di Alessandro Paesano
Mars (t.l. Marte) viene descritta nel programma di sala del Fuori Programma festival come una coreografia intima creata per quattro danzatori che indaga il tema della mascolinità.
Sulla scena, un palco con il pubblico seduto ai quattro lati, i quattro danzatori irrompono con impeto, eseguendo dei passi di danza quasi acrobatici. Uno dei danzatori si mette in posa, il busto flesso, le gambe pronte a sostenere un peso, mentre gli altri danzatori con un salto salgono sulla sua schiena e dinamicamente ne ridiscendono in un movimento che non ha soluzione di continuità.
A turno ognuno sale, ognuno riceve, poi si cimentano con figure più complesse, fino a costituire una piramide umana, ma sempre nell’armonia del movimento coreografato mai nella performatività dimostrativa dell’acrobazia.
Questo l’inizio di una coreografa che si fa occasione di esplorazione del corpo danzante maschile grazie ai quattro interpreti che ne saggiano tutte le potenzialità. Le potenzialità coreutiche nelle prese, nei passi a due, tre, quattro, nelle pose, ripetute sui quattro lati del palco per essere a favore di tutto il pubblico, in una relazione che alterna la cooperazione alla competizione mentre danzano occupando lo stesso spazio cercando una coabitazione che indugia tra complicità e gara senza riuscire a trovare una preferenza. Potenzialità. emotive dove la rabbia, la vergogna, l’euforia sono espresse fisicamente e impiegate come elementi della coreografia quanto la possanza fisica.
Le potenzialità del corpo sessuato dei performer, anche, come quando tre su quattro si calano i pantaloncini che indossano alle caviglie rimanendo in mutande. Una esplorazione che viene sostenuta da una partitura sonora (la cui varietà di composizione potete leggere nellenote) che evoca culture, epoche, periodi diversi (dalla classica al pop più contemporaneo).
Una delle più grandi intuizioni di questa coreografia dell’israeliano Lior Tavori è quella di non cortocircuitare mai la coreografia dedicata alla mascolinità, cioè al corpo maschile, all’omoerotismo, che rimane in tralice come corollario di un’esaltazione del corpo maschile senza concretizzarsi mai in un investimento erotico-affettivo qualunque sia l’oggetto di investimento. Il corpo danzante per Tavori è un corpo desiderante che però non mette in atto alcun desiderio.
Il ruolo maschile vive nella sua fisicità e dalla fisicità parte all’esplorazione delle possibilità che quel corpo così strutturato fornisce, permette, regala.
Una esplorazione tra corpi maschili, dalla quale per scelta, per speranza, per augurio, non si arriva mai alla violenza distruttiva ma dove il conflitto è sempre mediato dalla verve ludica.
Mars riesce a presentare la mascolinità senza inserirla in una cornice di significato patriarcale dimostrando come la datità del corpo umano sessuato non deve necessariamente avere quell’impatto valoriale che si declina nell’androcentrismo, nella guerra, nella violenza e nell’omicidio. Non è scritto nel corpo ma nella cultura, in senso antropologico.
Mars è una coreografia intelligente, colta, divertita e divertente che il pubblico apprezza tanto da richiamare sul palco i quattro interpreti per svariate volte, senza interrompere mai l’applauso sconfinato come a restituire parte dell’energia appena ricevuta .
Un’altra perla di un Festival che ci sta regalando tante belle sorprese.
Visto il 23 giugno al teatro India di Roma
Mars
Coreografie e stage design: Lior Tavori
Performer co-creatori: Ori Moshe Ofri, Amit Marcino, REches Yitshak, Tamar Lev
Musiche: Queen, Clara Rockmore, Andy Moor, Anne-James Chaton, Carsten Nicolai, Patrick Watson, Hildur Guðnadóttir
Direttore tecnico: Einat Betsalel
Sound design: Reut Yehudai
Costumi: Harel Lisman
Light design: Ofer Lauper
Foto: Yair Meyuhas
Video: Kino Kitchen
Si ringrazia: Harel Lissman, Mandel Cultural Center, Studio Naim Tel-aviv, Liad Tavori, Ben Goldberg
(24 giugno 2023)
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