“Le sfacciate Meretrici”: un risarcimento alle donne del Risorgimento italiano riuscito a metà

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di Alessandro Paesano

Le sfacciate Meretrici vuole essere un risarcimento alla memoria storica del nostro risorgimento, tutta declinata al maschile, che non ha mai avuto cura di tramandare le tante patriote che hanno affiancato gli uomini, mancando del tutto nei libri di storia, anche quelli scolastici.

Lo spettacolo, scritto e diretto da Chiara Bonome, nel ricostruire una memoria storica parziale, lo fa evocando direttamente queste figure femminili sulla scena, facendole parlare in prima persona della loro estrazioni sociale, vicissitudini personali, battaglie e morti, sul campo, o per condanna degli stati oppressori che angustiavano l’ancora inesistente Italia.

Vestite coi costumi dell’epoca, queste donne risorgimentali cantano canzoni dell’epoca, solidarizzano, si scambiano confidenze, si relazionano con gli uomini con i quali hanno condiviso la vita, quella politica, di lotta, e anche quella privata.

Un regesto, agile, veloce, compreso di brani musicai dell’epoca, ben congegnato e discretamente recitato da Chiara Bonome, Chiara David, Elena Ferrantini, Maria Lomurno e Simone Balletti e Andrea Carpiceci.

Lo spettacolo si apre con Eleonora de Fonseca Pimentel (Roma, 13 gennaio 1752 – Napoli, 20 agosto 1799) che racconta delle sue ascendenze nobili (ma come si parla al popolo? certamente non citando il greco e il latino) la sua vocazione giacobina, la sua partecipazione attiva alla repubblica napoletana del 1799,  la condanna a morte per cospirazione contro i Borboni, l’aborto avuto per le percosse subite dal marito, il suo essere zitella perchè separata, inneggiando alla libertà per tutte le genti, per tutte le donne, che danno origine alla vita, e la vita è amore e l’amore è libertà.

Lo spettacolo prosegue con questa impostazione drammaturgica.
Le quattro attrici, coadiuvate dai due attori, evocano personaggi femminili  del nostro Risorgimento alternando queste evocazioni all’interpretazione di brani musicali chiave di quel periodo storico come Partire Partirò, che racconta di un ragazzo costretto ad andare in guerra  (facendo riferimento alla coscrizione napoleonica) e dover lasciare la sua bella Gigina.
Quando è la volta di Giuditta Bellerio Sidoli (Milano, 16 gennaio 1804 – Torino, 28 marzo 1871) altra figura importante del nostro Risorgimento,  lo spettacolo ce la presenta al suo primo incontro a Marsiglia con Giuseppe Mazzini col quale manterrà un legame, anche sentimentale, per tutta la vita.
Giuditta ricorda al pubblico di come la sua memoria sia stata sacrificata per dare risalto alla figura di Mazzini. Eppure nonostante questa denuncia risarcitoria e indispensabile lo spettacolo è gravato da un sottile pervaso limite.
Tutti i personaggi femminili vengono descritti dal versante biografico di madri, amanti, fidanzate, vituperate e dimenticate in quanto agitatrici politiche, anime battagliere, figure altrettanto combattenti quanto le loro controparti maschili. Ma invece di esporci il loro pensiero politico, lo spettacolo preferisce soffermarsi sulle loro vicende biografiche.
Per esempio lo spettacolo ci dice dei dissidi politici tra Mazzini e Sidoli senza entrare nel loro merito ma presentandoceli come un problema che intaccava il loro rapporto sentimentale.

Perchè  se è vero che ancora oggi  le donne, pur raggiungendo posizioni importanti nel mondo del lavoro e dell’affermazione professionale,  devono sempre fare i conti col loro ruolo di madri e casalinghe che la nostra società patriarcale e sessista impone loro,  lo spettacolo non sembra voler sottolineare come, nonostante quel ruolo, queste donne abbiano dato un contributo alla causa, ma al contrario sembra più preoccupato a dimostrare come  nonostante le loro eccellenze nei campi canonicamente pensati per gli uomini, non abbiano trascurato i ruoli di madri e mogli e amanti, confermando così il ruolo di genere invece di criticarlo, capovolgerlo, metterlo in discussione con la loro stessa esistenza.

Così quando si racconta di Teresina, la  giovane collegiale  che partecipò alle cinque giornate di Milano, mitologica  ispiratrice della canzone la bella Gigogin (canzone chiave del risorgimento antiasustriaco) il testo dello spettacolo  non riesce a sottrarsi alla tentazione di rimarcare che nel suo apporto alla battaglia politica contribuì a salvare Goffredo Mameli, l’uomo che aveva amato.

È paradossale che nello stesso testo in cui i personaggi femminili dimenticati denuncino  il fatto di essere state sminuite nella loro importanza politica e ridotte al ruolo di amanti e mogli da una storiografia tutta sbilanciata a favore degli uomini, vengano trattate nello testo che dovrebbe affrancarle da questa storiografia maschilista e patriarcale nello stesso identico modo.

È come se Chiara Bonome non abbia fiducia nel pubblico e  per tener desta l’attenzione, per stimolare la memoria,  sottolinei l’integrità femminea di queste patriote.
D’altronde il primo personaggio evocato si chiede proprio come rivolgersi al pubblico dandosi una risposta classista.

Non mancano i momenti di vera rivalsa come quando in una rivendicazione corale i personaggi femminili ricordano al pubblico che le carbonare erano chiamate le Fioriste organizzate in gruppi che si chiamavano aiuole, oppure di come nascondessero negli abiti  compositi dell’epoca, bandiere tricolore o elementi da portare come staffette durante la rivoluzione massonica. O ancora quando, parlando di Cristina Trivulzio di Belgiojoso (Milano, 28 giugno 1808 – Milano, 5 luglio 1871) scrittrice e giornalista, viene letta la sua lettera in riposta al commento disgustoso di papa Pio IX che aveva soprannominato “sfacciate meretrici” (espressione che dà il titolo allo spettacolo) le donne che prestarono aiuto e soccorso negli ospedali durante la Repubblica Romana del 1849.

Molto ben riuscita la raccolta musicale di brani dell’epoca eseguiti con discrete armonizzazioni e accompagnamenti spesso registrati e più raramente dal vivo.

Le sfacciate Meretrici ha il merito di porre la questione storiografica di dover riscrivere la storia del nostro Risorgimento ampliandolo alle tantissime donne che hanno contribuirlo a farlo, ma tradisce  un approccio drammaturgico che fatica a vedere in queste politiche, intellettuali e combattenti delle donne invece che delle mogli e delle madri, un punto di vista sessista, maschilista e patriarcale col quale il testo flirta suo malgrado sfacciatamente.

LE SFACCIATE MERETRICI donne del Risorgimento italiano
scritto e diretto da Chiara Bonome
con Simone Balletti, Chiara Bonome, Andrea Carpiceci, Chiara David, Elena Ferrantini, Maria Lomurno
movimenti coreografici
Chiara David
adattamento musicale
Marco Foscari

Visto per Voi al Teatro Vittoria di Roma il 9 febbraio 2025.

 

 

(15 febbraio 2025)

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