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A Venezia “The Merchant of Venice”. Il nostro critico era lì per raccontarvelo #Vistipervoi

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venezia-teatro-goldono-the-merchant-of-venice-jonathan-pricedi Emilio Campanella

 

 

 

 

 

 

THE MERCHANT OF VENICE, il Globe Theatre di Londra, al Teatro Goldoni di Venezia (con il Verdi di Padova ed il Teatro Nuovo di Verona), una delle tre sedi del Teatro Stabile del Veneto, con le quattro rappresentazioni del testo shakespeariano del 19, 20, e 21 ottobre scorsi, che ha concluso la sua tournée internazionale, mentre il teatro veneziano inaugurava la propria stagione.

Occasione importante per godere di un magnifico testo in lingua originale e con una pronuncia perfetta, interpretato da una compagnia di alto livello. Queste note fanno riferimento alla recita pomeridiana del 20 ottobre, comoda per l’orario, ma affollatissima di studenti, di solito rumorosi ed intemperanti, ma in quella occasione, attentissimi, silenziosi e partecipi anche delle giocose improvvisazioni del fool Stefan Adegbola (Launcelot Gobbo), spiritoso, acrobatico, sornione e coinvolgente tanto nella dialettica signorile, come nelle battute sotto la cintura. Fin dall’inizio, la regia ha previsto un antefatto di musica e danza, a questo proposito, è doveroso definire sempre magnifica la scelta di esecuzione live di temi musicali d’epoca, cantati ed interpretati dal vivo; bellissime le coreografie danzate con grande divertita capacità, dagli attori. Lo spettacolo si è iniziato con grande puntualità, ha luci perfette, elementi scenici agili e riprende un poco la struttura generale dello storico teatro londinese. Una regia stringata ed efficace, quella di Jonathan Munby, che contiene in tre ore, compreso il breve intervallo, i cinque atti quasi integralmente. I vari piani narrativi dell’opera, i diversi stili teatrali abilmente giustapposti, che lo compongono, sono attentamente diversificati stilisticamente nell’unità dell’insieme. Una compagnia affiatatissima, compresa intorno alla punta di diamante della guest star: Johathan Pryce, uno Shylock umanissimo e quasi simpatico, ma non troppo, nella sua addolorata ferocia, uomo incattivito dall’ambiente spietato in cui vive. Tutti sono inumani qui, a cominciare da Antonio (Dominic Mafham), intenso, fragile e violento mercante che si comprende senza scrupoli, salvo il cedimento amoroso per Bassanio, farfallone, charmeur, marchettone come pochi (il convincente Dan Fredenburgh), per il quale è pronto a sacrificare la vita, e si salva per un pelo, anzi, per una goccia, come sappiamo.

Tutti perfettamente in parte, anche i comprimari ed i doppi ruoli, come Ignatius Anthony ( Doge/Tubal), e soprattutto quelli che si sdoppiano, come nel caso di Portia, Rachel Pickup, ineccepibile padrona di casa mondana ed elegantissima (con abiti stupendi come tutte le signore in scena, praticamente un’unico modello in colori e fantasie variate, ma tutti i costumi sono molto belli), trepida fanciulla durante le tripla scena dei tre scrigni, con la magica sacralità del numero tre triplicato e portafortuna. Magnifiche le caratterizzazioni di razza (Giles Terrera, Prince of Morocco; Christopher Logan, Prince of Arragon) allo scioglimento felice della prova, fino al travestimento del giovane avvocato reso con un efficace cambio di voce attento e mai eccessivo, per poi tornare signora della commedia nello scioglimento del legale/amoroso inganno. Le sfaccettature del testo sono messe in rilievo con leggerezza, o forza, a seconda delle situazioni. Si racconta l’addolorato commiato fra Bassanio ed Antonio che si volta per non mostrare le lacrime, e questo lo vediamo dietro un velario.

C’è molta diversità in questo testo e molta sofferenza dichiarata di certi personaggi. Shylock è solo e vessato, aggredito e battuto, malmenato e gettato a terra, Antonio è solo e solo rimarrà quando le tre coppie saranno formate ed ufficializzate: Portia e Bassanio, Gratiano (Jolyon Coy) e Nerissa (Dorothea Myers Bennett, divertente e divertita), Lorenzo (Andy Apollo, appassionato ed elegante), e Jessica. Lui è solo con il suo amore che non osa dire il suo nome. Ma anche Jessica, ebrea convertita è sola e diversa, e questo si vede quando prova ad adattarsi agli usi mondani, cerca di danzare, con difficoltà, non osa, esita, sempre (bravissima e credibile Phoebe Pryce) ed alla fine intonerà un dolentissimo canto, mentre dal fondo si avanzerà in costumi bianchi abbacinanti, il corteo della conversione e della violenza del battesimo cui Shylock è, fra le altre cose, stato condannato. Chiusa forte e dolorosissima della sconfitta dell’outsider.

Un lungo applauso ha salutato la prova di tutti, lungo, ma non lunghissimo, siccome novanta minuti dopo un’altra recita aspettava la troupe!

 

 

 

 

(23 ottobre 2016)

 

 

 

 

 

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