Nessuno dopo di te: e la drammaturgia?

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di Alessandro Paesano

Mentre il pubblico prende posto in sala i due interpreti sono già in scena, nascosti sotto un telo di plastica semitrasparente, che muovono dinamicamente simulando le onde del mare seguendo l’andamento del rumore registrato della risacca riprodotto in sala.

Poi i due attori emergono dall’acqua, se cosi ci possiamo esprimere, entrambi in slip e camicia, i corpi tonici, muscolosi quanto basta, prestanti.
Iniziano un racconto nel quale l’uno completa o anticipa le frasi dell’altro. Il tema è quello della fascinazione omoerotica. Di un corpo bello, da desiderare, da amare, da avere per sé, da bramare senza avere il coraggio o l’intenzione di conquistarlo, di contattarlo, di conoscerlo davvero. Si delineano intanto due caratteri diversi, uno timido ed esitante, l’altro più sicuro di sé al quale piace piacere.

La fascinazione omoerotica, la  delineazione dei caratteri, vengono  espresse anche in termini non verbali attraverso movimenti del corpo, in perfetto equilibrio tra una valenza atletica, quasi ginnica, e una più decisamente coreutica, senza  prendere mai del tutto una delle due forme ma mantenendo sempre una dinamica fluida, cangiante, integrata tra i due aspetti. Questi momenti non verbali popolano tutto lo spettacolo e si impongono da subito come  la parte più interessante della messinscena.
Durante lo spettacolo le camicie verranno dismesse, anche uno dei due slip verrà tolto, mostrando una nudità mai fine a se stessa ma, anzi, sempre congrua e necessaria.
Se i primi movimenti dei due corpi sono esplorativi ed esibitori (di quel mostrarsi che si fa in discoteca, o nei locali dove ci si incontra) presto i movimenti restituiscono emozioni e status esistenziali, innamoramento, bisogno di amare ed essere amati.
Paure, speranze e desideri sono espressi attraverso un linguaggio corporeo che fa del confronto fisico  una lingua  sempre nuova, dal lessico espressivo vasto e mai ripetuto, che sa incantare anche chi non subisce il fascino omoerotico, perché oltre ad  essere corpi maschili, i corpi dei due interpreti sono corpi umani, viventi, attraversati  da emozioni, sentimenti e pensieri. Due corpi che pulsano, sudano, scivolano, si sfiorando, si desiderano e si fanno desiderare.

Mirko e Diego, questi i loro nomi,  dopo un periodo di incontri casuali e fortuiti nei quali non c’è alcuna interazione, solo emozioni alla vista dell’altro,  si conoscono quando Diego, riconosciuto il corpo di Mirko in un sito di escort, lo invita a casa sua.
I due cominciano a frequentarsi. Mirko è molto sicuro di sé su come piacere e dare piacere suo mentre Diego si trova imbarazzato ne ruolo di cliente,  che giustifica dicendo che di solito non piace – cosa davvero poco credibile dato il suo aspetto- un ruolo che non ha mai ricoperto prima. Poi man mano che la frequentazione si dipana, nasce in lui prima un desiderio di salvare Mirko (non si sa bene da cosa) e poi una determinazione crudele  (non presentarti mai a casa mia se non ti chiamo) e la drammaturgia mentre inciampa in una serie di incongruità irrisolvibili inanella una serie di cliché evitabili.
Mentre l’indole di Mirko al meretricio si trasforma nel tempo in un sentimento di affetto e nel bisogno di una frequentazione (anche se Guido continua a pagarlo…) i sentimenti di Diego si trasformano presto in una volontà di sopraffazione che non si appaga fin quando fino Mirko si rassegna ai suoi sentimenti per lui, mostrandosigli per la prima volta completamente nudo (ed ecco che il nudo frontale in scena è giustificatissimo)  e Diego ha una reazione di rivalsa, mostrandosi soddisfatto di aver ridotto Mirko alla sua mercé sentimentale.

Nessuno dopo di te – il titolo si riferisce alla richiesta di Diego che Mirko non abbia altri clienti quando incontra lui, così Mirko può raggiungere l’orgasmo, altrimenti negato (vedo un altro cliente dopo di te…) – è vittima di diversi pregiudizi sulle relazioni omoerotiche che sono evidentemente  duri a morire nel teatro italiano.
Anche in questo spettacolo infatti le relazioni sessual-sentimentaali tra uomini vengono presentate come  immature, problematiche, adolescenziali, disturbate da un narcisismo chiamato in causa solamente perchè i corpi desideranti appartengono allo stesso genere perchè  se io desidero un uomo come me è me stesso che in realtà sto desiderando (sic!).
Anche le belle poesie, di Guido Lomoro, che firma testo e regia,  che costituiscono il nucleo primario dello spettacolo, celebrano un amore di rinuncia, impedito, non goduto, tormentato, come se, insomma, l’amore tra due uomini (anche se nelle poesie l’omoerotismo non è mai dichiarato) non possa avere mai vita facile.
Nella nostra società omofoba questo è anche vero ma nel mondo reale le cause sono sempre esterne e riguardano  il  pubblico ludibrio, la pressione sociale e l’omofobia interiorizzata che ne deriva.


Nello spettacolo invece Mirko e Diego invece non sembrano minimamente avere problemi causati dal mondo esterno (anche la reazione emotiva  della madre di Mirko che quando ha appreso l’omosessualità del figlio ha pianto, non viene denotata come reazione omofoba ma come comprensibile reazione per la condizione del figlio) ma dipendono da contingenze personali interne al loro orizzonte esistenziale. Che i due ragazzi si sono prima visti da lontano e non hanno avuto da subito il coraggio di parlarsi  serve a denotare una questione caratteriale e non diventa occasione di denunciare una società che accusa le manifestazioni di affetto più tenere tra due persone dello stesso genere come un bacio o tenersi per mano come ostentazione.
Al testo non interessa l’aspetto pubblico (nulla sappiamo della vita sociale dei due protagonisti)  ma solamente quello privato che non si smarca mai dalla problematica esistenziale dei personaggi in quanto omosessuali.
Quella vita tormentata che dovrebbe essere una delle ragioni della creatività omosessuale, secondo un luogo comune sul quale Dominique Fernandez  ha scritto  un libro (Il Ratto di Ganimede,  Bompiani Milano, 1991)  ormai  contraddetto da tutta la letteratura sociale e scientifica, rimane la cifra inconfondibile di uno spettacolo che ci presenta un  omoerotismo intrinsecamente sofferto. Il pubblico in sala può così  tornare a casa giustificato ed esonerato dalla responsabilità politica di condannare un’omofobia culturale diffusa nel Paese  che induce ancora oggi molti ragazzi (e molte ragazze) a vivere una vita difficile. Non è la società, sono loro poverini. 

Il tema del sesso mercenario viene scomodato senza mai davvero essere affrontato: dopo 18 mesi di frequentazione Diego paga ancora Mirko (perchè Diego è benestante ci viene  detto) sottolineando la vulnerabilità  di chi si fa pagare,  enfatizzando  il ruolo di chi i soldi li prende e mai quello di di chi li dà, di chi, cioè, usa il denaro come strumento di potere (una ripassata a Marx ci farebbe bene!).
Anche il rapporto irrisolto tra Mirko e il suo fidanzato (col quale non c’è più sesso giustificando così la ricerca di sesso altrove) – che si ingelosisce non per il sesso ma per una frequentazione sociale tra Mirko e il suo cliente (dimenticando che ci sono escort che si fanno pagare anche per accompagnare i clienti a cene e altre situazioni sociali) tradisce un pregiudizio sulla prostituzione maschile un po’ obsoleto (basta pensare che i ragazzi di oggi, spesso eterosessuali,  distribuiscono video porno online a pagamento  nei quali fanno sesso con altri ragazzi) e che, al di là dei pregiudizi, non diventa mai un elemento essenziale della storia tra i due protagonisti.

Lo spettacolo sa farsi vedere per le evoluzioni coreografiche fatte di desiderio di sudore di amore di sguardi, sostenute da Tiziano Di Sora e Bruno Petrosino che danno ai propri personaggi sangue carne e nudità con grande generosità.

Le belle coreografie di Maria Concetta Borgese mentre stimolano emozioni e fantasia, desideri e sensi, evidenziano ancora di più i (pre)giudizi che la drammaturgia porta nei propri interstizi: i due personaggi omosessuali sono immaturi, emotivamente instabili, incapaci di una sincerità totale (perchè Diego non dice mai a Mirko che lo aveva già notato da tempo ed è per questo che lo ha invitato a casa sua ?).

Il portato  sessuale, pur  ben espresso in termini sensuali senza mai una allusione di troppo (anche se è chiaro che Mirko è insertivo e Diego ricettivo, come se non ci siano escort ricettivi…)  rimane l’unica cifra della drammaturgia. Nulla sappiamo delle vite dei due personaggi (ignoriamo anche perchè Diego sia benestante), lo spettacolo non ci dice se Mirko e Diego fanno politica, se escono, chi incontrano,  se frequentano altri ragazzi omosessuali, se hanno o meno amici e amiche,  se fanno militanza, se subiscono atteggiamenti omofobici  a lavoro o nella società,  relegandoli  in quel privato dove certa Italia vorrebbe che  le persone che vivono  l’amore che non osa dire il suo nome rimangano.
Invece di mostrarsi prepotentemente  dinanzi  al consorzio civile Mirko e Diego consumano il loro amore drammatico nel privato borghese delle mura domestiche.
Una visione  dell’omoerotismo maschile angusta e un po’ asfittica, che fa mancare la terra sotto i piedi.

 

NESSUNO DOPO DI TE
Scritto e diretto da GUIDO LOMORO
con TIZIANO DI SORA e BRUNO PETROSINO
Coreografie e movimenti scenici MARIA CONCETTA BORGESE
Disegno luci GLORIA MANCUSO      

 

Visto per voi al Teatrosophia di Roma il 22 ottobre 2025

 

 

 

 

 

 

(25 ottobre 2025)

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