“Get your shit together”. Uno spettacolo di rara, rarissima intelligenza #Vistipervoi

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di E.T. #Vistipervoi twitter@gaiaitaliacom #GetYourShitTogether

 

“Get your shit together. Esercizi di Approssimazione per Umani” è il lavoro che il Teatro delle Passioni di Modena presenta fino al 16 febbraio e quindi ancora, all’interno de Le Vie dei Festival, dal 25 al 27 febbraio. Bellissimo. Di rara intelligenza e di perfetta interazione tra uomini e macchine.

Due gli attori in scena, anche autori, drammaturghi e videomaker: Luca Carboni (che non è quello che pensate voi) e Gabriel Da Costa. Proprio con Gabriel prende il via lo spettacolo ed il lungo viaggio, di circa 1h30, che ci porta dal privato degli attori al privato dei protagonisti, a quello degli intervistati, all’immobilità che per i primi cinque minuti ci ammorberà come un concetto astratto – che tutto è fuorché astratto, ed è au contraire palpabilissima nelle vite dei due uomini in scena.
Ci viene raccontata ad episodi un vita che è una vita sola, quella di coloro che hanno scelto di non vivere – nonostante avessero scelta – quella che avrebbero scelto se solo si fossero lasciati la libertà di scegliere. I due attori-drammaturghi-videomaker si insinuano con le loro esistenze nelle esistenze altrui e le fanno proprie, le scarnificano e le ricreano con le proprie esperienze personali che non diventano solo materia teatrale, ma lanci di verità di una potenza devastante che arriva alle pance, ai testicoli, ai denti.
Arriva dove vuole. Perché è la forza della vita che decide: adesso mi racconto. E voi zitti.

A teatralizzare il teatralizzabile, a farci la morale, un robot (sviluppato in collaborazione con Laboratorio Aperto di Modena) che ci dice chi siamo dicendoci – ma lo accettiamo volentieri, perché è un robot, perché è finzione, perché è teatro e oh oh oh oh oh this is very amusing – esattamente chi non siamo e perché non siamo diventati quello che avremmo voluto. Anche se per sapere cosa esattamente dice il robot dovrete vedervi lo spettacolo, perché io qui non lo scriverò.

Poi torna la verità, raccontata grazie alla potenza del desiderio irrealizzato che genera dolore che genera angoscia che genera immobilità che genera panico che genera attacchi di panico – chi scrive conosce perfettamente la materia, dalla quale ora è guarito, e vorrebbe correre sul palco per abbracciare Da Costa per la semplicità della perfezione del suo racconto; poi quel racconto così personale si trasforma in un manifesto di tutte le libertà possibili soprattutto quelle che non siamo capaci di prenderci perché ci fa tanto più comodo dire che gli altri vogliono impedirci di essere quello che siamo e qui il testo entra nella sociologia educativa, anche se non c’è niente di sociologico – ma in compenso c’è tanto da educare.

C’è tecnologia in scena, usata in modo perfetto ed in perfetta interazione con l’essere umano: tecnologia che non rischia mai di cadere nell’imitazione di in un teatrino di posa televisivo messo lì perché non si sapeva che fare allora “dài, mettiamoci un robot che fa fico e qualche effetto speciale”.

Get your shit together è davvero, ed è finalmente, qualcos’altro. E’ qualcosa che non si era mai visto. Ed è soprattutto qualcosa che non si era mai ascoltato.
Così vero, così bello, così potente.

Poi Luca CarboniGabriel Da Costa sono anche ottimi interpreti di se stessi e di questa vita romanzata da esercizi di approssimazione romanzata. Diversi i momenti comici. Un paio davvero gustosissimi.

E’ un obbligo assoluto per chi potrà accedere alla sala di via Buon Pastore a Modena (appena fuori dal centro storico cittadino) vedere questo lavoro. Perché “Get your shit together” è davvero uno spettacolo di rara, rarissima intelligenza. Per le date vi rimando all’apertura dell’articolo.

In chiusura due note di colore, che fanno tanto influencer: all’entrata in teatro veniamo accolti dalla gentilissima addetta stampa di ERT che personalmente ci consegna i biglietti omaggio e la cartella stampa. Ci teniamo a ringraziarla in questa sede.
Subito dopo, all’entrata in sala, rivedo un conoscente che non vedevo da un paio di decenni, non che mi mancasse, e constato con tristezza, ma senza stupore, e dopo una sua battuta infelice – una delle tante del periodo storico – come una singola occhiata possa racchiudere in sé, pur nella sua inconsapevolezza, il riassunto di ciò che vedrai inserito nello spettacolo che ti appresti a seguire; dovrai contenerti scrivendoti per non definire lo spettacolo non soltanto una profezia, ma un’utile guida per capire le brutture altrui. E prima di tutto, bien sur, le proprie.

 

(15 febbraio 2020)

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