“Il Cavaliere Inesistente”, da non perdere fino al 1° dicembre al Teatro India #vistipervoi

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di Andrea Mauri

Uno spettacolo da non perdere “Il cavaliere inesistente” al Teatro India di Roma. Una gioia per la vista e l’udito attraverso l’interpretazione di quattro attrici poliedriche (Francesca Astrei, Maria Chiara Bisceglia, Evelina Rosselli, Giulia Sucapane) che prestano le voci e i canti a uno dei romanzi più conosciuti di Italo Calvino.

La storia è quella che più o meno sappiamo tutti. Una storia che trae ispirazione dalla chanson de geste, ma che ne ribalta i canoni. Il cavaliere inesistente è Agilulfo, protetto da un’armatura bianca, immacolata, per nulla scalfita dalle mille battaglie. Inesistente perché al suo interno non c’è nessun corpo. Agilulfo non esiste come persona in carne e ossa, ma come essenza tenuta in vita dalla sola forza di volontà. Partendo da questo espediente narrativo, Italo Calvino raccontava l’avventura dell’eroe tra l’imperatore Carlo Magno e la guerra contro i Saraceni, tra il suo assistente Gurdulù e il prode Rambaldo e gli amori cavallereschi delle due donne, Bradamente e Sofronia.

Le quattro attrici incarnano tutti i personaggi de “Il cavaliere inesistente”, si muovono nella scena tra spighe di grano, cespugli di canne, cubi di legno a rappresentare ora il trono regale, ora il piedistallo dove gli eroi della storia salgono a concionare, ora il rifugio per il meritato riposo dalle battaglie. Nelle intenzioni di Calvino, i personaggi del suo romanzo non sono eroi, ma personaggi marginali, fuori dai canoni, quindi contemporanei. E sulla scena tale marginalità viene ben rappresentata attraverso un’interpretazione a tratti giullaresca, a tratti eccessiva, ma non per un capriccio della regia, bensì per sottolineare la definitiva rottura degli schemi.

La trasposizione teatrale del romanzo si fonda su tre cardini: una voce narrante di donna, un cavaliere che non c’è, un gioco fanciullesco di guerra e di amore. Tre elementi principali sapientemente mescolati per catturare l’attenzione del pubblico.

La narrazione dei fatti, quando non sono agiti teatralmente, è affidata a turno a una delle attrici, che rilancia particolari della storia alle altre del gruppo innescando un racconto in sequenza con voci diverse, ma è anche un coro delle quattro donne che all’unisono rendono edotti gli spettatori sui fatti, rimandando l’immaginazione al coro del teatro greco antico. Questa però è la parte che soffre di più di un rallentamento del ritmo e che a lungo andare disturba il fluire della storia.

Al centro della scena ci sono Agilulfo e la sua ingombrante armatura bianca. Il cavaliere inesistente parla con una voce amplificata che riempie gli spazi della platea. Intimorisce dall’alto della sua maestosità, anche se si muove un po’ impacciato. Inteneriscono l’ostinazione di gettarsi in nuove avventure e un certo sguardo triste che sembra intravedersi sull’elmo, anche se sotto non c’è un viso che soffre davvero per i suoi insuccessi.

Il resto della storia sono gli eventi raccontati dall’arguta Suor Teodora, che in quanto monaca si dice ignara delle cose di guerra e riferisce le vicende del cavaliere Agilulfo attingendo a fonti indirette e misteriose. Le attrici in veste di monache contadine si muovono insieme sulla scena, si incontrano, si scontrano, soffrono per gli eccessi di guerra e per le schermaglie di amore, di nuovo alternano narrazione e azione, immagine e canto.

Noi tutti siamo tristi quando vediamo l’armatura di Agilulfo senza vita, il cavaliere che non esiste più perché ha perso la perfezione e la forza della volontà che lo muoveva. Sarà Rambaldo a indossarla, anche se l’armatura perderà la forma incorrotta e ben presto si rovinerà come ogni altra armatura lanciata in battaglia. L’eredità del cavaliere inesistente è comunque un omaggio al futuro, a nuove sfide, le stesse che affronterà Suor Teodora, la narratrice, una volta svelata la sua vera identità. Anche lei indosserà un’armatura e si avvierà lungo un cammino sconosciuto. Il crescendo del finale è sottolineato dalle attrici che raccontano in coro l’ultima parte della storia in un’armonia perfetta che spinge anche il pubblico a unirsi a quel coro: il futuro è un affare che ci riguarda tutti.

 

Il Cavaliere inesistente
di Italo Calvino

adattamento Matilde D’Accardi
regia Tommaso Capodanno
con Francesca Astrei, Maria Chiara Bisceglia, Evelina Rosselli, Giulia Sucapane

 

 

 

(29 novembre 2024)

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