Pubblico entusiasta per Metti, una sera a cena

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Metti una sera a cena debutta il 10 febbraio 1967 al teatro Eliseo di Roma  con la “Compagnia dei Giovani”, per la quale era stata scritta, interpretata da Rossella Falk, Romolo Valli, Elsa Albani, Carlo Giuffré e Umberto Orsini.

La commedia ruota intorno a Nina, sobria, dall’aria composta, sposata con Michele, un bell’uomo dall’aria mite e sfiorita. Nina ha una relazione con Max di professione attore (pastoso, vivace, una specie di maschera professionale per coprire una ambiguità di natura che spesso affiora e lascia sconcertati), da prima del matrimonio con Michele.
Max l’ha coinvolta in un ménage à trois col giovane Ric (un faccia crudele sopra un corpo morbido). Infine c’è Giovanna, nubile, innamorata di Michele anche se l’uomo le ha usato violenza sessuale.

Le situazioni che coinvolgono questi cinque personaggi avvengono in una scena nella quale, spiegano le didascalie, le azioni devono svolgersi in un presente continuo, (…) i personaggi sono sempre in scena e anche quando non partecipano devono sottolineare la loro presenza ed essere di ingombro.

La commedia si apre con Ric e Nina mentre si spogliano. a casa del ragazzo, per un incontro sessuale, anche se si danno del lei. Ric critica ferocemente il marito di Nina e l’establishment intellettuale dell’epoca rivendicando il fatto che lui non fa nulla per vivere (ma rimango il più grande scrittore perchè non avendo scritto niente nessuno può dimostrare il contrario). Nina, scopriamo più avanti, ha deciso di incontrarlo da sola, contravvenendo alle regole di Max, per curiosità, per scoprire che razza di uomo è, visto che ormai l’amore con Max lo fa sempre anche con lui presente. Questa scena di apertura che vede immediatamente due personaggi denudarsi mentre discutono doveva essere di grande impatto nel 1967. Da questo esordio Patroni Griffi dipana una descrizione delle dinamiche borghesi dell’epoca, una dinamica di gruppo, di amicizie della stessa generazione, dove il sesso è strumento di potere, sia nella sua forma diretta di controllo (lo stupro di Michele ai danni di  Giovanna) sia nella concezione che gli uomini hanno delle donne (Max che conciona che le donne sono delle cose che ti passano sotto gli occhi e quando te ne serve una l’afferri). Giovanna è, per sua stessa ammissione, una donna all’antica che, nel patriarcato, ha funzioni di cura (come quando prepara un crema a Michele che lamenta di non averla mai gradita e allora Giovanna gliela spalma sulla faccia, dicendogli che non è un uomo se si lascia trattare in quel modo) mentre Nina è una donna libera che non si accontenta di rimanere fedele a un solo uomo come fanno le Femmine. E poi c’è Ric che si prostituisce con donne anziane (e possibilmente anche con uomini), che s’innamora di Nina e interferisce con il gruppo: Nina va vivere con lui lasciando marito e amante. Ric però si mostra geloso esattamente quanto Max (che quando scopre del suo incontro in solitaria con Ric la minaccia di spezzarle le gambe) e anche con Michele (il cui vissuto personale, a sentire Nina, è ben diverso da quello pubblico, in presenza del gruppo).

Alla fine il gruppo accoglie anche Ric e le dinamiche borghesi riprendono immutate.
Questo riassunto parziale ricolloca in una narrazione lineare quel che nel testo è porto per frammenti, contrappunti tra una situazione e l’altra cui si avvicenda un continuo rimando senza soluzione di continuità. Alcuni dialoghi e situazioni vengono ripetute. In una di queste ripetizioni una prima volta vediamo Max sussurrare frasi incomprensibili all’orecchio di Giovanna e solamente alla ripetizione ne sentiamo il contenuto. Metti una sera a cena è commedia che compie una una critica a certi comportamenti borghesi tramite una forma drammaturgica estremamente innovativa per l’epoca, sia nella struttura narrativa che nella scrittura dei dialoghi.

L’allestimento che abbiamo visto all’Off/Off Theatre per la regia di Kaspar  Capparoni, che interpreta Max, si permette una serie di semplificazioni (via le disquisizioni sul teatro,  e quella sulla distinzione tra donna e femmina fatta da Nina, via il lei di Nina a Ric, nessun denudamento di Nina, solo uno, parziale, di Ric, che non crea alcun imbarazzo)  invertendo la scena d’esordio di Ric e Nina con quella  in cui Michele annuncia a Max che sta scrivendo una commedia in cui un uomo ha una relazione con la moglie del suo migliore amico.
Questo “nuovo”  incipit sposta il focus della commedia che, crediamo di capire, nelle intenzioni di Capparoni, diventa una emanazione immaginifica dello stesso Michele, che infatti per tutte le scene in cui non ha battute, scrive a macchina. Una lettura possibile (anche se non corroborata dal testo) che non ci pare necessaria e che anzi, se davvero è tutta una fantasia di Michele, toglie concretezza alla critica politica che Patroni Griffi faceva alla borghesia di allora.


Molti altri i rimaneggiamenti.
Via tutte le ripetizioni (sentiamo subito il contenuto delle frasi dette da Max all’orecchio di Giovanna), via anche la scena della crema e le considerazioni di Giovanna su Michele (sostituite da dei timidi tentavi di coccole, goffi e fuori personaggio).
Via l’ingombro dei personaggi la cui presenza si deve far sentire anche quando non hanno battute che invece Capparoni tradizionalmente fa immobilizzare e lascia nel buio.
Questa disinvoltura nel semplificare il testo va a scapito della complessità psicologica dei personaggi dell’originale qui appiattiti su degli  stilemi più immediatamente riconoscibili dal pubblico (compresa una certa recitazione impostata un po’ d’antan).
Così quando Giovanna si altera quando si sente trattata con poco rispetto, mentre in Patroni Griffi la sua reazione ha tutta la dignità di una donna borghese che si sta difendendo, in Capparoni diventa lo sfogo di una isterica che urla e si esalta.
E il pubblico ride.
Lo stesso accade nella scenata di gelosia di Mic a Nina.
Quando lui si dispera per le risposte che riceve quando le chiede chi butterebbe tra lui il marito e Max giù dalla torre, mentre il testo originale si focalizza sulla disperazione genuina (anche se naïf) di Ric in Capparoni diventa occasione di ridere delle sue disgrazie.
In tutte queste scene la recitazione è troppo energica approdando sempre all’urlo come unica cifra espressiva del dissenso.
C’è poi una aggiunta davvero infelice. Quando racconta di alcune retate della polizia a New Orleans ai danni della comunità omosessuale Giovanna si chiede quale parola usare dei finocchi, dei pederasti, degli omosessuali…  come si dice… Capparoni pensa bene di aggiungere all’elenco la parola travestiti, che in Patroni Griffi non c’è,  con un effetto così disgustosamente omofobico che siamo stati tentati di lasciare la sala.
Se Patroni Griffi sapeva benissimo già nel 1967 che il travestitismo non ha nulla a che vedere con l’omosessualità perché mai nel 2024 dobbiamo ancora starlo a spiegare?
Nel testo originale il riferimento alle persone omosessuali, al di là dei nomi, non è mai offensivo (anzi il racconto di Giovanna verte sulla vendetta di uno dei ragazzi vessati)  e quando Max e Michele scherzano sull’espressione che Giovanna si è inventata per descrivere gli uomini che cercano sesso con altri uomini (commercianti di pellame) l’allusione è al doppio senso (che taglia porti? Io la 40…) mai al loro atteggiamento. Capparoni invece fa dire queste battute con un’affettata e disgustosa effeminatezza impiegando il più trito  cliché omofobico, assente in Patroni Griffi.
E il pubblico ride, di nuovo.
Se la commedia di Patroni Griffi si rivolgeva  al pubblico di allora con una discorso  critico e sincero  la messinscena di Capparoni si limita a un esercizio di stile che si gingilla con un testo travisato e non compreso fino in fondo, che non parla alla borghesia presente in sala ma lo lusinga con dei personaggi bizzarri, distanti, decadenti, dai quali è facile prendere le distanze e dire (io non sono così).

Il pubblico apprezza e applaude con molto entusiasmo.

 

Metti, una sera a cena
di Giuseppe Patroni Griffi

con Kaspar Capparoni, Laura Lattuada, Carlo Caprioli, Clara Galante, Edoardo Purgatori
regia Kaspar Capparoni

 

Visto per voi all’Off/Off Theatre di Roma il 19 gennaio 2024.

 

(21 gennaio 2024)

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