di Alessandro Paesano
A cuore aperto è un racconto a due voci costruito attraverso i monologhi di Giuseppe e Maria che raccontano i loro trascorsi di coppia dai tempi dei primi incontri a scuola passando per la nascita di una figlia, e, nello sfondo, la guerra e l’allontanamento della figlia che si è trasferta in Sudamerica.
I due monologhi sono intercalati da una serie di interruzioni e rumori, quelli dei monitor di un’ospedale dove Maria, capiamo, sta morendo e Giuseppe è al suo capezzale attendendo quell’ultimo respiro ormai imminente.
Nello spazio di questi due minuti scorrono i ricordi delle loro vite, prima raccontati dal punto di vista di Giuseppe poi da quello di Maria che, poco prima di morire, riapre gli occhi per guardare il marito con uno sguardo che non ha mai avuto prima.
Nel racconto il tempo presente, con i due coniugi anziani, che vediamo evocati nell’incipit della pièce, si alterna con il racconto delle vite dei due personaggi portati in scena nella loro età adulta.
Queste due versioni giovani di Giuseppe e Maria raccontano le proprie vite nello spazio infinito di quei due minuti in un tempo fluido dove il presente è sempre quello di questi due ultimi lunghissimi minuti.
Due voci registrate (di Arnoldo Fra e Maria Rosaria Omaggio) restituiscono il colore della voce e la presenza dei due coniugi anziani, in un altro confronto tra voci narranti che si intersecano e interferiscono in un flusso di pensieri e di ricordi che costituisce il vero cuore di un testo davvero ben congegnato.
Patrizio Cigliano ha scritto a cuore aperto 20 anni fa e da allora lo ha portato in scena per ben 19 edizioni, fin a queste repliche al teatro Belli di Roma nell’ambito della rassegna Expo rassegna di drammaturgia italiana contemporanea.
Il testo ha dei momenti molto toccanti e indimenticabili, riproposti nel duplice punto di vista lui/lei dove vengono restituite emozioni e reazioni diverse e complementari, anche se ogni tanto abbraccia alcuni cliché come quello freudiano delle figlie che amano i papà più delle mamme o dell’amore materno che è più grande di quello paterno perchè le mamme portano in grembo la prole, cliché nei quali la bellezza e l’autenticità dei due personaggi costruiti con veloci pennellate ma con tratti genuini e personali, rientra improvvisamente nel vortice degli stereotipi di genere.
È come se Cigliano non si fidi fino in fondo dell’autorevolezza dei suoi personaggi e abbia sentito l’esigenza di dare loro argomentazioni più radicate e diffusamente riconosciute, che, inevitabilmente, diventano, anche, stereotipate.
Queste notazioni stereotipate nulla tolgano all’emozione dell’amore di una vita raccontato con una sincerità commovente e ineccepibile.
Cigliano sviluppa i due monologhi su corde completamene diverse.
Il monologo di Giuseppe è tutto tratteggiato da una concitazione che emana dal suo tentativo di rallentare quei due minuti che lo separano dalla morte di Maria, che vorrebbe estendere all’infinito nel ricordo della sua storia con lei.
Il monologo di Maria è invece più sereno perchè è lei ad essere serena, a starsene andando in maniera serena (sto bene ora sto meglio).
Anche i colori diversi delle luci di scena connotano i due monologhi interpretati con grande bravura da Cigliano stesso (tenerissimo quando racconta della prima erezione involontaria) e da Maria Cristina Gionta credibilissima sia nella serafici con cui descrive i primi approcci sessuali con Giuseppe, dal suo punto di vista, sia quando restituisce tutto il dolore per l’allontanamento della figlia.
Nell’orchestrazione di questa monologo a più voci (perchè nel racconto di entrambi campeggia sempre anche la presenza dell’altro personaggio) forse c’è un leggero sbilanciamento a favore del personaggio maschile, cui sono dedicati più controscena quando è Maria a parlare (la reazione di Giuseppe al lessico scurrile di lei, la faccia infastidita e divertita quando lei ricorda le défaillance sessuali di lui) mentre quando è Giuseppe a raccontare, Maria è meno presente, come tenuta tra parentesi. Certamente per esigenze di testo visto che all’inizio il ricordo è quello di lui mentre lei non è stata ancora evocata ma essendo tutto il racconto costruito su continue sovrapposizioni temporali una maggiore presenza delle controscene del personaggio di Maria sarebbe stata comunque plausibile.
La regia è curatissima in ogni dettaglio. Così nell’elegante doppia evocazione di una vita vissuta insieme, ecco che le loro lettere vengono trasformate in fotografie in una sorta di camera oscura (rappresentato da un catino illuminato di rosso) mentre le valige affastellate una sopra l’altra rappresentano quegli anni 30 che evocano la loro gioventù dei picnic simboleggiando anche il viaggio finale di Maria.
Questi elementi scenici sono forse troppo concreti e invece di evocare una simbologia evanescente che allude ad altro rimangono sempre una presenza molto riconoscibile arrivando a sfiorare momenti in cui mancano forse di una vera necessità drammaturgica (come il contino spostamento di valigie una sull’altra, messe tolte e poi rimesse, un po’ troppo insistita).
A cuore aperto è uno spettacolo emozionante che sa restituire l’amore tra due persone in maniera credibile, concreta, toccante, commuovendo il pubblico.
Un testo al quale il suo autore tiene moltissimo e dalla cura con cui lo recita e lo mette in scena lo si capisce, e anche questo contribuisce al senso di commozione che lo spettacolo lascia al pubblico una volta uscito dal teatro.
Il dolore per la morte della donna amata per tutta la vita portato in scena trasla così nei ricordi della perdita di un affetto da parte del pubblico e il cerchio si chiude: lo spettacolo raccoglie e accomuna tutte le persone che hanno amore per il teatro, quelle che lo vogliono fare quanto quelle che vogliono vederlo.
Uno spettacolo che è impossibile dimenticare. Proprio come un grande amore.
A cuore aperto
L’amore non muore mai!
di Patrizio Cigliano
con Maria Cristina Gionta, Patrizio Cigliano
regia Patrizio Cigliano
regista collaboratrice Claudia Genolini
musiche originali Fabio Bianchini
produzione Associazione Culturale Arcadinoè
Visto per voi al teatro Belli di Roma il 5 febbraio 2025
(8 febbraio 2025)
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