Teatro Goldoni di Venezia #Vistipervoi “Choreographic Collision, What is Classic?”, Emilio Campanella c’era

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Choreographic Collision Venezi 25 febbraiodi Emilio Campanella

 

 

 

 

 

 

Al Teatro Goldoni di Venezia, il 25 Febbraio 2016, nell’ambito della rassegna DANZAVENEZIA, “Choreographic Collision, What is Classic?”

Nate da percorsi di ricerca coreografica, come dal testo dei programmi di sala e dai fogli volanti distribuiti in teatro, sono state presentate tre coreografie apparentemente ispirate a temi classici. Organizzativamente si tratta di una collaborazione fra il Teatro Stabile del Veneto. Arteven, Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, Teatro Fondamenta Nuove, MilanOltre Festival, LuganoinScena. Ognuno dei pezzi visti ha una accurata presentazione illuminotecnica, non pochi vezzi visivi, pur in visioni, se si possono definire drammaturgiche, per lo meno vaghe e fumose.

GISELLE/secondo studio, coreografia di Laura Boato, interpretata da Elisa Dal Corso e Davide Rampazzo: il linguaggio coreutico scelto utilizza, nei suoi balbettii, cascami di danza contemporanea e di contact improvisation, apparentemente, poco e mal digeriti. Sembra talvolta andare contro i danzatori, pur volenterosi, ma non volutamente: li rende brutti e goffi senza che ci sia una decisione chiara dietro a questo risultato. Diviso come in tre parti (atti?) il pezzo evocando sonoramente la partitura di Adam, ne fa rimpiangere storiche ed inarrivabili rivisitazioni, quelle sì, senza che ci sia alcun vero senso in questa “storia di coppia” sofferta e controversa, ma qualunque e non individuabile in una vicenda precisa, quanto invece drammaturgicamente, drammaticamente e teatralmente nulla.

Del secondo pezzo: CUTE, per la regia di Laura Pante, non si specifica una firma coreografica, ed è meglio così… Francesca Antonino ed Alessandra Bordino cercano di evocare vicende, forse nordiche, di creature d’acqua… Qualcuno ha creduto riconoscere i rumori dei battelli sui canali della città… Mah! Le due povere ragazze cercano di liberarsi da un cumulo di stracci che vorrebbero, forse sembrare resti di antichi e fastosi abiti di corte, ma anche no… I movimenti iniziali delle grandi stoffe chiare che le avvolgono, mi hanno ricordato un antico allestimento dell’Edipo Re di Sofocle, nella stagione 1974/75, a regia di Virginio Puecher, creato per il Teatro Olimpico di Vicenza nel 1973, ma anche la biricchinissima TWO LADIES in CABARET di Bob Fosse. Secondo la collega storica della danza, Rita Zambon, che mi ha dato man forte nel tentativo di individuare le ascendenze del lavoro presentato, il riferimento non specificato potrebbe essere all’operazione Ashton/Henze, ma di tutto ciò poco o nulla si coglieva nel collage di movimenti sbriciolati e reincollati alla meglio.

In chiusura: perché DESERTO, coreografia di Foscà, Adragna, Sandri-Statolento. Interpreti: Claudia Adragna, Francesco Di Meglio, Nicola Fuscà, Camilla Sandri. Ispirato a Don Quichote de la Mancha, si inizia con un sentiero fiume di fogli stampati (?) che vengono attraversati, saltati, evitati, percorsi variamente, non è chiaro se stia accadendo qualcosa, nella vaga, affastellata, confusa, agitata modalità di movimenti della piccola folla. Sempre secondo l’insostituibile studiosa Zambon, forse dietro ci potrebbe essere anche un’antica opera di Telemann… Forse. Solo alla fine una bella immagine dei fogli febbrilmente raccolti, ammonticchiati, stretti visceralmente al petto, come un tentativo di salvazione/salvataggio, anche di un testo amato.

Bel finale, e si sa quanto importante siano importanti le ultime immagini in uno spettacolo. Peccato che prima non ci fosse nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(26 febbraio 2016)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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