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“Foutrement” di Virginie Brunelle è magnifico #Vistipervoi quasi troppo per il pubblico venefico di Roma

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di Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

 

 

Foutrement (t.l fortemente) è il secondo lavoro della coreografa Virginie Brunelle portato in scena per la prima volta nel 2010 e da allora in repertorio della compagnia di danza che porta il suo nome è lo spettacolo che abbiamo visto all’interno de “Il Giardino Ritrovato” a Palazzo Venezia che si inserisce nella più ampia cornice di “ARTCITY Estate 2017 arte musica spettacoli a Roma e nel Lazio”, un progetto organico di iniziative culturali Realizzato dal Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli.

Giovane, quebecchese (e quindi canadese di lingua francese), i lavori di Brunelle ruotano attorno a una ricerca tematica sui rapporti tra uomini e donne, sui ruoli di genere, sulle relazioni interpersonali e i tradimenti, come nel caso di Foutrement.

La danza di Brunelle si caratterizza per una ricerca fisica prima ancora che coreutica nella quale il linguaggio del corpo pone le sue radici nella danza classica, approdando a una prossemica che oltrepassa i classici confini del discorso coreografico esplorando i territori di frontiera del teatro danza senza mai tradire la sua vocazione squisitamente coreutica.

Nel primo quadro un uomo (Simon-Xavier Lefebvre), possente e dal corpo massiccio non tradizionalmente da danzatore, e una donna (Isabelle Arcand) minuta, la metà della massa corporea dell’uomo, si incontrano sulla scena e si muovono sulle note della belliniana Casta Diva, nell’interpretazione di Maria Callas, riferendosi ed eseguendo una danza classica (compresi alcuni passi sulle punte, e diversi sollevamenti che dimostrano tutta la forza atletica e coreutica del danzatore) che sono però interrotti all’improvviso (e con essi anche la musica) e ripresi esattamente dall’inizio.
Una dissacrazione del discorso coreutico che diventa espressione dei rapporti tra uomo e donna.

Nei quadri successivi si aggiunge una seconda danzatrice (Claudine Hébert) dalla corporatura omologa a quella di Arcand e si declinano le diverse reazioni e relazioni tra le due danzatrici e il danzatore.
Una danza che, senza ostentare, confida nelle grandi doti fisiche di chi la esegue, mentre si fa espressione di emozioni e sentimenti, dagli spaesamenti, quando danzatore e danzatrice sbarellano in avanti, spesso cadendo a terra, ai mancamenti (dell’uomo da solo, in risposta a certi movimenti autonomi della donna, oppure insieme, all’unisono od ognuno per conto proprio).
Emozioni e sentimenti scritti con una grammatica interscambiabile (e commuove vedere lui saltare in braccio a lei che sa sostenerlo nonostante la sua minutezza) in uno scambio e confronto emotivo dove da una determinata corporatura, da una determinata sessuazione dei corpi,  non deriva nessuna giustificazione di prevaricazione, contraddicendo anzi l’assunto che la forza fisica sia necessariamente di chi è più grosso.

Presenti in scena con degli slip unisex, a torso nudo (anche la danzatrice) oppure con una canottiera leggera, oppure bardati di una simbolica struttura che ricorda le imbracature di protezione per gli sport di gruppo violenti, o, ancora, usando le cinture per pantaloni come elementi di scena, ora vestendosene il corpo (usate per coprire tutto il torso femminile), o per lanciarle in aria con la stessa determinazione irosa della scimmia di 2001 di Kubrick quando brandisce l’osso che ne fa un’omicida, l’indagine sul tradimento si svolge in un continuo scambio tra discorso coreutico ed emozioni dei personaggi, di questo uomo e queste due donne la cui pervicacia in amore è tanto virile quanto muliebre.

Una coreografia splendida andata in scena sul palco allestito nel giardino interno di Palazzo Venezia (restituito ala sua funzione di cortile dopo anni di uso come parcheggio) forse non esattamente l’ideale per la danza ma che ha permesso di assistere a una delle coreografie più interessanti del momento che siamo felici e grati di aver potuto vedere.

Un po’ meno per la maleducazione (disgustosa, provinciale e venefica) di parte del pubblico romano, che parla, si sposta su posti migliori con la grazia di King Kong o si precipita a lasciare il giardino mentre alle danzatrici e al danzatore sono tributati i meritatissimi entusiasti e copiosi applausi.

Perle ai porci.

 

 

 

(30 giugno 2017)

 




 

 

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