di Alessandro Paesano
Qualcosa che per comodità chiameremo amore segna l’incontro sulla scena di Alberto Fumagalli, in quota alla compagnia dei Les Moustaches, una tra le più importanti realtà under 35 del panorama italiano, Premio Hystrio 2023, vien detto di loro nel programma di sala, e il musicista Antonio Muro, in arte Minollo.
Muro interpreta canzoni sue, cioè di Minollo, ed esegue una partitura musicale alla chitarra con la quale sostenere i versi liberi di Alberto Fumagalli dalla notevole presenza scenica, una certa avvenenza e buone doti di fine dicitore.
Lo spettacolo è tutto qua ma questa semplicità è eseguita con così grande passione e precisione da essere più che sufficiente per attirare e mantenere l’attenzione del pubblico, raccolto al teatro Lo spazio su tavolini dove persone che non si conoscono possono condividere lo stesso tavolo e magari anche lo stesso drink (il primo è offerto dalla casa) e socializzare. Già questa scelta logistica dà il senso di una operazione diversa dal solito spettacolo-concerto a teatro. Il Teatro Lo spazio si presta a questo allestimento, lo scorso anno era stato fatto per lo spettacolo di Dodi Conti.
I brani eseguiti da Minollo si distinguono per un cerco gusto composito tra il jazz e la migliore scuola di cantautorato italiano, con dei testi mai banali che indulgono in qualche sperimentalismo lessicale mai fine a se stesso ma col quale restituire emozioni, prese di posizione, sguardo ironico e critico sul mondo
Dal canto suo Alberto Fumagalli ci regala delle poesie che pur rimanendo altamente liriche piena di figure metaforiche mantengono una vocazione narrativa dove si sente l’emozione del cuore umano pronto a essere lanciato oltre l’ostacolo, sia questo un amore non corrisposto, una voglia non contraccambiata, la nostalgia di un attimo o di una vita.
Nella poesia che dà il titolo allo spettacolo troviamo descritte con rapide pennellate di parole personaggi colti nelle loro situazioni, qualcuno che sente il profumo di una donna dalle gambe lunghissime, il bambino che piange perchè gli è stato negato il carro armato giocattolo visto in vetrina, il sorriso che si sente dal piano di sopra (Qualcuno farà l’amore stasera).
Orecchiabile Pioggia acida di Minollo (potete ascoltarla su Spotify) che su strofe al limite del rap presenta un ritornello melodico.
Le poesie di Fumagalli (ma lui all’inizio le chiama flusso di parole) ruotano intorno all’amore, divertito, stordito, dolente, ma sempre arguto, fantasioso di un ragazzo, un uomo, per una ragazza.
In uno dei testi lei si trasforma in rotaia e lui in treno, lei in amo e lui in pesce che abbocca, e poi quando lei pensa che sia giusto evadere le tasse lui si trasforma in Gioco Paoli che canta La gatta, ma lei preferisce i cani… finché nella Francia di fine 800 lei diventa lei e lui diventa un uomo dipinto su tela innamorato per sempre.
In Fame chimica di un suo bacio dopo aver, appunto, affermato la fame chimica per un suo bacio (se non la bacio entro cinque minuti mi faccio un Kebab) si rassegna alla sua assenza e allora inizia a mangiare tutto quello che vede, le macchine e i sassi e i transessuali (sic!) finché si risveglia non ancora sazio aspettando ancora un suo bacio.
In queste associazioni libere del pensiero c’è una freschezza e una originalità ben tenuta, ben sviluppata sempre alla ricerca di un siluppo narrativo. La bellezza di questo flusso di parole (ma poi anche Fumagali le chiama Poesie) è la volontà di raccontare qualcosa, di lasciare una segno, il passaggio di un’idea, di un personaggio, di un punto di vista.
Il personaggio di una poesia chiede a una ragazza di permettergli di salvarla e le promette ti salverò dalla musica leggera, dalla morale, dai panni a stendere, ti salverò da me, dall’amore eterno, non serve se l’attimo è un orgasmo micidiale ma ti prego tu salva me.
Le invenzioni linguistiche si intrecciano con la musica e con le canzoni come quando due versi della poesia diventano citazioni di canzoni (il Tuca Tuca di Raffaella Carrà, La gatta di Paoli) mentre una telefonata finita male diventa il riff di una canzone dove gennaio è l’anno del mese più lungo e anche le canzoni di Minollo acquistano quella leggerezza, quell’effervescenza del verso libero di Fumagalli.
Ogni poesia è la professione dell’amore di un ragazzo per una ragazza, di un uomo per una donna. Anche quando nell’emozionante Poesia del bacio al vento dove il bacio dato da lui al vento si muove tra automobili ed orsi e si perde in un gay pride bellissimo e poi finisce mangiato da un pesce che lo restituisce a un ragazzino magrissimo che lo dà alla ragazzetta di cui è innamorato, la fantasia e l’immaginario rimane caparbiamente etero.
Non che ci sia nulla di male ad essere etero, anzi, ma quel ragazzino magro non poteva regalare il bacio donato dal pesce al ragazzetto di cui era innamorato?
Qualcosa che per comodità chiameremo amore è un esperimento riuscitissimo l’incontro tra la poesia e la musica in un confronto tra pari tra due artisti che si spalleggiano, si fronteggiano e si rivolgono a un pubblico entusiasta che li accoglie con applausi meritatissimi e commossi.
L’esperimento si ripeterà ancor al teatro Lo spazio martedì 4 e mercoledì 5 febbraio e poi di nuovo martedì 4 e mercoledì 5 marzo.
Non avete scuse per non venire a sentirli.
Qualcosa che per comodità chiameremo amore
Regia e parole Alberto Fumagalli
con Alberto Fumagalli e Antonio Muro
Musica Antonio Muro
Visto per voi al teatro Lo Spazio il 22 gennaio 2025
(30 gennaio 2025)
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