di Andrea Mauri
Bisogna partire dalla fine per raccontare l’Amleto² (Amleto al quadrato) di e con Filippo Timi al teatro Ambra Jovinelli di Roma. Nel frastuono di buoni dieci minuti di applausi a ritmo di musica come sottofondo, Filippo Timi confessa che andare in scena è stato come aver fatto l’amore con il teatro. Ed è andata proprio così.
Lo spettacolo si apre a sipario chiuso, da cui spunta una sedicente Marilyn Monroe – Marina Rocco, che racconta al pubblico il sogno notturno di vincere l’Oscar non appena avrà trovato parcheggio nella via dove abita, dove nessuno trova parcheggio per giorni, mesi, addirittura anni interi. E siccome quel parcheggio finalmente lo trova, l’Oscar lo vincerà veramente e nel frattempo si abbandona a un orgasmo dalla gioia.
Amore, eccitazione, giochi, risate, flatulenze, canti e canzoni, musica pop e classica invadono il pubblico all’apertura del sipario e subito una gabbia si frappone tra realtà e finzione. Un trono dorato tra drappi rossi che scendono dal cielo, palloncini bianchi e neri, una scena focosa e funerea allo stesso tempo. Al centro l’Amleto² di Filippo Timi, che in un flusso di coscienza delirante non nasconde di sentirsi vittima del potere, disinteressato agli intrighi di corte, lì sul trono a subire l’assassinio dell’amato padre per mano della madre e dello zio, ma che in realtà poco gliene importa e che non cela di preferire a Ofelia il fratello di lei Laerte. È un Amleto al quadrato a ruota libera, mentre gli altri attori si muovono nella gabbia intorno al loro principe senza opporre resistenza al destino di eterni prigionieri della vita.
L’immagine che colpisce è proprio quella della gabbia e il primo pensiero va al circo. All’interno i personaggi si muovono come saltimbanchi, come guitti di un vero teatro, animano la scena pur costretti in uno spazio confinato. Amleto appare bloccato nel suo ruolo di burattino, in bilico tra rimuginii del pensiero e ricerca di una vera identità, mentre la musica, ora canzonette leggere degli anni Settanta, ora musica classica, rende schizofrenico il ritmo della narrazione.
La performance di Filippo Timi è un alternarsi tra ritmi lenti e drammatici a spinte sincopate che trascinano il pubblico nel puro divertissement. Timi si muove nella sua gabbia con la gonna ampia della madre e il rossetto cremisi sulle labbra, cerca l’amore di Ofelia e di Laerte, implora gli altri personaggi della corte di deflorare la giovane al posto suo. È in preda a un delirio di personalità che non trova argine nei suoi sudditi, i quali anzi sono pronti ad assecondarlo nel gioco perenne della vita.
Più che seguire la trama classica di Shakespeare, l’Amleto² di Filippo Timi mette al centro della narrazione il principe della Danimarca, l’io dei suoi pensieri, del suo orientamento sessuale, delle sue parole a volte profonde a volte inclini alla facile risata. C’è molto anche dell’attore e della trovata originale di recitare il famigerato monologo “essere o non essere”. Senza anticipare troppo quello che accade in scena, la parola si incepperà sempre da qualche parte, il monologo estrapolato dalla tragedia classica non si lascerà pronunciare; deve essere per forza così, perché altrimenti sarebbe stato un inutile scimmiottare l’impianto classico dell’opera shakespeariana.
Alla fine, lo spettacolo diventa un gioco tra attori (bravissimi davvero) e pubblico e si trasforma in puro metateatro. La Marylin dell’inizio rispunta sulla scena, lotta con la statuetta dell’Oscar vinto, ma non trova mai il giusto modo di suicidarsi. A sipario ormai chiuso pronuncia la battuta: “resta solo il silenzio”. Ma nessuno in sala è in silenzio, perché gli applausi deflagrano insieme alle risate che hanno accompagnato le quasi due ore di spettacolo. Finalmente un rito collettivo che ci mancava, una sensazione di profonda riflessione e leggerezza grazie a una performance da non perdere.
AMLETO²
uno spettacolo di e con Filippo Timi
e con Lucia Mascino, Marina Rocco,
Elena Lietti, e Gabriele Brunelli
(9 gennaio 2025)
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