di Stefano Cangiano twitter@stefanocangiano
Di fronte a Tiago Rodrigues e al suo By Heart il sentimento prevalente è la meraviglia. Siamo nello spazio della poesia, alimentato dall’autobiografia dell’autore, che è anche attore e sciamano della parola e che guida gli spettatori alla memoria, servendosi del sonetto 30 di Shakespeare.
Fin qui sembrerebbe un esperimento sociale che coinvolge solo i 10 spettatori chiamati sul palco più che una performance teatrale ma quello che Tiago Rodrigues realizza è un vero atto d’amore nei confronti della parola. La parola che diventa arte e liberazione per chi la scrive, per chi la legge e soprattutto per chi la ricorda.
Parola che “decora”, come si dice nel portoghese dell’autore, che recupera la propria lingua madre di tanto in tanto, prendendosi una pausa dalle citazioni di George Stainer, Ray Bradbury, Boris Pasternak e le tante voci che accompagnano questo itinerario del gruppo di spettatori-attori che rievocano in scena un episodio reale della vita di Tiago Rodrigues.
Lui intanto continua a scandire il sonetto 30 di Shakespeare in un italiano ipnotico, come ipnotico è ogni suo momento di ebbrezza mnemonica legata all’eredità delle parole. Prendere parte a questo rito teatrale collettivo fà venire voglia di sapere, di leggere, di ricordare, e già questo basterebbe a renderlo un lavoro degno di nota. Rodrigues però sceglie di legare il vissuto all’arte e così facendo lascia campo libero alle emozioni e alle sensazioni, rendendo By Heart un’esperienza estetica di contatto ravvicinato con l’essenza più profonda della parola.
Anche l’Accademia degli Artefatti fà visita a Shakespeare con il suo Io, Fiordipisello, confrontandosi con la drammaturgia di Tim Crouch in uno dei 4 lavori che costituiscono il progetto I, Shakespeare.
Il Sogno di una notte di mezza estate viene così approcciato in una chiave strutturalista, legando la storia a un what if del punto di vista del folletto più marginale. Dalla periferia abitata da Fiordipisello vediamo la storia sotto un’altra luce, immersi interamente nel banchetto che precede il matrimonio più rocambolesco della storia del teatro.
Fabrizio Arcuri smette i panni di Direttore Artistico di Short Theatre e torna alla regia, che diventa parte integrante della messa in scena, grazie al dialogo costante con Matteo Angius, che nei panni del folletto libera un’apprezzabile dose di caos, riuscendo a coinvolgere il pubblico nella ricostruzione dei fatti.
Fiordipisello è bloccato, non ricorda, eppure conduce questa esplorazione esponendo il suo punto di vista e condividendo per un po’ la sua allucinazione con il pubblico, che si affeziona alle sue incertezze, alle esitazioni e ai tentativi di chi ha il raro privilegio di riscrivere la storia.
(20 settembre 2016)
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