di Alessandro Paesano
Scomodi e sconvenienti (ossia Fine Inopportuna Di Una relazione Sentimentale) di Emiliano Metalli, appena tornato in scena (con un cambio di organico) al teatro Lo Spazio di Roma, dove ha debuttato lo scorso anno, è ispirato a un fatto di cronaca degli anni ’50 del secolo scorso, l’uccisione dell’attore emergente Ermanno Randi, all’anagrafe Ermanno Rossi, per mano del suo amante Giuseppe Maggiore.
Sulla stampa dell’epoca il fatto di cronaca venne presentato come il prodotto di un vizio degradante, una relazione mossa da secondi fini (il tornaconto personale, quello economico) mentre l’aspetto relazionale venne svilito a delle prestazioni sessuali opportunistiche.
Metalli affianca ai due giovani protagonisti – Giuseppe Maggiore (interpretato da Riccardo Pieretti) aveva 33 anni, Ermanno Randi (Orazio Rotolo Schifone, che firma anche la regia) 31 – un personaggio di invenzione, sarto e omosessuale, amico di entrambi, che racconta a un intervistatore i fatti di allora, come li ricorda oggi, all’età di 82 anni.
Questo personaggio, come a giustificare l’aspetto del suo interprete (Francesco di Raimondo, che di anni non ne ha certo 82), dice di non sentire il peso degli anni e che quel che conta è lo spirito, l’età interiore.
Una soluzione drammaturgica elegante che mentre gli assicura la possibilità di potersi muovere liberamente nel descrivere i due personaggi reali, giustificando ipotesi e fatti col punto di vista di un personaggio fittizio, permette a Metalli di coltivare la vocazione poetica (e sentimentale) di un testo che alle scene dialogiche intervalla diversi monologhi dei protagonisti. Questo punto di vista narrativo non trova però una vera articolazione drammaturgica, il testo si limita ad alternare i momenti dell’intervista nel presente (che avviene in uno spazio laterale della scena, fuori di palcoscenico, mentre una videoproiezione la restituisce anche sul palco centrale) alle scene che ritraggono i trascorsi di Ermanno e Giuseppe scene nelle quali è presente, non sempre, anche l’amico/testimone.
Nel programma di sala si legge che lo spettacolo vuole restituire voce e dignità a tutte quelle persone realmente esistite che, vittime innocenti della società, sono state dimenticare solo perché avevano scelto una strada diversa dalle regole dei benpensanti. Questa dichiarazione di intenti trova lo scoglio della storia di cronaca cui la pièce si ispira.
Nella vita reale infatti la morte di Ermanno Randi per mano di Giuseppe Maggiore non è il risultato dell’omofobia sociale, ma della natura possessiva, tossica e violenta, di matrice patriarcale di Maggiore che, Randi fosse stato una donna, avrebbe portato a un femminicidio.
Anche nella pièce le motivazioni dell’omicidio di Ermanno per mano di Giuseppe sono tutte interne alle vicissitudini della coppia, su cui il racconto indugia: il loro primo incontro, l’inizio della storia d’amore, la separazione (Giuseppe si traferisce a Buenos Aires per cercare fortuna) il ricongiungimento e la convivenza, nelle quali il ludibrio e il pregiudizio non interferiscono mai.
L’unico accenno lo fa Ermanno quando ricorda a Giuseppe che non possono vivere la loro relazione alla luce del sole perchè la società li considera due invertiti, ma questo dettaglio serve più per delineare il carattere spavaldo e sfrontato di Ermanno che a denunciare davvero la pressione sociale. Nessun riferimento alle discriminazioni e al pregiudizio che, semmai, ci fu dopo, nel modo in cui la stampa dell’epoca riportò i fatti (si arrivò persino a parlare del gusto femminile con cui Maggiore aveva arredato l’appartamento dove viveva con Randi).
Ma la pièce, dopo l’incipit nel quale alcuni lacerti dei film girati da Randi si alternano, in proiezione video, ad alcuni dei titoli dei quotidiani sul fatto di cronaca, si dimentica subito della stampa non tornandoci più.
Così l’ambiguità di fondo di un racconto che presenta un delitto violento basato sul possesso come metafora dell’omofobia sociale, mentre cerca di restituire dignità all’amore tra due giovani uomini con un registro sentimentale che vorrebbe essere mélo senza mai riuscirci veramente, finisce col giustificare involontariamente un omicidio violento secondo la retorica del delitto passionale.
Tra raccomandazioni dell’amico/testimone ad Ermanno di trovarsi un fidanzato più adatto a lui e monologhi nobilitanti di Giuseppe e delle sue dinamiche emotive l’omicidio finale arriva con una ineluttabilità che sembra caratterizzare tutte le storie d’amore tra uomini dell’epoca, come se non ci fossero stati esempi positivi di amori omoerotici anche in quegli anni (come racconta invece Andrea Pini nel suo Quando eravamo froci, Il Saggiatore, Milano 2011).
Anche il palloncino pieno di coriandoli che viene fatto esplodere nel finale per riprodurre il colpo di pistola (anche se nella realtà Giuseppe di colpi contro Ermanno ne esplose almeno quattro) dà delicatezza a un gesto che andrebbe invece ricordato per tutta la sua scellerata violenza.
Questa sublimazione poetica della violenza è forse il limite maggiore di una pièce contraddittoria la cui ambiguità di fondo distoglie anche dalla recitazione degli interpreti, la cui bravura poco può per sciogliere il nodo cruciale di una drammaturgia irrisolta.
SCOMODI E SCONVENIENTI
di Emiliano Metalli
regia Orazio Rotolo Schifone
con Francesco Di Raimondo, Riccardo Pieretti, Orazio Rotolo Schifone
Visto al Teatro Lo Spazio il 20 aprile 2023
(23 aprile 2023)
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