davvero. E anche nelle uscite di scena, sotto il rumore di una pioggia incessante di un paese della Svezia dove fa sempre freddo e lo immaginiamo costantemente grigio, c’è la potenza dell’azione, perché sappiamo che Sebbe salirà in sella della sua bicicletta per andare verso una meta sconosciuta che lo farà soffrire, ma allo stesso tempo aspirando a qualcosa di meglio o forse solo di farla finita.

I silenzi, i rumori e i suoni. Questa triade calza a pennello nelle regia asciutta e concreta. La selezione musicale è molto evocativa, la scelta dei pezzi di Sting e dei Bronski Beat; Sebbe si muove sulla scena quasi danzando, in uno strano slalom tra le mille cianfrusaglie che custodisce nella stanza.

“Nello spettacolo ho voluto mantenere solo il protagonista eliminando fisicamente tutti gli altri personaggi che fanno parte della “vita” di Sebbe perché per lui non esistono, perché c’è solo lui e le sue cose vecchie e rotte appartenute forse a persone molto più fortunate di lui. Sebbe annulla il mondo circostante. Ecco quindi che ho voluto risolvere utilizzando registrazioni di voci fuori campo che rimbombano nella sua testa, e i rumori e suoni che fanno parte delle sue giornate: la campanella della scuola, le percosse e gli insulti dei suoi compagni, le urla e i rimproveri della madre ubriaca, e poi cantieri edili, macchine che sfrecciano in autostrada, mezzi pesanti, il vento, il mare, il ferro e il metallo degli oggetti semi distrutti e abbandonati. E le esplosioni della miniera”, spiega il regista Massimo Stinco.

Ci sono pure le esplosioni dei video violenti che Sebbe guarda con ossessione, spari che provengono da immagini nella rete, l’idea che il mondo che gli è toccato in sorte è solo manifestazione di bestialità. Il degrado umano che vive in famiglia, che lo ingabbia in quell’età che è sempre troppo per tutto, in quell’età che il senso comune narra come spensierata, su cui invece si depositano i macigni più pesanti della vita, quelli che in futuro, se non si è forti abbastanza, non si riuscirà più a disintegrare.

Sebbe si guarda intorno smarrito, non sa bene come reagire. Si avvolge di un filo di piccole luci che potrebbero aiutarlo a trovare una via d’uscita. Osserva quel ciarpame raccolto nella spiaggia discarica e pensa che mai ha ricevuto un regalo nella sua vita. L’unico, quello che la vicina gli porta a casa il giorno del suo compleanno, viene respinto violentemente dalla madre, perché lei dovrebbe poi ricambiare il pensiero e non ha soldi. Con grande umiliazione, dovrà riportarlo indietro alla vicina e in quel momento nell’anima del ragazzo qualcosa si spezza per sempre.


Sebbe
scritto e diretto da Massimo Stinco
con  Vieri Raddi
assistenti regia Leonardo Paoli
musiche originali di Federica Clementi

 

Visto per voi al Teatro Ivelise il 12 aprile 2025.

 

 

(14 aprile 2025)

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