di Alessandro Paesano
Rutas de alto riesgo (t.l. Percorsi ad alto rischio) è un atto unico del drammaturgo catalano Ignasi García Barba (Ignasi si pronuncia come in inglese, ighnasi) scritto nel 2006, riconosciuto di interesse culturale dal Governo della Repubblica e dal Ministero della Cultura e della Gioventù spagnoli.
L’atto unico è un monologo che vede Berta, la guida di un’agenzia di viaggi, la Rutas bélicas rabiosas (t.l. Percorsi bellici furiosi), che accompagna un gruppo di turisti (il pubblico), in un tour in un Paese in guerra, per visitare da vicino lo scempio che il conflitto provoca nella popolazione e godersi lo spettacolo.
Il monologo è costruito con intelligenza: quando Berta si rivolge al suo gruppo, rivolgendosi in realtà al pubblico, lo fa chiamando le persone per nome, così mentre illustra il programma del giorno apostrofa questo o quella Turista raccomandandosi, per esempio, di non ripetere l’errore di fare fotografie nel campo di prigionia (che poi pensano che siete reporter…) o di non lanciare soldi nel campo minato per far saltare in aria i profughi di guerra.
E’ consuetudine che, in un monologo, il personaggio si rivolga direttamente al pubblico, che costituisce una presenza extra-testuale, una istanza che ascolta.
Il fatto che Berta si rivolga alle persone del suo gruppo chiamandole per nome, evoca la presenza di altri personaggi anche se in realtà si rivolge alla platea. Con questo accorgimento il pubblico entra indirettamente nella diegesi, presenza concreta del gruppo turistico, pur rimanendo come osservatore della pièce teatrale, in un rispecchiamento diretto con i personaggi evocati da Berta.
Il testo si districa tra l’effetto comico della situazione che restituisce, nella devastante chiave di guerra, i tormentoni dei tour turistici tradizionali, e il classico provincialismo del gruppo (che dalla loro ha evidentemente solo il danaro non certo la sensibilità umana).
Berta all’inizio sembra sapere il fatto suo ma poi man mano tradisce una vulnerabilità: l’incertezza sulla pronuncia del nome della città meta del loro viaggio; la telefonata del figlio che la crede in Francia sono segni di un surmenage di sfruttamento sociale e lavorativo confermato dalle minacce del proprietario della Rutas bélicas rabiosas che prommette di ritirarle il passaporto se non si improvvisa cecchina visto che quello che doveva intrattenere il gruppo è latitante…
Il pubblico in sala assiste allo sfacelo disumanizzante della guerra e a quello altrettanto disumano del gruppo turistico teatralizzato dal testo, in una sovrapposizione degna di Guy Debord, tra la visione dello spettacolo teatrale da parte della platea e la visione dello spettacolo (sic) della guerra da parte del gruppo turistico mostrando l’ambivalenza di entrambe le spettacolarizzazioni. Il testo è stato tradotto in italiano da Valentina Martino Ghiglia, di cui è anche interprete, diretta da Ferdinando Ceriani, con la partitura sonora di Diana Tejera.
Nella messinscena italiana qualcosa si perde. Non tanto nel titolo scelto (quel Vacanze di guerra che rende poca giustizia al titolo originale) e nemmeno per aver tradotto il nome dell’agenzia con un po’ trito War Zone Travel.
Valentina Martino Ghiglia nella sua traduzione elimina i nomi quando Berta apostrofa il suo gruppo e questa spersonalizzazione da un lato rende anonimo il gruppo (e dunque il pubblico in teatro che pensa l’attrice si stia rivolgendo a lui in maniera generica e indistinta) e dall’altro fa sembrare Berta più sprovveduta di quanto non sia nel testo originale (dove invece conosce a memora i nomi di tutti e tutte).
Nella messinscena italiana lo spettacolo, nel sostenere il lato comico del monologo, sembra puntare il dito più sulla sprovvedutezza di Berta che sulla (ir)responsabilità etica di chi sta lì per vedere (sia il gruppo turistico della finzione che il pubblico in sala) togliendo un poco di smalto alla critica politica e sociale della pièce originale a favore di una più comoda comicità cinica. L’effetto denuncia ne vien un po’ mitigato. Il pubblico in sala è sollevato dalle critiche e dalla responsabilità etica.
Lo stesso risultato ha la partitura sonora di Tejera che sviluppa un tappeto sonoro efficacissimo, all’inizio impercettibile, che poi monta e fa salire una certa angoscia nel pubblico in sala, stilizzando però le tante mitragliate presenti nel testo originale in sonorizzazioni astratte (le mitragliate in Vacanze di guerra, arrivano solamente verso la fine).
La presenza sonora delle armi sin dall’inizio nel testo originale ribadisce quell’immanente pericolo di morte (l’effetto concreto della guerra) che nella messinscena italiana un po’ si perde.
Valentina Martino Ghiglia è una forza della natura e la sua interpretazione dà molta credibilità a un personaggio tutt’altro che facile da portare in scena.
Molto belle le invenzioni della versione italiana, dal programma settimanale del tour distribuito al pubblico da Berta (nel quale campeggia lo slogan Vieni con noi in prima linea nel mondo) al coinvolgimento diretto del pubblico nell’aprire una mappa di grandi dimensioni per illustrare il percorso in programma.
Ignasi García Barba parla della versione italiana dello spettacolo (che è già andata in scena l’anno scorso al Vascello) nel suo blog esprimendo tutta la sua curiosità Non vedo l’ora di vederlo per capire con quale prospettiva regista e attrice si avvicinano all’interpretazione del testo, quale è stata la loro lettura personale.
Vacanze di guerra è uno spettacolo da vedere e rivedere, per riflettere sulla civiltà delle immagini spinta ogni oltre limite da una società che si sta anestetizzando, ignorando ogni questione di responsabilità etica, tra selfie e tour bellici, in un mondo dove tutto è merce.
VACANZE DI GUERRA
Di Ignasi García Barba
Traduzione Valentina Martino Ghiglia
Con Valentina Martino Ghiglia
Drammaturgia sonora Diana Tejera
Elementi scenici e costume Carlo Sala
Assistente alla regia Isotta Tomassini
Regia Ferdinando Ceriani
Visto per voi all’Altrove teatro studio il 26 gennaio 2025
(31 gennaio 2025)
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