La riunificazione delle due Coree #Vistipervoi da Alessandro Paesano

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di Alessandro Paesano #Vistipervoi twitter@gaiaitaliacom #Teatro

 

E’ andato in scena al teatro Hamlet di Roma La riunificazione delle due Coree testo del 2013 del commediografo e regista francese Joël Pommerat. Il testo è composto da 18 quadri narrativamente indipendenti nei quali 51 personaggi, 27 donne e 24 uomini, vengono colti nel momento topico della loro relazione amorosa, etero e (più raramente) omoerotica, coniugale e spesso extraconiugale, filiale e, anche, fantastica.

Che si tratti di un amore impossibile perché lui è già morto da tempo ma ama ancora lei e vorrebbe portarla con sé, di un matrimonio appena risoltosi in divorzio dove lei, che pure ha voluto il divorzio, spera di risposarsi col marito pieno di amore come una volta (ignara che il marito si è impiccato nel posto dove la donna fa le pulizie), che si tratti ancora di una relazione amorosa tra due donne nella quale una delle due cerca disperatamente di riprendersi l’amore che ha dato all’altra direttamente dal petto dell’amata Pommerat, ipostatizza in questi quadri l’impossibilità dell’amore, la sua incapacità di funzionare a causa di un immaginario collettivo inadeguato col quale ce lo raccontiamo e viviamo.
Un amore che noi crediamo, vogliamo, pretendiamo perfetto e dunque rendiamo distante dalla reale concretezza delle nostre vite, un amore che è solo uno sconvolgimento chimico che ci inganna con false promesse di felicità , come spiega uno medico a una giovane paziente di un consultorio mentre sta cercando di convincerla ad abortire per l’ennesima volta (Incinta).

Pommerat si concentra sulla famiglia borghese, su quel che resta dei suoi doveri e convenzioni. Come nel quadro Bambini nel quale un marito e moglie, non riuscendo ad avere prole, ingaggiano una baby-sitter “per far finta che”, immedesimandosi talmente nella parte che, al rientro, quando non trovano nessuno in casa non esitano ad accusare la baby-sitter di averli fatti sparire.

Un amore filiale che spesso è disatteso dai genitori e lasciato in surrogazione agli educatori come nel quadro angosciante (amore) in cui un maestro dichiara il suo amore asessuato per un alunno trascurato dai genitori (che accusano l’uomo di pedofilia…).

Esemplare è anche il quadro Morte (espunto dalla messinscena all’Hamlet) che vede una  donna sposarsi solamente dopo che il vecchio padre cui ha accudito per tanti anni è morto che invece di andare in svizzera col futuro marito preferirebbe restare col medico che ha seguito suo padre per tutti quegli anni e del quale è innamorata o forse solo riconoscente.

Le due Coree del titolo a ben vedere non sono soltanto le due facce di un amore visto con gli occhi dell’immaginario piuttosto che con quelli cinici della scienza, quando lo scarto inevitabile tra convenzione sociale e sentimenti reali. Sentimenti reali ben diversi da quelli imposti dai ruoli sociali, divisi a seconda del genere. Non a caso in un altro quadro (L’amore non basta)  una ragazza lascia il suo amato perché l’amore per lui non la realizza completamente.
Oppure l’amore per i figli ci impedisce di rispettare le loro scelte come nel quadro Guerra nel quale una madre vuole impedire al figlio di partecipare a una missione di guerra umanitaria (sic) per tema che il figlio muoia secondo una dicotomia tra maschile e femminile ancora piena di significato…

Il teatro di Pommerat è uno specchio nel quale riconoscerci, un teatro laboratorio che propone al pubblico che va a vederlo una riflessione che sa di autoanalisi, di autocritica, ad avere la voglia e gli strumenti per continuare la messa in discussione di un immaginario sempre più confuso con la vita reale che lo spettacolo comincia.

Sonia Barbadoro in questa riduzione (alcuni quadri sono stati espunti) all’Hamlet di Roma ci propone una messinscena personale che si prende qualche licenza dal testo a cominciare dalla scenografia che vede una grande tavola imbandita attorno alla quale siedono gli e le interpreti, una scena aperta che accoglie il pubblico già quando prende posto in sala, mentre uno specchio enorme che occupa la quinta di fondo rimanda al pubblico l’insieme della platea in un effetto di rispecchiamento evidente ed elegante: come non pensare a Il bar delle Folies-Bergère  di Manet?

La scenografia sontuosa e d’effetto permette soluzioni di una grande eleganza nella messinscena dei singoli quadri come quando tre diversi personaggi di altrettanti quadri concludono l’azione sedendosi allo stesso tavolo e rimanendo a vista, laddove per Pommerat si susseguivano senza collegamento alcuno. Talvolta, però, costituisce un ingombro non del tutto gestibile.

Le licenze che la regista si è presa non finiscono con la scenografia, alcune convincono altre meno.

Convince molto l’aver trasformato la prostituta del quadro Valore in un travestito, dando ancora più consistenza all’affronto della morale borghese, ipocritamente sostenuta e segretamente infranta, e dando anche maggior spessore esistenziale al personaggio, interpretato da Tonino Sechi che restituisce l’umanità di questo uomo travestito da donna che si prostituisce senza approntare eccessi o facili cliché, al contrario con misurata eleganza.

La direzione degli e delle interpreti non è però sempre così sotto controllo.
Non ci spieghiamo altrimenti come Lorena Confalonieri Monguzzi possa passare dallo stato di grazia con cui interpreta una moglie malata di Alzheimer nello splendido quadro Memoria al pressappochismo con cui interpreta la direttrice della scuola nel quadro del maestro accusato di pedofilia (Amore).

Non convincono alcune virate nel comico che appesantiscono inutilmente il sottotesto del quadro originale, specialmente in Pulizie che nell’originale vede il marito impiccato pendere sopra la testa della moglie, ignara della presenza del cadavere, che Barbadoro affronta con un registro comico posticcio, basato sul dialetto che distrae dalla tragedia che Pommerat voleva mostrare al suo pubblico.

Lo stesso vale per La parte di me, il quadro delle due donne in relazione amorosa dove la lotta delle due donne perché la prima vuole riprendere l’amore dato all’altra cercandolo nel petto dell’amata, là dove c’è il suo cuore, viene tirata per le lunghe e trasformata in una lotta che ricorda quelle nel fango mentre due uomini giocano inopinatamente con delle macchine giocattolo radiocomandate (ci sfugge il parallelo…).

Del tutto sconcertante è invece la chiusura, sensibilmente diversa da quella di Pommerat.

Lui conclude lo spettacolo col quadro della prostituta (spezzato in tre parti, due contigue e una intervallata da ben altri due quadri) mentre Barbadoro sceglie di chiudere con un  quadro delicato (per i problemi di esecuzione) nel quale una donna scopre che l’uomo che sta per sposare, amico di famiglia da sempre, ha avuto una relazione, in tempi diversi, con le sue due sorelle, trasformando un dramma discreto e borghese in una pochade che si stempera nella farsa, cambiando la cifra generale dello spettacolo.

Se Pommerat vuole regalare qualche dubbio al pubblico che assiste al suo lavoro, il finale di Barbadoro nel mostrare l’iperbole familistica di un uomo che ha avuto tutte le sorelle di una famiglia (e anche uno dei fratelli, invenzione, legittima, della nostra) sembra strizzare l’occhio al pubblico come a intendere dai noi non siamo proprio così.

La riunificazione delle due Coree allestita da Barbadoro alterna dunque momenti memorabili ed emozionanti, e sono molti, a qualche scivolata di gusto e qualche semplificazione, senza togliere però al pubblico il piacere della visione in una messinscena le cui ambizioni sono solide e ben congegnate anche quando la loro realizzazione non è perfettamente riuscita.

 

 

La riunificazione delle due Coree di Joël Pommerat
regia di Sonia Barbadoro
assistente alla regia Katia Di Carlo
con Gianluca Boccuni, Fiorentino Cioppa, Lorena Confalonieri Monguzzi, Monica Elisei, Stefania Libri, Valentina Pieri (Vale La Red), Matteo Santilli, Tonino Sechi De Murtas

#Vistopervoi al teatro Hamlet di Roma sabato 20 ottobre 2018

 




 

(28 ottobre 2018)

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