di Alessandro Paesano
Les Parents terribles è una pièce teatrale in tre atti che di Jean Cocteau, messa in scena per la prima volta il 14 novembre 1938 al Théâtre des Ambassadeurs di Parigi, dove venne interrotta dopo appena 9 repliche dal Consiglio Comunale di Parigi, proprietario del teatro, perchè metteva in scena l’evocazione di un incesto. Viene ripresa nel 1941 quando è nuovamente interrotta dietro pressione della stampa collaborazionista che vi ravvede uno “lo spettacolo deprimente (…) di una famiglia francese dove (…) la spazzatura morale, la prostituzione più bassa sono rappresentati come l’immagine stessa dei nostri costumi“.
Dopo la Guerra lo spettacolo viene ripreso senza smettere di conoscere successo.
In Italia fu portata insieme cena per la prima volta il 30 gennaio 1945 al Teatro Eliseo di Roma da Luchino Visconti.
La pièce descrive le dinamiche dell’amore all’interno di una famiglia borghese. L’amore di Léo per Georges, suo fidanzato di gioventù, il quale le ha preferito Yvonne, la sorella di Léo, inducendo Léo a vivere con loro, accudendoli come una domestica. L’amore pazzo di Yvonne per Michel, suo figlio ventiduenne, l’amore di Michel per la giovane Madelaine che gli ha promesso di chiudere la relazione che ha con un suo amante, ignorando che questi sia proprio il padre di Michel.
Cocteau imbastisce su questo nucleo narrativo una serie di notazioni sulla borghesia francese della fine della terza Repubblica presentando un famiglia disfunzionale che fa descrivere con poche battute a Léo: La famiglia, un relitto di famiglia, un relitto di borghesia, un relitto di morale inflessibile, un relitto di rettitudine! tutto può anche andare a pezzi sotto questo cieco carro armato, sotto il passaggio di questa forza idiota: alee, sogni, speranze, niente trova grazia.
Ignoriamo chi abbia tradotto, male, il titolo, deformando il Parents dell’originale, che in francese significa “genitori”, con parenti, cambiandone completamente il senso.
Per Cocteau a essere terribili sono i genitori, Georges che coltiva il sogno di un seconda giovinezza con un’amante molto più giovane di lui e Yvonne che, pur di tenere il figlio, ormai adulto, legato a lei gli impedisce di emanciparsi. Se ad essere terribile sono i parenti viene annoverata anche Léo, la zia di Michel, che invece aiuta i due ragazzi a riavvicinarsi dopo che George, scoperto che la fidanzata del figlio è la sua Madelaine, le impone di lasciare Michel minacciandola altrimenti di rivelare a Michel che l’amante della ragazza è lui.
Filippo Dini porta in scena il testo sfrondandolo di alcuni dettagli narrativi, le origini sociali di Yvonne e di Georges, anche il sacrificio di Leo, che è rimasta, suo malgrado, accanto al suo amato fidanzato, è un po’ messo tra parentesi, tutti i sotterfugi di Yvonne per impedire a Michel di Emanciparsi, e gioca la carta della comicità, imbastendo una regia tutta portata all’iperbole, facendo dei personaggi di Cocteau che provano veramente i sentimenti imbarazzanti che mostrano delle figure che sono le prime a non credere fino in fondo ai propri sentimenti, mossi da un’affettazione che è espressione di un vezzo caratteriale e mai espressione di un moto spontaneo e incontrovertibilmente vero.
Il labbro tremulo insistito di Léo quando Yvonne muore, la reazione di Madelaine quando scopre che Georges è il padre di Michel, sono recitati con un guizzo da commedia nemmeno tanto sofisticata facendo perdere credibilità ai personaggi e alla storia.
In alcuni momenti questa interpretazione esagerata fa gioco al testo ma che a lungo andare rischia però di essere travisato in una farsa. Nella messinscena di Dini il pubblico in sala ride troppo arrivando completamente impreparato al finale, che arriva come una doccia fredda: Il silenzio in sala dopo il suicidio di Yvonne è totale e devastante.
Non entriamo nel merito delle scelte registiche di Dini, anche se ci chiediamo il perchè di alcuni dettagli posticci che in Cocteau non ci sono: l’incubo che apre la pièce quando Madelaine sogna, tra le altre cose, che il figlio la soffochi con un cuscino (per altro molto ben allestito), le canzoni italiane che cantano Yvonne e Léo, la frase finale di Léo lasciamo che siano le donne a seppellire che in Cocteau non c’è. Non questioniamo nemmeno la scelta di Cosimo Grilli che è un Michel troppo giovanilistico, a differenza di quello interpretato da Jean Marais nella prima messinscena (e nel film omonimo che Cocteau diresse, che ci ha permesso di fare questo paragone) fisicamente più uomo e meno ragazzo.
Quello che dispiace è il registro interpretativo che Dini (che interpreta Georges) sceglie per tutti i personaggi che conosce solamente a recitazione piana e l’urlo. Tutti i personaggi urlano, quando sono preoccupati, quando sono arrabbiati, quando sono disperati mentre la tavolozza espressiva di Cocteau (già in didascalia) é molto più variegata. Dini spinge la comicità in maniera così spavalda che perde molte delle nuance psicologiche del testo originale.
Mariangela Granelli è di una bravura immensa, seguita da un Cosimo Grilli straziante anche quando urla, forse meno convinta (ma non meno convincente) Milvia Marigliano nel ruolo di Léo, mentre Dini si contiene fin troppo per lasciare spazio agli altri personaggi. Meno efficace Giulia Briata che è quella che paga di più l’impostazione urlata della regia di Dini.
Bellissime le scene e i costumi, magnifiche anche le luci, per una messinscena che comunque sa farsi vedere.
Lo spettacolo è in scena al Quirino di Roma fino al 19 gennaio.
I PARENTI TERRIBILI
di Jean Cocteau
con
Milvia Marigliano,
Mariangela Granelli,
Filippo Dini,
Giulia Briata,
Cosimo Grilli
regia Filippo Dini
Visto per voi il 14 gennaio 2025 al teatro Quirino di Roma
(15 gennaio 2025)
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