di Alessandro Paesano
Si è inaugurata il 10 gennaio al Teatro Palladium, In Levare, una rassegna ideata e prodotta dal Centro Nazionale di Produzione della Danza Orbita Spellbound, con la direzione artistica di Valentina Marini, che proporrà final 20 di maggio, in diversi spazi della Capitale (Teatro Palladium, Spazio Rossellini e Teatro Biblioteca Quarticciolo), un cartellone di spettacoli di danza contemporanea italiana e internazionale, alternando nomi affermati a giovani talenti.
Ad aprire la stagione è Venere Vs. Adone di Enzo Cosimi che si propone di rileggere il celebre poema di Shakespeare Venus and Adonis attraverso l’immaginario Andy Warhol e dalla pittura di Marlene Dumas. Nel programma di sala si legge che nello spettacolo emerge prepotente (…) l’universo queer, che in Cosimi è stato al centro del lavoro sin dall’origine [anche] (…) come critica alla normatività.
Quando, a un certo punto della coreografia-spettacolo, allo statuario, muscoloso e ipervirile Leonardo Rosadini nei panni di Adone vengono fatti indossare dei collant a rete abbiamo pensato subito a Maryl Streep che nel film Il diavolo veste Prada (USA, 2006) di David Frankel, a chi le proponeva un tema floreale per il numero di primavera della rivista di moda che dirige risponde: Floreale? Per la primavera? Avanguardia pura.
Le calze a rete fatte indossare a un uomo come critica alla normatività ci sembra una proposta altrettanto trita.
Venere vs Adone ci sembra un lavoro irrisolto e a tratti pretestuoso, sin dall’incipit che vede Adone (Leonardo Rosadini) dormire sulla scena e Venere (Alice Raffaelli) approdare alla scena dalla platea in preda a un crisi di lamentazione/pianto (interminabile fin quasi all’imbarazzo) sempre più concitata.
Venere cerca invano di accende il desiderio di Adone, un compito inane visto che l’uomo più che Adone sembra Narciso (nella vulgata freudiana) tutto concentrato ad ottenere l’attenzione pubblica proponendosi in una ipersessualizzazione del suo corpo, dove il desiderio è inibito da un corpo ridotto alla perfezione di una macchina autodesiderante mentre Venere è un satellite che cerca invano di entrare in orbita.
Il desiderio di Venere per Adone è sussunto nella funzione scopica (non pensate male, significa relativo all’osservazione o all’esame di un fenomeno) oleograficamente esaltata da un impianto scenografico che coniuga il barocco con la pop art, l’orpello seicentesco con l’iperrealismo del secondo novecento dove il bello è sempre distorto in una maschera di esagerazione, che testimonia la caducità dell’organico dove anche la morte che, a sentire Epicuro e Lucrezio dovrebbero essere la non esistenza e dunque essere invisibili, acquista invece un suo profilo iconico, appena deformato (una mano artiglio, una testa animale) ma sempre glamour.
Se questo universo iconico deve criticare l’impianto ideologico che vi soggiace fallisce il suo scopo costituendone piuttosto una gloria apologetica, un trionfo dell’apparire dove le idiosincrasie e i ruoli (anche di genere) non vengono messi in discussione.
Non basta infatti la mera inversione di segno di quelle calze a rete indossate da Adone, o i due stura lavandini piantati sulle natiche di Rosadini da Raffaelli mentre Adone si (pro)pone in una danza iniziatica e Venere lo riprende in videocamera, il dettaglio dei quali videoproiettati su uno schermo li fa sembrare due mammelle dai lunghi capezzoli, per evidenziare i costrutti ideologici e di valore che sottendono la normatività.
Il rapporto tra i due personaggi rimane tutto dentro l’etero normatività dove la donna è sempre in funzione ancillare rispetto l’uomo: Alice Raffaelli veste Adone, lo assiste nei molteplici cambi di costume, lo sposta, lo gira, lo brama, lo concupisce, senza che il suo desiderio costituisca mai il gesto di un soggetto desiderante ma rimanga sempre dentro l’alveo della cura femminile.
L’oggettificazione del maschio (una volta tanto lui al posto della donna) non ne intacca minimamente l’autorevolezza patriarcale che da questa glorificazione estetica ne esce suo malgrado aumentata.
Venere Vs. Adone è uno spettacolo privo di partitura musicale (tranne i Led Zeppelin a fine spettacolo, quando venere si sporca di sangue prima di indossare l’abito da sposa) sostituita da una partitura sonora fatta di rumori, di amplificazioni e scricchioli e frasi sussurrate (e dunque poco percepibili) che si rifaranno anche a shakespeare ma che non si impongono certo per il loro contenuto testuale.
Tra tecnologie visive e sonore e costumi deformanti o iperrealisti ci pare che la ricerca di un vivente non addomesticabile annunciato nel programma di sala sia sostituito da un inorganico che pretende di sostituirsi se non al vivente sicuramente all’umano. Ma il tecnologico è cultura non natura per cui il vivente sembra tutt’altro che non addomesticabile quanto sostituibile da un prodotto artificiale che è emanazione dell’essere umano.
Magnifici i costumi, dai coloratissimi orpelli indossati da Adone di dorso e di petto o, ancora, il costume argentato con tanto di copricapo à la Julie Andrews in Victor Victoria (Usa, 1982) di Blake Edwards, mentre Venere indossa un più sobrio abito da sposa (con un artiglio ferale e portato in braccio una testa di delfino).
Venere Vs Adone ha una sua dirompente performatività innegabile e molto seducente che rimane alla superficie di un’estetica il cui portato critico fatica ad esprimersi.
Un universo iconico molto personale ma distante dove le tante citazioni si disperdono in un pastiche estetizzante che decontestualizza e svuota di ogni significato le fonti originarie che non sia quello di un qui ed ora algido e autoreferenziale.
Il pubblico trattiene il respiro per tutta la rappresentazione per poi esplodere in un applauso sentito, ripetuto, copioso e insistito, accompagnato da grida di entusiasmo e approvazione.
E chi siamo noi per contraddire il pubblico?
VENERE VS. ADONE
Regia, coreografia, scena, video Enzo Cosimi
Drammaturgia Maria Paola Zedda, Enzo Cosimi
Interpreti Alice Raffaelli, Leonardo Rosadini
Disegno luci Giulia Belardi, Enzo Cosimi
Costumi Alessandro Lai
Realizzazione costumi Giuseppina Angotzi/Sartoria Il Costume
Sculture Daniela Dal Cin
Sound designer Enzo Cosimi
Operatore video Roberto Gentile
Visto per voi al teatro Palladium il 10 gennaio 2025
(14 gennaio 2025)
©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata