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Vanni Piccolo: il suo spettacolo “Lettera ad un giovane amico” è una lettera d’amore per la militanza. Grazie Vanni

di Alessandro Paesano

Il Foyer dell’Off Off Theater è gremito, si discorre amichevolmente tra militanti e amici e amiche di lotta.

L’occasione è di quelle importanti e sempre troppo rare.

Vanni Piccolo finalmente porta in scena il suo spettacolo Lettera ad un giovane amico.

Si entra in sala per una prima che ha registrato il sold out già parecchio tempo prima della serata. Quando le luci si abbassano e la sala piomba nel buio il vocio lascia posto a un silenzio di attesa e curiosità. Nel buio un giovane ragazzo entra in scena e si siede per terra, sull’impiantito del palco. Poi alcune note accompagnano una figura, un’ombra, di profilo, dietro le quinte, in trasparenza, à la Hitchcock.

È la silhouette di Vanni, la riconosciamo, e prima ancora di sorridere nel vedere un amico, un compagno di lotte sulla scena, Vanni si rivolge al suo giovane amico e nel dedicargli la lettera del titolo, gli dice cara amica spiegando il significato sovversivo e capovolgitore di quella scelta grammaticale.

Non è per paternalismo che il personaggio Vanni spiega al personaggio che lo accompagna in scena il significato dell’uso del femminile tra uomini omosessuali.

Vanni lo fa per amore dei ragazzi, sicuramente in quanto omosessuale, ma soprattutto per un sentimento di instancabile ottimismo e solida speranza nel nuove generazioni alle quali consegna idealmente il testimone di una lotta instancabile  che ha accompagnato ogni scelta del Vanni uomo e militante.

Un passaggio di testimone affinché la memoria non venga mai meno, perché, forse, il giovane personaggio in scena nel quale confluisce tutta la nostra contemporaneità, ha bisogno di sentirsi dire il racconto di tante lotte, di tante battaglie, di tante morti, anche, per mano omofoba, per mano propria (il suicidio è sempre anche una forma di protesta) o per una epidemia diffusa tramite i rapporti sessuali che ha decimato una intera generazione.

Foto: Nuvole Rapide Produzioni

Anche il pubblico in sala ha bisogno di sentirsi raccontare certe vicissitudini, il clima di un’epoca, quando una intera generazione di uomini omosessuali gioiva perché, per la prima volta si parlava di loro sui giornali, anche se lo si faceva nei termini poco lusinghieri dei festini gay, dei balletti verdi della cronaca più o meno nera.

Il racconto di Vanni Piccolo, pur passando necessariamente per la sua biografia (la memoria non può essere costruita sui libri), non è mosso da intenti celebrativi o da personalismi biografici, ma dall’afflato di un 82enne che sa ancora emozionarsi e infervorarsi come un bambino, perché l’età è sempre quella che abbiamo nella testa e non quella nel corpo.

L’entusiasmo di Vanni sa coinvolgere, dare speranza, instillare orgoglio ed emozione in tutte le persone che assistono al suo racconto-spettacolo, nel ripercorrere i corsi e decorsi del movimento di librazione omosessuale, le cui azioni e i cui risultati sono molto più articolate ed organiche di quel che non sembra, anche nella memoria di chi a quel percorso ha contribuito a creare, per poco o per molto.

Tra brani e immagini storiche incardinate in una videoproiezione semplice ma elegante, tra le canzoni di Alfredo Cohen e quelle di Umberto Bindi,  Vanni Piccolo sa muoversi sul palco come lo frequentasse da sempre, senza battere ciglio quando manca una pagina al testo che tiene sul leggio e al quale torna, di tanto in tanto, chiedendo al suo giovane amico di cercarla, o quando si rivolge direttamente alla platea per qualche allusione sagace, mai volgare.
Vanni Piccolo ci regala una lettera di amore per la militanza, facendosi testimone di una comunità oggi sempre meno riconosciuta anche dai suoi stessi membri, mostrandoci con orgoglio quello che migliaia di persone lesbiche e omosessuali sono riuscite a fare nel corso di una vita, la nostra e la sua,  senza misurare meriti e demeriti, ma restituendo il respiro di un movimento di lotta e di resilienza mostrandocelo con la stessa sincera commozione di chi lo vede per la prima volta.

Come nel rito del teatro Attico Vanni Piccolo ha chiamato una intera comunità per mostrarle risultati, percorsi, storie, grandezze, gioie e sofferenze.

Uno specchio nel quale riconoscere fratelli e sorelle di viaggio tra sesso, affetti e lotte politiche.

Uno specchio nel quale vedere i propri volti che, come diceva Allen Ginsberg, ci ha ricordato Vanni, non hanno più uno sguardo triste.

L’amico della lettera, presente in scena in adorante ascolto, evoca e ribadisce l’esistenza e la necessità di una comunità che c’è, anche se negletta.

Alla fine tutte le persone che hanno avuto la fortuna e l’onore di assistere allo spettacolo hanno provato la stessa gioia dei primi omosessuali che, leggendo sui giornali dei balletti verdi, scoprivano che c’erano altri come loro, altri uomini che amavano gli uomini, perché, come cantava Renato Zero,  il tuo nome gridalo forte un coro ti risponderà.
Lo stesso coro che Vanni ha fatto intonare a tutta la platea, mentre ricordava gli slogan delle prime marce di protesta, ribadendo che la lotta è frocia e antifascista.

Vanni Piccolo ha celebrato e ravvivato un senso di comunità che si è se non perso sicuramente trascurato. Ce lo ha mostrato e restituito con la sua capacità di emozionarsi ed emozionarci.

Grazie, amica.

Foto: Nuvole Rapide Produzioni

 

(Visto a Roma Lunedì 3 aprile 2023 al teatro Off Off)

 

 

 

(8 aprile 2023)

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