di Alessandro Paesano
Sulla scena (nel caso del Festival Attraversamenti Multipli il prato adiacente gli archi dei resti dell’acquedotto romano del Parco di Torre del Fiscale di Roma) un uomo, pantaloncini e t-shirt attillata senza maniche, dà di spalle alla platea mentre il pubblico prende posto. In posa regge un cerchio bianco da ginnastica ritmica sulla schiena che gli incornicia le spalle.
Quando la coreografia comincia l’uomo esegue una serie di esercizi ginnici con il cerchio, lanciato in aria e ripreso, fatto correre sul prato (e il cerchio si ferma e torna indietro). Il danzatore compie movimenti calcolando perfettamente il tempo di ritorno del cerchio che è sempre al giusto punto di recupero quando completa i movimenti che non gli permettono di seguire con la vista il cerchio.
Riconosciamo movimenti, esercizi e stilemi della ginnastica ritmica che il danzatore ci restituisce non con la prosaicità ginnica e acrobatica della ginnastica ritmica ma con lo slancio composito della danza. I movimenti della ginnastica ritmica sono riscritti e tradotti in una grammatica coreutica più morbida, più ampia altrettanto precisa ed efficace ma meno fine a se stessa, meno attenta al nitore del movimento e più interessata all’insieme dei movimenti ascritti in un progetto generale che è squisitamente coreutico.
Dopo il cerchio è la volta della palla e poi del nastro.
Il corpo tornito, muscoloso, virile del danzatore si scontra, nel nostro immaginario collettivo binario e patriarcale, con gli esercizi di ritmica trasformati in passi di danza.
Il danzatore di suo ci mette una malizia sottile ma palese performando dei movimenti che – a seguire gli stereotipi di genere – poco si rifanno al genere maschile. Alcuni gesti intenzionalmente “poco virili” o “effeminati” per usare volutamente un vocabolario patriarcale, costituiscono una rivendicazione personale e politica. Personale perchè affermano la presenza di quest’uomo, questo danzatore, che dinanzi il pubblico si mostra in tutto il repertorio di movimenti non solo quelli canonicamente riconosciuti al suo genere. Politica perchè questa rivendicazione personale ci richiama alla nostra responsabilità di pubblico giudicante, di collettività che esclude, discrimina, giudica.
Ecco che i passi di danza diventano un monumento alla resilienza di un giovane danzatore che da bambino deve essere stato escluso, come lo è stato professionalmente dalle gare di ginnastica ritmica alle quali agli uomini non è permesso partecipare (Papillon, il titolo della coreografia, richiama le farfalle come nell’immaginario patriottico Italiano sono chiamati i membri della nazionale di ginnastica ritmica, esclusivamente di sesso femminile).
Un danzatore bullizzato da bambino, lo immaginiamo prima ancora di riceverne conferma nelle note di regia della coreografia: Da bambino sono stato escluso dal mondo della ginnastica ritmica, ad oggi unico sport olimpionico riservato ad un solo sesso biologico. Non riuscendo ad identificare a quell’età cosa nel mio corpo non coincidesse con gli immaginari della società binaria (in campo sportivo come non) ho sentito per vari anni un forte senso di esclusione, amplificato dal bullismo subito su vari altri aspetti in altri contesti.
Mentre la musica con cui si accompagna, da Stravinsky a Legrand passando per Chopin (mentre ogni tanto una voce femminile, in inglese, racconta le vicissitudini relazionali tra alcune sorelle) è una grande cassa di risonanza emotiva, il danzatore si concede allo sguardo del pubblico dilacerando il ludibrio potenziale e riscattando il desiderio di farsi spettacolo fuori dai canoni del binarismo di genere.
Michele Scappa imbastisce una coreografia che così come intesse i vari elementi della ginnastica ritmica in un discorso coreutico di più ampio respiro invita il pubblico a considerare gli interstizi tra le divisioni di genere della società binaria e patriarcale nella quale viviamo mostrandone l’inconsistenza e l’arbitrarietà.
Quel che conta è il corpo desiderante dell’interprete, un desiderio che si manifesta in tante sfaccettature dall’essere visti al farsi spettacolo, passando per un desiderio sensuale iscritto nel corpo come Scappa evoca verso la fine della coreografia.
La location en plein air che caratterizza il Festival Attraversamenti Multipli che ha ospitato la coreografia rendono la danza di Scappa ancora più umana, con quel terriccio e quell’erba che rimangono aderenti al suo corpo tornito, muscoloso e umano, costituendo un involontario correlativo oggettivo alla cultura che ci immerge in una cornice di significato che non è necessariamente la migliore e sicuramente non è l’unica.
Unico è Michele Scappa che ci regala una coreografia indelebile scritta nel corpo delle emozioni quelle del danzatore interprete e anche quello del pubblico.
Un’altra perla di Attraversamenti Multipli, un Festival che ribadisce la sua necessarietà e la sua importanza di spettacolo in spettacolo.
Papillon
Idea ed interpretazione: Michelle Scappa
Musica originale: Spartaco Cortesi, voce di Charlotte Zerbey
Consulenza drammaturgica e coreografica: Alessandro Sciarroni
Produzione: Company Blu
Con il supporto di: ADH, S’ALA, Kilowatt Festival, spazioK
Visto per voi al parco di Torre del Fiscale di Roma il 19 settembre 2025
(21 settembre 2025)
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