Mario e Maria: grande performance ma poco spirito critico

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di Alessandro Paesano

Mentre il pubblico prende posto in platea, sulla sinistra, di proscenio, un uomo seduto a un piccolo tavolo con abat-jour legge un libro. Due personaggi, Mario e Maria, appaiono in scena, si stanno vestendo e hanno una propensione alla vita opposta, rinunciataria e negativa lui, ottimista e accogliente lei.
Presto a queste due presenze si aggiunge una seconda donna e l’uomo al tavolino descrive, in lingua francese, una situazione ipotetica. C’è un uomo che si sta avvicinando loro, si guardano, l’uomo si avvicina, esprime loro amore, contatto umano, sentimenti e poi, all’improvviso, scompare.
Le due donne e l’uomo cadono in ginocchio e si disperano.
La reazione però scade subito nell’esagerazione buffa e l’effetto sfuma dal drammatico al comico. Nel rapporto di comando tra uomo al tavolino vero e proprio demiurgo e performer si denota subito il rapporto di asservimento, ma, anche, il fatto che le due donne e l’uomo sono le appendici tramite le quali l’uomo demiurgo può sperimentare i sentimenti della (nella) vita proponendo di volta in volta situazioni, problematiche relazionali, cornici interpretative borghesi continuando a dare ordini anche quando si unisce agli altri tre personaggi, mantenendo questo elemento di comando fino alla fine dello spettacolo.
Le situazioni, gli ordini e le risposte dei personaggi performer sono restituite ora in francese (tradotto da delle scritte videoproiettate) ora in italiano così la sonorità della lingua francese diventa elemento di seduzione dello spettacolo.
Le situazioni e le prove che l’uomo demiurgo sottopone alle due donne e all’uomo si mostrano come elementi di sfida, di messa alla prova, sfidando una fisicità e una capacità di recitare, rappare, parlare in verlan, coinvolgendo anche il pubblico (che risponde magnificamente e con notevole bravura).

In questo meccanismo sta tutta la cifra di uno spettacolo molto ben eseguito al quale manca un vero focus e che non riesce a smarcarsi dalle sue stesse premesse critiche.

Nel programma di sala (e anche nella presentazione sul sito dei Poetic Punkers, il collettivo artistico internazionale di base a Bruxelles che firma il lavoro, fondato da Natalia Vallebona e Faustino Blanchut) possiamo leggere che l’opera racconta la storia di un uomo che incarna, con serietà e derisione, l’archetipo della società patriarcale attraverso i canoni del machismo italiano. Appartiene a una generazione già obsoleta e cerca di rimettersi in piedi con ogni shock che scuote le regole in lui scolpite.

In questa esplorazione del machismo non vengono mai analizzate le strutture del profondo che lo sottendono, non vengono mai esplorati i rapporti di potere, i ruoli di genere, le affermazioni di genere, o le aspettative che la società ha delle persone in quanto uomo o in quanto donna. I rapporti omoerotici sono relegati al lesbismo familistico  borghese (in una delle simulazioni i due uomini basiscono perchè le rispettive compagne hanno una relazione tra di loro) giusto all’inizio l’uomo piange per la stessa persona di sesso maschile per cui piangono le due donne.
Le relazioni sentimentali improvvisate nello spettacolo  appartengono esclusivamente al mainstream eterosessuale confermando i rapporti tra i sessi ben al di là delle intenzioni del testo.
Quel che emerge dallo spettacolo è l’aspetto ludico performativo che scaturisce dalle situazioni relazionali imposte dall’uomo-demiurgo, che è più alla ricerca di un effetto buffo tramite il quale coinvolgere il pubblico che di porre situazioni  durante le quali analizzare i rapporti di potere uomo donna o tra esseri umani tout-court.
Il potere non sembra risiedere  nelle regole del consorzio civile ma in quelle di questo uomo-demiurgo, cioè nell’individualità delle persone e non nella loro predisposizione a vivere in un collettivo, il consorzio sociale. Le situazioni proposte sono prive di un vero mordente, di una vera cattiveria, sono situazioni molto moderata, che non pongono interrogativi, non fanno vedere punti di vista altri che possono illuminare le situazioni relazionali presenti nello spettacolo di una luce diversa, che mettano in risalto sottotesti e strutture profonde.  Per cui alla fine, distratti dalla bravura di esecuzione dei e delle performer,  lo spettacolo  si assesta più su di un esercizio di stile che finisce involontariamente per confermare lo status quo senza riuscire a proporre domande critiche sul patriarcato, anche senza volere necessariamente cercare delle risposte.

Lo spettacolo – che si impone per l’expertise fisico tra la danza e la performance, nel quale le due donne e i due uomini mostrano un controllo e una padronanza invidiabile del proprio corpo – ha sicuramente un notevole effetto di coinvolgimento col pubblico  (lo dimostra anche la chiamata a danzare sul palco dopo la fine e dopo gli applausi) ma non riesce minimamente a scalfire il machismo patriarcale come programmaticamente dichiarato nelle note di sala, un patriarcato  che non viene affatto problematizzato ma viene proposto come elemento scontato e inevitabile, dal quale scaturiscono situazioni buffe denotandone una bonarietà di fondo che finisce col confermarlo e, anche, giustificarlo.

Mario e Maria – Il turista del sentimento è un esperimento teatrale elegante, magnificamente eseguito, ma del tutto incapace di criticare il patriarcato che ne esce paradossalmente confermato e presentato come innocuo.

Mario e Maria. Il turista del sentimento
scrittura testo Natalia Vallebona e Faustino Blanchut
coreografia, regia, scenografia e costumi Natalia Vallebona
drammaturgia Faustino Blanchut
interpretato da Faustino Blanchut, Julia Färber Data, Marianna Moccia, Florian Vuille
drammaturgia sonora Patrick Belmont
disegno luci Cristophe Depré
produzione Poetic Punkers ASBL

 

Visto per voi al Teatro Basilica di Roma il 17 aprile 2025.

 

 

 

(28 aprile 2025)

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