Eccoci a parlare di nuovo di uno dei festival più interessanti del panorama romano Attraversamenti Multipli ideato e curato dal gruppo artistico Margine Operativo, con la direzione artistica di Alessandra Ferraro e Pako Graziani. Anche quest’anno il Festival si svolge nel Parco di Torre del Fiscale al quartiere Quadraro, tra natura e resti romani, tra torri, acquedotto e altre mura.
Una location ideale per attuare quella ricerca tra natura urbana e arti performative che è da sempre l’idea portante del Festival.
La terza serata di Festival, quella del 20 giugno, si è aperta con Cosmorama di Nicola Galli, il quale ha proposto una coreografia site specific di restituzione della residenza artistica curata da Margine Operativo.
La ricerca coreutica di Cosmorama si incentra sullo spazio, nel quale il corpo danzante si muove ed esplora i dintorni. Uno spazio che non è quello predisposto del teatro,o di uno spazio situato altrove ma adibito alla performance.
La coreografia si svolge in uno dei campi del parco tra resti archeologici e arbusti. Il pubblico viene accompagnato al luogo dove si svolge la coreografia e già in questo avvicinamento scorge in lontananza i due danzatori, Nicola Galli e Giulio Petrucci, che sono già in scena, in movimento, in esplorazione.
Il primo sguardo è quello del cinematografico campo lunghissimo, con i due perfomer distanti ancora diverse decine di metri, dei quali si distinguono solamente la fisicità del corpo, il colore dei costumi, il beige tenue di un pantalone ampio e lungo con delle casacche smanicate aperte sulla schiena, ma non i volti.
Con un colpo d’occhio il pubblico coglie la presenza umana inserita in un paesaggio naturale nel quale i resti di antichi manufatti costituiscono un elemento imprescindibile dell’orizzonte.
In questo spazio ibrido, all’interno di un parco che si stende a vista d’occhio, costeggiato dalla ferrovia, con, al di là, il profilo delle case del quartiere da un lato e i resti dell’acquedotto romano dall’altro, i due danzatori si muovono, stendono le gambe all’indietro, protendendo le braccia tese, come a voler misurare lo spazio, a saggiare la resistenza dell’aria, la possibilità di muoversi dentro quello spazio.
Nessuna luce di scena, solamente quella naturale delle sette di sera, nessun impiantito sul quale danzare, i performer si muovono sul campo superando dislivelli calzando degli stivaletti con tacco, muovendosi tra arbusti e difformità del terreno.
Nessuna struttura di scena, nessuno strumento tecnologico per la performance che distragga con la sua presenza alterando il panorama. L’unica eccezione le casse, nascoste tra gli archi dell’acquedotto, che restituiscono un ritmo musicale che parte dalle percussioni e poi si svilupperà nel suono di timpani e altri strumenti sino all’apoteosi finale di una voce umana organizzata in un coro primigenio.
Il pubblico è guidato nell’avvicinamento ai due danzatori e segue con grande naturalezza le indicazioni su quando muoversi verso i perfomer e quando fermarsi e su quanto avvicinarsi ai danzatori che si muovono senza reagire, apparentemente, alla sua presenza.
Mentre la coreografia continua i due danzatori cominciano a maneggiare dei tubi dorati che diventano una propaggine del loro corpo, tenuti in mano e tesi nello stesso gesto di esplorazione che prima era compiuto dalle sole braccia e dalle gambe. I tubi dorati aumentano di numero, vengono uniti in un elemento lineare sempre più lungo che, retto agli estremi da entrambi i performer, diventa un elemento di contatto tra i due.
Quando il tubo acquista una lunghezza di diversi metri e viene maneggiato dai due performer con una elegante delicatezza, con un tocco attento delle dita, quasi il tubo fosse in levitazione, poggiando sui polpastrelli delle dita oppure sugli avambracci, con una grazia che restituisce l’importanza rituale dal tubo, evidente simbolo totemico.
Intanto il pubblico si è avvicinato e i due performer interagiscono con lui, gli porge il tubo che ormai è lunghissimo e, in silenzio, con l’imposizione delle mani, invitano il pubblico a danzare con loro. Guidati dai due danzatori spontaneamente alcune persone si staccano dal pubblico e cominciano a reggere il tubo con la stessa accorta delicatezza rituale, mentre il grosso del pubblico resta a guardare.
Adesso la coreografia è a più persone e chi si è unito e unita ai performer si muovono con lo stesso ritmo, con la stessa grazia, con la stessa grammatica dei movimenti che hanno avuto modo di vedere e capire fino a quel momento tanto da poterli riprodurre.
L’emozione è forte, si ha la coscienza di partecipare a un evento nel quale le classiche divisioni tra chi fa e chi guarda è superata dalla consapevolezza di contribuire allo stesso momento rituale, allo stesso processo creativo.
Alla fine il tubo viene conficcato a terra innalzandosi in tutta la sua lunghissima altezza. L’applauso è un momento collettivo di riconoscimento del ruolo di tutti e tutte.
Moltissime le suggestioni:
il rapporto natura-essere umano, nel doppio senso di interscambio tra l’organico umano e quello della natura da un lato e tra organico e l’inorganico degli artefatti umani dall’altro;
il rapporto tra le le rovine romane e i tubi dorati che si fanno simbolo astratto di una valenza antropologica, ricordando la capacità umana di manipolare la natura attraverso gli utensili, cui fa da contraltare il portato simbolico-performativo della coreografia che evoca il rito, si fa simbolo di un immaginario collettivo dove la partecipazione del pubblico non è più ricettiva ma contribuisce direttamente alla performance mutando punto di vista e distanza dai due danzatori e poi unendosi direttamente a loro.
Una performance partecipata che suggerisce un’etica di rispetto dell’altro e altra da sé, sia questa una persona o la natura stessa dentro la quale, nostro malgrado, abitiamo.
La partitura musicale contribuisce al riverbero emotivo di una coreografia esperenziale, la cui musicalità è contaminata dai rumori urbani, quelli del treno che passa sui binari e quello della gente che vive il parco e passa, parla, producendosi in garrule risa o in commenti baritonali, che non disturbano ma contribuiscono alla partitura, in una confluenza tra performance e spazio urbano, in un qui e ora vissuto e celebrato da un evento unico, elegante, intelligente e riuscitissimo.
Un indizio di serata magnifico, per un festival che fa sempre la differenza.
NICOLA GALLI / Cosmorama
concept e coreografia: Nicola Galli
danza: Nicola Galli, Giulio Petrucci
drammaturgia: Giulia Melandri
cura e promozione: Margherita Dotta
produzione: LAC Lugano Arte e Cultura, TIR Danza
Progetto performativo sostenuto attraverso la Residenza artistica curata da Margine Operativo, supportata dalla Rete Ecoritmi // Fondazione Roma Tre Teatro Palladium, Eticae, Margine Operativo // con il contributo del Ministero della Cultura – Next Generation EU
Visto per Voi al Parco di Tor del Fiscale il 20 giugno 2024.
(23 giugno 2024)
©gaiaitalia.com 2024 – diritti riservati, riproduzione vietata