di Andrea Mauri
Non è un testo facile da mettere in scena, quello dello scrittore peruviano Mario Vargas Llosa, premio Nobel della Letteratura nel 2010.
“Appuntamento a Londra” (versione italiana dell’opera “Al pie del Támesis”, pubblicata nel 2008), allestito alla Sala Umberto di Roma, è stata una bella sfida.
Non è un testo semplice, perché sin dai primi minuti il pubblico comincia a farsi delle domande su quello che sta accadendo sul palcoscenico, se i fatti ai quali sta assistendo siano realtà o finzione e fino a che punto realtà, finzione, ossessione si mescolino nelle vicende dei due protagonisti. Basato su personaggi ispirati alla vita reale, la trama ruota intorno a un incontro in una stanza di hotel a Londra.
Luca (Luigi Tabita) sembra immerso in un sogno. Sul letto a baldacchino, coperto da un telo trasparente, è in stato di trance, si sposta verso lo specchio, si tira la bocca con le mani a fare smorfie orribili, rimane impigliato in quel telo del baldacchino che lo imprigiona come una ragnatela in un mondo che ancora non conosciamo, ma che immaginiamo già molto complesso. Le musiche originali, composte da Nogravity4monks, restituiscono un’atmosfera da film horror.
Luca si desta da questa sorta di estasi, quando sente bussare alla porta. È una donna misteriosa, Maddy (Lucia Lavia). Si presenta come la sorella del migliore amico di Luca, Nino, ragazzo anch’egli misterioso, scomparso dalla vita di Luca venticinque anni orsono.
Chi è veramente Maddy? Da un tono quasi divertito dell’incontro, i dialoghi si fanno via via più tragici. I due protagonisti si raccontano verità nascoste, retroscena mai svelati, identità ambigue. Rievocano l’episodio che ha segnato la separazione di Luca e Nino, allora adolescenti, il tentativo di un bacio che Nino voleva dare a Luca sotto la doccia della palestra e che ha generato la reazione di Luca di colpirlo in faccia con un pugno potente.
La storia fa riflettere sui pregiudizi della società, l’omofobia, la mascolinità tossica, la sessualità dei maschi mai esplorata fino in fondo. Sono questi i temi cari a Vargas Llosa, che ha dedicato la sua opera alla ricerca della verità e delle mille sfaccettature dell’identità.
Il dialogo tra Luca e Maddy è il pretesto per affrontare i traumi del passato, sforzandosi di portare alla luce gli inganni della memoria e sciogliere i silenzi eterni per svelare la verità su quell’episodio giovanile che ha segnato per sempre l’esistenza di entrambi.
Ed ecco emergere un altro elemento del passato inconfessabile: Maddy non è altro che Nino dopo aver assecondato la sua natura ed essersi consegnato nelle mani di un “chirurgo macellaio di Casablanca” – così lo definisce Maddy – che l’ha trattata come uno dei tanti corpi sbagliati da sistemare, come fosse l’ingranaggio di un motore da sostituire.
Gli attori sulla scena alzano la tensione della narrazione, grazie allo scambio sempre più serrato di battute. La realtà diventa una scatola cinese, che contiene molteplici verità e nessuno sa veramente quale sia la verità definitiva o forse più semplicemente l’ossessione che attraversa la relazione di Luca e Maddy. Al pubblico vengono svelate le realtà parallele dei protagonisti, i tre matrimoni falliti di Luca, quello di Maddy, la loro relazione reale o immaginata, l’omosessualità di lui, l’amore e la violenza.
Il letto a baldacchino della stanza di hotel si trasforma in un sarcofago, costringe Maddy a muoversi in uno spazio con poca aria, la poca che resta per raccontare le ultime verità. E sopra di lei Luca, ancora avviluppato nelle ossessioni a fare i conti con la sua identità e con quella di Maddy, così mutevoli e inafferrabili.
La pièce scorre secondo il naturale flusso delle esistenze, anche se un paio di scelte registiche ne rallentano il ritmo. Nella disperazione di Luca di non riconoscere più sé stesso, davanti allo specchio intona la canzone di Luigi Tenco “Vedrai, vedrai” nella speranza di ricucire il filo di un’identità ormai persa. Una bella voce, quella di Luca – Luigi Tabita, ma che spezza la tensione dei dialoghi all’apice di uno dei tanti colpi di scena della narrazione. E nel mezzo di un conflitto feroce tra i due, Maddy – Lucia Lavia si rivolge alla platea attraverso le parole della poesia di Walt Withman “Io canto il corpo elettrico” contenuta nella raccolta “Foglie d’erba”. Il risultato però è quello di un pezzo troppo staccato dalla storia e pur nella buona interpretazione dell’attrice, appare di intrepida collocazione nel contesto generale dell’opera.
Il segreto di Luca e Maddy forse si scoprirà solo alla fine della storia, o forse no. Tutto è più complesso di ciò che viene rappresentato. Al termine, quando si spegneranno le luci del teatro, il pubblico continuerà a porsi domande su come è andata a finire. Di sicuro ne parlerà a lungo, persino dimenticandosi di andare a cena.
APPUNTAMENTO A LONDRA
di Mario Vargas Llosa
Regia Carlo Sciaccaluga
con Lucia Lavia e Luigi Tabita
Scene e costumi Anna Varaldo
Musiche originali Nogravity4monks
Luci Gaetano La Mela
Aiuto regia Lucia Rocco
Produzione Teatro Stabile di Catania
(7 novembre 2024)
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