di Alessandro Paesano
Parigi è uno spettacolo nel quale Jacopo Veneziani, storico dell’arte e divulgatore, accompagnato dagli interventi su tavoletta grafica di Gabriele Pino, video proiettati su uno schermo posto di quinta, va a braccio per un’ora e mezzo su alcuni scenari artistici della capitale francese agli inizi del secolo scorso.
Andare a braccio non vuol dire che veneziani improvvisi anche perchè fa riferimento a artisti e artiste e ai loro quadri, a vie, luoghi e date della Parigi di inizio 900.
Veneziani allestisce un racconto con gusto, perizia, senza essere pedante, coinvolgendo il pubblico in sala, quando gli pone alcune domande (quante erano le sale cinematografiche a Parigi gli inizi del 900?) facendo accendere le luci in sala, raccogliendo e commentando le risposte, o quando nota qualcosa in platea ma perchè quel signore prede appunti? chiede coinvolgendo il pubblico. Quel signore è il sottoscritto che prendeva appunti per redigere questa recensione.
Veneziani ha l’abilità di saper collegare momenti importanti nella vita degli artisti e delle artiste di cui ci racconta con la storia di un quartiere, una via, un edificio, ricordando topografia e geografia della Parigi dell’epoca, sensibilmente diversa da quella contemporanea.
Così nel primo nucleo narrativo (lo spettacolo ne contiene tre) quello dedicato a 13, rue Ravignard (in francese il numero del civico va prima del nome della via) a Montmartre, Veneziani ci ricorda che, allora, il quartiere era pieno di vigne, c’erano i mulini, come le Moulin de la Galette (famoso in un dipinto di Renoir) e la Butte, come chiamano la collina ancora oggi, era un paradiso fiscale perchè era fuori dazio e quindi le merci costavano meno. Queste informazioni vengono date con una grande capacità affabulatoria, con un gusto per il dettaglio e la narrazione vivide, a pennellate veloci quasi che Veneziani fosse a suo modo uno degli artisti che ha vissuto lì.
Gli aneddoti raccontati servono sempre per scoprire periodi o tecniche come quando spiega l’origine del periodo Blu di Picasso (una serie di quadri dove prevaleva questo colore), un periodo nato come reazione al suicidio del suo carissimo amico Carlos Casagemas che una sera, dopo aver sparato alla ragazza di cui era innamorato, non essendo ricambiato, credendo di averla uccisa, si tolse la vita. In realtà la ragazza era solamente svenuta per lo spavento e più avanti farà da modella per Picasso.
Durante lo spettacolo Veneziani si produce in paragoni azzardati come quando descrive Abroise Vollard – uno dei più importanti mercanti d’arte di quegli anni (tra gli altri vendeva i quadri di Cezanne, Van Gogh, Gauguin) come la Mara Maionchi dell’epoca, una boutade che aiuta il pubblico a ricordare il nome o l’importanza del personaggio. La battuta è sempre in agguato. Così, mentre racconta di Père Frédé, gestore del cabaret Au Lapin Agile, frequentato da molti artisti che pagavano le famose uova al prosciutto con le loro opere che andavano ad assieparsi sulle pareti del Cabaret, uno di questi quadri, che era un Picasso, venne venduto da Père Frédé, sempre a corto di soldi, per pochi franchi. Negli anni 80 del secolo scorso quel quadro (che raffigurava Picasso in abiti d’arlecchino vicino a una donna che altri non era se non la ragazza per cui Casagemas si era suicidato) venne venduto all’asta per 89 milioni di dollari, e Veneziani commenta che conviene sempre tenersi i regali che ci hanno fatto…
Veneziani è uno storico dell’arte e collega questi aneddoti con una lettura attenta dei colori e delle tecniche pittoriche degli artisti di cui parla, spiegando, in maniera magistrale, per esempio, il passaggio dal periodo blu al periodo rosa di Picasso. E proprio grazie a uno dei quadri del periodo rosa Leo e Gertrude Stein (ricchi collezionisti d’arte) conosceranno Picasso segnandone il successo definitivo. Oppure quando spiega esattamente il passaggio di paradigma dall’arte figurativa classica per la quale conta la somiglianza tra quadro e oggetto o soggetto ritratto, al cubismo che restituisce invece una nuova visione del soggetto da ritrarre (unendo nello stesso quadro diversi punti di vista) ampliando il discorso al fauvisme e al futurismo.
E qui Veneziani ricorda lo scherzo fatto da un critico d’arte dell’epoca, Roland Dorgelès, che presentò un quadro firmato da Joachim-Raphaël Boronali, Et le soleil s’endormit sur l’Adriatique che in realtà era stato ottenuto dai movimenti della coda dell’Asino Nono di proprietà di Père Frédé…
Gli altri due Focus sono sul quartiere Montparnasse e su Amedeo Modigliani e la fitta rete di contatti con altri artisti (Brâncuși, Soutine) e artiste (la poeta Beatrice Hestings) e su Kiki di Montparnasse la modella, cantante e pittrice lei stessa.
Per entrambi i focus Veneziani ripete con la stessa maestria un racconto in perfetto equilibrio tra notazione artistica, notazione storica e della storia della cultura e del costume che non riportiamo per motivi di spazio ma anche perchè c’è un libro nel quale si possono ritrovare molte delle cose dette da Veneziani a teatro.
Il libro si intitola La grande Parigi. 1900-1920. Il periodo d’oro dell’arte moderna ed è stato pubblicato l’anno scorso per i tipi di Feltrinelli. Il libro è molto bello, ancora più denso di dettagli, ma lo spettacolo che Veneziani porta a teatro ha dalla sua il sostegno della sua grande arte affabulatoria, della sua conoscenza della materia e della sua simpatia.
La platea gremita è indice di successo e buona accoglienza a dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, che una buona proposta culturale riscuote spesso il successo che merita.
PARIGI di e con Jacopo Veneziani
scenografie live painting Gabriele Pino
mise en espace Pietro Grandi
produzione Corvino Produzioni
Visto per voi al Teatro Vittoria di Roma il 19 febbraio 2025
(2 marzo 2025)
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