Il bacio della donna ragno: una regia da rodare

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di Alessandro Paesano

Il bacio della donna ragno (El beso de la mujer araña) è un romanzo scritto da Manuel Puig nel 1976 pubblicato in Spagna e osteggiato in Argentina, suo  paese di origine. Il romanzo racconta di due compagni di cella: Valentin, prigioniero  politico e Molina, incarcerato perchè omosessuale.
Per passare il tempo Molina racconta a Valentin le trame dei suoi film preferiti lasciando la memoria libera di vagare tra incertezze e critiche di Valentin che fa sempre una lettura marxista dei personaggi dei film e dei loro simboli.
In realtà Molina trama col direttore del carcere per guadagnarsi la fiducia di Valentin e raccogliere informazioni utili alla polizia per sgominare la rete politica di dissidenza al regime Argentino, in cambio di uno sconto di pena.

Su questa trama Puig intesse una storia di amicizia al maschile tra un militante dissidente che arriva a confessare il suo amore per una donna cui ha rinunciato per ragioni politiche e un ragazzo effeminato  che viene esortato a non vergognarsi del suo modo di essere e a considerarsi al pari degli altri uomini e non subalterno come prevede lo stereotipo di genere femminile  facendo  nascere una confidenza tra i due uomini che sfocerà anche in un rapporto sessuale.
Il romanzo conta una serie corposa di note che seguono due filoni. Il primo, scientifico, ricostruisce la storia delle teorie psicologiche sull’omosessualità. La seconda analizza la storia del cinema approfondendo i temi trattati dai filmnoir francesi e statunitensi degli anni 50 che Molina racconta a Valentin.

Il romanzo ha avuto un successo internazionale anche se in Francia è stato censurato mentre in Argentina è uscito solamente dopo la caduta del regime civile-militare nel 1983. In italia è stato pubblicato da Einaudi, che, nell’edizione tascabile, ha pensato bene di eliminare le note di storia del cinema.

Nel 1983 Puig ha tratto dal romanzo un testo teatrale che dopo la prima nel Regno Unito  nel 1986 ha avuto abbastanza fortuna venendo ripreso in diversi paesi. Il film di Hector Babenco del 1985 si rifà più alla riduzione teatrale che al romanzo
Non è un caso dunque se nell’allestimento andato in scena al teatro Lo spazio ritroviamo  elementi più del film più che del romanzo.

La scena, molto semplice, restituisce naturalisticamente l’interno della scena, con  le brandine dei due carcerati poste “ad elle”, una parallela al fondale di quinta l’altra sul lato sinistro del palco. Nel praticabile che affianca il lato destro de palco (caratteristica del teatro) compare una presenza femminile  (Ludovica Di Pasquale)  che si materializza ogni volta che Molina racconta a Valentin la trama di un nuovo film, interpretando una canzone legata più o meno al film in questione. Lo spettacolo si apre con la struggente interpretazione di Each Man Kills the Thing He Loves composta da Peer Raben su testo di Oscar Wilde per il film Querelle di Fassbinder che poco c’entra con gli argomenti della pièce e anche con i film che Molina cita, connotando lo spettacolo in ambito omoerotico, di nuovo, poco in linea con i temi trattati dalla pièce.  Il rapporto sessuale tra Valentine Molina infatti non denota una storia sentimentale ma una solidarietà maschile, un sodalizio politico od etico non (omo)erotico.
D’altronde manca allo spettacolo un approccio registico che connoti i temi trattati dalla pièce (alla rinuncia sentimentale di Valentin a nome del rigore politico; l’emulazione di Molina di un femminino maschilista e al servizio del maschio) in una visione registica a partire dalla direzione degli attori che vengono mandati allo sbaraglio e devono barcamenarsi senza indicazione alcuna.
Se Simone Faucci sa cavarsela egregiamente, grazie alla sua  esperienza e bravura, regalandoci un Valentin credibile e psicologicamente centrato, qualche difficoltà la ha invece Guido Del Vento che annaspa nel personaggio di Molina, alternando momenti centrati a momenti in cui dice le battute  con una intenzione posticcia e fuori fuoco.
Per tacere delle voci registrate che dovrebbero restituire i dialoghi tra Molina il direttore del  e altri funzionari del carcere che recitano talmente male da raggiungere quasi un effetto parodico.
Anche Ludovica Di Pasquale è in difficoltà, non tanto nelle sue performance di canto, sempre eleganti e godibili, quanto proprio nel dare un senso alla sua presenza come personaggio, impiegata com’è quasi come ornamento, che si riscatta solamente nel finale quando appare come la donna amata da Valentin nel suo delirio di fin di vita quando viene torturato.

Manca allo spettacolo un controllo dell’andamento, del ritmo, del declinarsi delle varie scene che non si differenzia lasciando ogni momento, ogni battuta detta con la stessa intenzione, lo stesso andamento, la stessa verve.

Molto efficace e condivisibile l’aver sfrondato il testo originale, che è molto più lungo, dando allo spettacolo la durata giusta per dare il tempo al pubblico di entrare in una messinscena che si lascia ammirare ma nella quale è difficile entrare.
Lo spettacolo è comunque godibilissimo  e coinvolge il pubblico, che applaude calorosamente, grazie allo sforzo di chi ci lavora con attenzione e tanta generosità. Certo qualche indicazione di regia in più non può che giovare a una messicana un po’ improvvisata.

 

IL BACIO DELLA DONNA RAGNO
di Manuel Puig
regia Alessandro Di Marco
con Guido Del Vento, Simone Faucci, Ludovica Di Pasquale

 

Visto per voi al teatro Lo spazio di Roma il 10 aprile 2025.

 

 

 

(20 aprile 2025)

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