Contrattempo, dalla periferia al teatro e ritorno

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foto: Flavio Bruno

di Andrea Mauri

La platea accoglie il pubblico con grandi teli bianchi sulle poltrone, dove sono accomodati peluche di tigri, orsi, anatre, polpi. Nella scena a sipario aperto vediamo tavoli e sedie, tante sedie. E sui tavoli, utensili di ogni tipo: bicchieri, bottiglie, pentole. A terra un grande orso di peluche e tanti libri accatastati su un lato e fogli di carta, tanti fogli di carta pieni di appunti da decifrare.

Non abbiamo idea che cosa accadrà in Contrattempo, progetto di teatro danza di Riccardo Vannuccini, che ne ha curato anche la regia. Attendiamo che in scena irrompano gli attori, mentre ascoltiamo un brano di Bob Dylan.

Ecco che diciannove attori cominciano a occupare lo spazio correndo da un lato all’altro del palco. Cinque vestiti di nero, giacca e cravatta oppure tailleur, gli altri in comodi abiti colorati. Corrono sempre, si spostano con incedere deciso, si muovono come automi ed esseri umani al contempo. Lanciano fogli di carta in aria, li raccolgono, li leggono al microfono. Le parole si mescolano alla danza. Parole a tratti incomprensibili, si odono riferimenti ai migranti, al fatto di restare umani nonostante il mondo ci vorrebbe dei freddi esecutori di esistenze che non sono le nostre. Ci sono movimenti ossessivi nella loro ripetizione, pentole pronte a offrire pasti a chi ne ha bisogno, mentre si continua a correre da un tavolo all’altro, a spostare sedie, a fare gruppo o ad alzare un muro contro chi vorrebbe recidere le nostre emozioni. Corpi sudati, senza sosta, senza respiro, alla ricerca di un luogo accogliente dove riposare.

Il progetto di teatro danza nasce nelle piazze e nelle strade di Roma, tra i quartieri di Corviale e Vigne Nuove. Ed è alla strada e ai suoi personaggi che Contrattempo si ispira. L’idea di recuperare i silenzi, le esitazioni, le imperfezioni e i gesti a perdere di una città che troppo spesso dimentica i suoi abitanti.

I peluche in scena sostituiscono le anime perse per le vie, i marciapiedi, i tornanti, i bar, il cemento di luoghi alieni. Divengono Contrattempo. Un “tempo poetico perso contro il tempo funzionale e di servizio”. Un teatro nomade, dove gli attori si consumano attraverso la ripetitività di gesti e di vocalizzi, frasi spezzate di anime isolate, monadi impazzite senza una meta, correre, ancora correre, correre sempre. Per miracolo, gli individui si riuniscono in gruppi, iniziano a danzare all’unisono, fanno squadra, ma c’è sempre una forza centrifuga che li espelle, non riesce a fare da collante. Il palco è considerato come una pista dove si intrecciano gesti quotidiani e semplici oggetti; ogni dettaglio rimanda alla commistione tra danza, strada e palcoscenico.

Contrattempo
progetto e regia Riccardo Vannuccini
testi di Thomas Eliot, Hans Magnus Enzensberger, Ingeborg Bachmann, Antonia Pozzi, Danilo Kis
musiche di Max Richter, Arvo Part, Bob Dylan, Pietro Freddi
con ROCCO CUCOVAZ, EVA GRIECO, GABRIELE GUERRA, SILVIA FASOLI, ALBA BARTOLI, MARIA SANDRELLI, SABRINA BIAGIOLI, CLAUDIA SALVATORE, AGATA ALMA SALA, ALICE FIORENTINI, NEJAR MOJADDAD, LARS ROHM, BING GABTSHU, LUCIA CIRUZZI, GABRIELE FERRARA, CARLO GOLINELLI, ELENA BIGNARDI, MARIA SANTUZZO, LAURA TUTOLO, MARCELLA DI GIACOMO
Scene, luci e costumi Yoko Hakiko
Coreografa collaboratrice Eva Grieco
Assistente alla regia Francesca Fratini
Responsabile di progetto Caterina Gallon

 

Visto per voi al Teatro Vascello di Roma il 4 giugno 2025.

 

 

(5 giugno 2025)

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