“Allegro, non troppo”, presto a Napoli e a Roma. Intervista al regista Mariano Lamberti

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di Giuseppe Sciarra, #interviste

Abbiamo intervistato il regista e scrittore Mariano Lamberti che  assieme all’attore Lorenzo Balducci, sarà in scena a Napoli e a Roma con una stand up comedy dissacrante e fuori dagli schemi “Allegro, non troppo”: Prossime date, 11 e 12 dicembre al Nuovo Teatro Sanità di Napoli e dal 17 al 19 dicembre all’Off/Off Theatre di Roma.

Eccola di seguito:

Nel tuo spettacolo “ Allegro, non troppo” non le mandi a dire, parli ad esempio dell’omofobia interiorizzata della comunità lgbtq+ o di omofobi illustri e gay come Franco Zeffirelli e Thomas Mann. La vostra piéce sembra una presa di coscienza ironica sulle storture della comunità ma anche un atto politico. Da che cosa nasce l’esigenza di proporre uno spettacolo del genere? Avete avuto degli ostacoli nel realizzarlo visto i temi scottanti?
L’esigenza di proporre uno spettacolo del genere è frutto delle mie esperienze di vita e non solo. Avendo superato i cinquanta posso dire di aver vissuto dagli anni ottanta in poi tutta la genesi del movimento lgbtq+: dalle prime prese di coscienza di molti omosessuali nel venire allo scoperto, al cambiamento radicale del fluire l’omosessualità nei locali oltre all’esplosione successiva delle chat e le app – a riguardo ho scritto anche due libri. Il mio spettacolo ha come obiettivo di storicizzare il movimento lgbtq+ attraverso lo strumento della stand up comedy raccontando nel bene e nel male come stanno le cose. Da una parte essendo un soggetto politico nuovo l’omosessuale, ha tutta la rabbia e la voglia di affermarsi, dall’altra ci sono tutte le idiosincrasie e le nevrosi che inevitabilmente emergono dopo secoli di persecuzioni : attraverso lo strumento della commedia voglio far riflettere su questa duplicita. Allegro, non troppo nasce però anche dal voler personalizzare un’esperienza di vita omosessuale e con Riccardo Pechini il mio coautore abbiamo pensato che l’attore Lorenzo Balducci in tal senso potesse fare al caso nostro. Lui racchiude in sé le nuove e le vecchie generazioni. Vive pienamente la contemporaneità gay che è molto fluida e combattiva tenendo ben presente da dove viene il movimento e la sua storia. Lorenzo ha tra l’altro una vicenda personale molto particolare che porta in scena con molto coraggio.

 


Come vivi il mondo lgbtq+? Cosa ami della comunità e che cosa secondo te ancora non funziona?
Amo della comunità lgbtq+ la possibilità di essere un campo aperto di possibilità, reinventando certi aspetti atrofizzati della cultura patriarcale e matriarcale :la famiglia tradizionale se da un lato, avendo dei binari tracciati, può apparire molto rassicurante, dall’altra per la stessa ragione, comporta delle gabbie psichiche. Noi gay invece possiamo reinventarci la vita, la coppia, il modo di amare e fare sesso. Ciò che va migliorato (più che ciò che non funziona) è questa sorta di consapevolezza della propria unicità che non deve scimmiottare altri modelli ma avere più fiducia nelle proprie possibilità.

Sei un regista sia cinematografico che teatrale. Qual è la differenza che riscontri in questi due contesti? Come autore ti senti più libero di esprimerti al cinema o al teatro?
Il regista cinematografico ha la possibilità di arrivare a più persone, lavora per immagini e utilizza un linguaggio diverso rispetto a quello teatrale. Il cinema ha una dimensione magica, misteriosa, metapsichica, resta sicuramente la mia più grande passione. Amo il cinema autoriale. Penso che sia la massima espressione per un autore che vuole comunicare. La regia teatrale sto iniziando a scoprirla da poco, a differenza di quello cinematografica e televisiva che conosco meglio. Il teatro si basa soprattutto sulla parola e il corpo, lo trovo più verboso e meno legato di conseguenza all’immagine. Cinema e teatro differiscono essenzialmente per una questione di soldi. Col teatro mi sento più libero di proporre progetti più folli, assurdi e spericolati senza dover ricorrere a grossi budget. Col cinema in Italia si può osare di meno e la questione economica può incidere parecchio sulle scelte artistiche.

Una scena dello spettacolo “Allegro, non troppo” in scena l’11 e 12 dicembre al Nuovo Teatro Sanità di Napoli e dal 17 al 19 dicembre all’Off/Off Theatre di Roma

Usi lo strumento dell’ironia per parlare di hiv, chemsex, coming out, portando lo spettatore a sorridere e allo stesso tempo a riflettere. Hai riscontrato delle differenza tra il modo in cui vi ha accolto il pubblico lgbtq+ e il resto del pubblico? Tutti sono stati al gioco?
Sicuramente lo spettacolo è indirizzato soprattutto alla comunità lgbtq+ perché inquadra il movimento coi suoi punti di forza e debolezza ma allo stesso tempo è aperto a qualsiasi tipo di pubblico perché l’immaginario di questa realtà ormai sta entrando a far parte di una cultura più ampia. Tanti amici eterosessuali hanno apprezzato parecchio lo spettacolo provando molta empatia per Lorenzo. Qualcuno del pubblico, soprattutto delle vecchie generazioni, ha storto un po’ il naso perché mettiamo nel mirino certi personaggi arcobaleno che di arcobaleno non hanno proprio nulla da  Zeffirelli a Zero, da Malgioglio a Platinette, anche se Enrico Lucherini che fa parte anche lui della cosiddetta vecchia guardia ha riso e si è complimentato con noi, non cadendo nella trappola del se tocchi quel personaggio attacchi quella generazione.

Ci sono dei contesti particolari in cui vorresti portare lo spettacolo?
Il mio sogno è portarlo nelle scuole, soprattutto i licei. Sarebbe bello farlo vedere ai ragazzi che si stanno formando e confrontando con la società, mi piacerebbe tanto sensibilizzare gli studenti sull’omofobia e la transfobia attraverso “ Allegro, non troppo”. Poter servire ai ragazzi per crescere e fargli capire ancora meglio la realtà lgbtq+ è il nostro più grande obiettivo.

 

(8 dicembre 2021)

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