di Andrea Mauri
Tende nere sullo sfondo, due attori in scena anch’essi vestiti di nero. Nel buio che piano piano si fa luce, discutono di un’era primordiale, di cellule mononucleari poi raddoppiatesi e poi moltiplicatesi in quel gran casino che è l’essere umano. L’uomo e la donna riavvolgono i ricordi del passato, ma di un passato primitivo. Cercano la ragione per cui si sono incontrati e in che modo la loro relazione sia iniziata. Era forse a quella festa in terrazza, dove pensi di conoscere qualcuno e invece ti ritrovi in mezzo a una folla di sconosciuti?
Potrebbe essere il primo indizio dello spettacolo Totale – al Teatro Basilica a Roma – tanto che da una delle tende nere escono un mobile frigo e due calici, tutti di cartone bianco, e la musica da discoteca si diffonde in sala. La coppia (lui, Andrea Cosentino, misterioso; lei, Gioia Salvatori, eclettica) cerca di fare conoscenza senza mai trovare la formula giusta per aggirare i luoghi comuni, sempre in agguato in circostanze simili. Inizia allora un interessante gioco di flashback con il passato primitivo e i due che riavvolgono il nastro per arrivare alla formula giusta per rimorchiarsi, correggendo dagli albori dell’uomo quello che non aveva funzionato alla famosa festa in terrazza. È un continuo andare e venire dal passato al presente, dal silenzio in sala alla musica della festa e solo a un certo punto ci accorgiamo che anche gli abiti dei protagonisti sono diventati bianchi, segnale che finalmente hanno trovato il modo di intrecciare una qualsiasi forma di relazione. Tutto diventa bianco, le idee sono più chiare e la coppia sa veramente chi è. Dalla seconda tenda escono gli arredi, anch’essi di cartone bianco, della casa dove andranno a convivere: la relazione prende la direzione di una coppia stabile.
La narrazione della vita insieme procede in modo lineare. Però a questo punto sparisce quel gioco accattivante tra preistoria e presente e, mentre assistevo allo spettacolo, riflettevo che mi sarebbe piaciuto vedere che cosa i due protagonisti in versione primordiale pensassero della loro convivenza futura. Come all’inizio, forse ci sarebbe stato lo spazio per il sarcasmo e l’ironia che una vita a due inevitabilmente produce. Invece, sollevate le tende nere, la coppia si racconta in maniera tradizionale, senza sussulti, o meglio con gli inciampi di qualsiasi coppia convivente, ma con poca originalità. Troppo liscio, troppo prevedibile, senza approfondire qual era l’elemento di differenza tra i due con le tante altre coppie nella loro condizione.
Oltre alla parte iniziale, molto accattivante come dicevo, l’altra trovata commovente e che ha risollevato il ritmo dell’opera, è stato il lungo scontrino che una cassa immaginaria sputava dalle viscere, contenente le spese sostenute dalla coppia negli anni insieme. La lettura tra risate e pianti delle voci di spesa e del prezzo, collegate al ricordo di un tempo insieme, ha reso poetica la fine di un amore, anche nella dolce rivendicazione di bollette pagate da uno dei due, che ancora attendono il rimborso dell’altro.
Totale
drammaturgia e regia Pier Lorenzo Pisano
con Gioia Salvatori e Andrea Cosentino
scene RositaVallefuoco
Visto per voi al Teatro Basilica, a Roma, il 7 marzo 205.
(10 marzo 2025)
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