di Alessandro Paesano
Una donna entra in scena, agitata, di fretta, trascinandosi una voluminosa valigia rossa e una busta. Sale il palcoscenico, si rivolge al “maestro” chiede scusa per il ritardo, già chiede se può partire la sua audizione. E’ un’attrice disperatamente desiderosa di convincere il regista a sceglierla per la parte. Esagitata, irritante, invadente, l’attrice sfodera le sue armi professionali: costumi, recitazione, interpretazione, postura. Il maestro non dà segni di vita, la provinante improvvisamente si accorge del pubblico in sala. Capisce di avere sbagliato teatro, di essere finita in uno spettacolo, forse lo spettacolo della sua vita, forse ha sbagliato anche quello, forse ha sbagliato mestiere… Poi il maestro palesa la sua presenza con la sua voce, l’attrice inizia a proporre un repertorio infinito di eroine shakespeariane, che dovrebbero convincere il maestro a prenderla, a sceglierla, a darle la parte. Sto tutte scene di amore ed eros, disatteso, vilipesa, mancato, tradito, sciupato, disperato.
Ma l’uomo non si convince. Chiede di più. Più passione. Più verità. Più pelle.
Più carne. Le sue richieste si concentrano sempre di più sulla fisicità, sulla nudità. L’attrice resiste, si sottrae, si contropropone ,sempre in termini artistici. Il maestro commenta che il mestiere dell’attrice è come quello della prostituta (usando parole ben più esplicite e tranchant). Più l’attrice provinata mette a prova il suo estro di interprete, saltando da personaggio a personaggio, da costume a costume, più il regista si fa esigente, distratto, predatore fin quando la resistenza dell‘attrice ne segna il destino: con una telefonata il regista le fa il vuoto intorno, parla male di lei, ne sconsiglia la scrittura.
Caroline Pagani con Mobbing Dick compone un omaggio al teatro, alla sua pratica più ricorrente, quella del provino per la parte, che, nelle mani di registi senza scrupoli, diventa strumento di potere, non solo quello dell’ingaggio agognato ma anche quello fisico e patriarcale del maschio che usa il provino come strumento di stupro, il verbo non sembri esagerato.
Quello di Caroline Pagani è uno spettacolo intelligente ed elegante che si muove su tantissimi livelli tutti perfettamente integrati e comunicanti, a cominciare dal titolo dove Mobbing Dick ha almeno una doppia valenza (Dick può riferirsi tanto al membro maschile quanto, in senso dispregiativo, al regista stesso).
Lo spettacolo usa un registro brillante tramite il quale mostra l’oltre dei due personaggi protagonisti. L’attrice all’inizio sembra petulante e maniaca dell’ingaggio si dimostra devota al mestiere e diventa suo malgrado bersaglio di indesiderate e non richieste attenzioni sessuali. Il grande regista che sembra un burbero, anziano trombone del teatro si rivela un pericoloso molestatore sessuale.
Il teatro ci mostra sempre l’oltre dei suoi personaggi, la lorovera natura, 9tramite un semplice cambio di punto di vista sembra suggerire Pagani tra le righe del suo testo.
Un testo che è uno squisito regesto dei personaggi scespiriani femminili che Pagani veste (è il caso di dirlo visto i continui cambi di abito e di travestimento) con grande maestria rivisitando usi e costumi della loro interpretazione teatrale sia nel tipo di recitazione che nell’iconografia che i personaggi hanno stratificato nel corso del tempo.
La chiave ironica con cui Pagani ne rivisita topoi visivi (indimenticabile la Cleopatra con tanto di aspide di gomma, e la nudità del seno usando dei ciucci per simulare i capezzoli) è sempre occasione per riattivare la memoria del pubblico e prendere bonariamente in giro quell’attorume nerovestito (la tradizione dell’Amleto in calzamaglia e teschio) di cui  Carmelo Bene accusava pieni i teatri.

Pagani non è grande  solamente perchè sa  districarsi tra toni, intonazioni e linguaggio del corpo, ma lo è anche  nel cambio di costumi agendo un fregolismo che sottolinea il continuo rimando tra l’interprete, l’attrice in scena e i personaggi femminili che incarna  in un continuo interscambio  tra i tre livelli che costituiscono un vero e proprio tour de force per Pagani.
Mentre  prende in giro omaggia, mentre  omaggia fa storia e corrobora la memoria. E dietro questo percorso si dipana il grido di allarme per  una pratica ancora diffusissima della quale già Paola Pitagora raccontava quando, a un suo provino negli anni 60, le venne chiesto di indossare un bikini, dovendosi spogliare davanti al regista, anche se il personaggio scene in bikini non ne aveva. Sembra che da allora cambiamenti non ce ne siano stati…
La verve comica colpisce anche questo aspetto maschilista e patriarcale (con una ironia irresistibile… quando, parlando al telefono con una amica, l’attrice si dispera che il regista le abbia chiesto la Bernarda, non è del personaggio di Garcia Lorca che sta parlando…) decostrunedolo mentre lo ridicolizza.
L’ironia trasforma il personaggio “vittima” di molestie in persona che ne è bersaglio che  sa resistere e resiliere grazie alla sua forza di attrice, mostrando sotto una luce inedita quell’aspetto irrinunciabile di rito collettivo che il teatro ha almeno dal teatro greco antico.
Mobbing Dick è un altro riuscitissimo tassello nella produzione artistica di Caroline Pagani, un’autrice, regista e attrice di rara intelligenza artistica, da vedere e rivedere, sempre con immutato piacere e con disperata necessità.
M  O  B  B  I  N  G   D I C K
di e con Caroline Pagani
Voice off Davide Livermore
Drammaturgia, traduzioni, regia, interpretazione Caroline Pagani
Visto per voi al Teatro Lo Spazio di Roma il 10 ottobre 2024
(17 ottobre 2024)
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