di Alessandro Paesano
Mentre il pubblico aspetta che lo spettacolo inizi, viene invitato a prendere delle cuffie attraverso le quali viene ripetuto a loup il nome di Lorenzo Manzan, armonizzato, stile vocoder, autore e interprete dello spettacolo.
Poi il loup smette e una ragazza stile hostess (quelle dei convegni, non degli aerei) si pone di fronte la platea. Interagisce col pubblico mentre una voce nelle cuffie inizia a ragionare sul significato di opera d’arte e di capolavoro. Di fronte la platea, allestita nel giardino di Villa Massimo, in occasione del Festival Sempre più Fuori, c’è un piedistallo di legno, presentato dalla voce in cuffia come strumento dell’espressione artistica.
A essere messo sul piedistallo, come opera d’arte, è l’artista stesso, spiega la voce in cuffia. L’opera è la sua stessa esistenza, il suo stesso gesto di mostrazione.
La banana di Maurizio Cattelan viene presa come esempio di un sistema artistico basato sulla notorietà dell’artista. La banana tenuta sul muro dal nastro adesivo acquisisce valore perchè il gesto è stato fatto da Cattelan.
Poi la voce introduce una nuova opera d’arte mentre un ragazzo crinoricciuto, dal capello lungo e fluente, si avvicina alla platea, e sale sul piedistallo in costume adamitico: Lorenzo Manzan.
Corpo statuario, non troppo palestrato ma tonico e prestante, il volto da ragazzo anche se ha più di trent’anni (la voce in cuffia si spertica in dati biografici), Lorenzo veste la sua nudità con disinvoltura, senza ostentazione, e rimane in piedi, per tutto lo spettacolo.
Il segreto di questa nudità non oscena né volgare è l’immobilità, ad esclusione di un timido avvicendamento della gamba portata avanti. Lorenzo rimane fermo, mostrando la stessa accortezza di Sabina Ciuffini, co-conduttrice (ma all’epoca si diceva valletta) di Rischiatutto con Mike Bongiorno che poteva indossare delle minigonne vertiginose (per l’epoca) proprio perchè non si muoveva.
La presenza del nudo infastidisce l’hostess che, per tutta reazione, mangia nervosamente una banana, con tutta la buccia.
Intanto la voce in cuffia ci racconta i trascorsi biografici di Lorenzo.
La cotta per la madre di un compagno di scuola, dai grossi seni, nei quali gli sarebbe piaciuto sprofondare, i primi successi con le ragazze, gli amici e la carriera scolastica. Un racconto sgangherato tra il parodico il millantatore e la verità confessata.
Tra un lacerto biografico e l’altro viene sempre esaltata l’eccezionalità artistica di Lorenzo come opera d’arte e il pubblico viene direttamente chiamato prima a mettersi in piedi in seguito a una serie di caratteristiche (si alzi chi oggi ha pianto…). Poi, durante una pausa, viene invitato a guardare l’opera d’arte da vicino, mentre l’hostess offre a chi si alza dal posto e si avvicina una sigaretta.
Non manca un playback su Centro di gravità permanente di Battiato (ed è l’unico momento in cui Lorenzo si muove, accennando pudicamente alcuni dei passi di danza del video originale della canzone) fino all’asta finale nella quale si vendono autografi di Lorenzo, una cena con lui, un selfie (lo farà davvero una fortunata signora) e una notte con lui che, data la base d’asta sopra i mille euro, rimane invenduta.
Uno spettacolo di Leonardo Manzan è perfettamente riuscito facendo riflettere in maniera divertente e leggera, senza mai essere superficiale, su alcuni elementi del nostro contemporaneo: dal sistema di valore dell’arte contemporanea, all’autoapologesi che caratterizza questa epoca di social, facendo muovere il pubblico come vuole, dando qualche frecciatina alla produzione teatrale contemporanea (che fa da contraltare a quella artistica, con più dovizia di nomi e di registi) e lasciando nel pubblico, che si accommiata dopo essersi prodotto in una ovazione sentita e lunghissima, l’impressione di aver partecipato a un evento importante.
Lo spettacolo risente però di una certa debolezza argomentativa che rischia di non agire una vera critica sul sistema artistico o su quello teatrale, tradendo una certa accettazione dello status quo, aderendo, in fondo, a quel sistema che apparentemente vuole criticare…
Le considerazioni fatte sul meccanismo di produzione di valore dell’arte mancano di un punto di vista veramente politico, di analisi dei rapporti di potere, economici e non solo, che non vengono mai davvero affrontati ma che si attestano su delle argomentazioni disimpegnate, ironiche, da social.
Non prendeteci per naïf: siamo perfettamente consapevoli che uno spettacolo che mostra l’autore/attore nudo come capolavoro artistico non permette certo un discorso approfondito sulla produzione di valore artistico, se non altro non verrebbe preso sul serio.
Ma questa goliardia non giustifica la totale assenza di un orizzonte di senso più ampio che, per quanto tenuto tra parentesi, non può mancare .
La nudità usata come elemento di mostrazione, che cortocircuita il valore artistico col desiderio erotico (è inutile nascondere che l’occhio del pubblico cade ripetutamente sul corpo di Lorenzo, così candidamente mostrato senza essere ostentato) pur scuotendo il sistema di valore dell’arte contemporanea rimane a metà del guado perchè non affronta, per esempio, tutto il sistema valoriale oggetto del desiderio – soggetto desiderante, o, se si preferisce, soggetto che osserva oggetto da osservare, che sottende tutta l’arte occidentale e non solamente quella contemporanea.
L’immaginario collettivo che la voce in cuffia usa per raccontare la biografia di Lorenzo è quello eteronormato. L’attrazione di Lorenzo bambino per i grossi seni della madre di un compagno di classe, la reazione dei ragazzi e delle ragazze ai gesti e ai comportamenti di Lorenzo bambino e adolescente, si riferiscono alla sola opportunità relazionale uomo-donna, senza nemmeno prendere in considerazione o fare la menoma menzione al fatto che esiste anche una relazione, un desiderio, uomo-uomo e donna-donna.
La presenza della ragazza-Hostess tradisce un impianto dello spettacolo se non patriarcale sicuramente maschilista, dove i rapporti di potere tra uomo e donna sono quelli che vedono l’uomo sempre soggetto e la donna oggetto, paradossalmente anche quando è l’uomo a essere nudo. Anzi il fatto che l’uomo nudo rimanga soggetto (i racconti biografici di Lorenzo bambino) e non diventi mai oggetto di desiderio (il nudo è pur sempre un nudo artistico, come la voce in cuffia enfatizza) confermano la cornice di senso etero e maschilista entro la quale si dipanano i rapporti tra i generi.
La figura femminile in scena assume una funzione di cura e di accoglienza, le figure femminili presenti nel racconto biografico di Lorenzo popolano un immaginario erotico fermo ai tempi di Edvige Fenech.
A Lorenzo Manzan e a chi ha scritto il testo con lui (Paola Giannini e Rocco Placidi) non sfiora mai il dubbio che la mostrazione adamitica dell’opera d’arte Lorenzo Manzan possa suscitare anche un desiderio omoerotico che dovrebbe almeno essere registrato e restituito (dunque riconosciuto) anche se non agito visto che è chiaro che a Lorenzo (sia al personaggio che all’interprete) piacciono esclusivamente le donne.
Questa mancanza, questa omissione, conferma il limite politico dell’operazione: non si possono davvero analizzare i rapporti di produzione del valore dell’arte (o del teatro) senza analizzare i rapporti di potere tra i generi che li sottendono e tra i ruoli di genere che nel 2025 non possono più assolutamente essere solamente quelli eterosessuali.
Questa eteronormatività involontaria toglie efficacia all’impianto dello spettacolo mancando l’occasione di fare una critica al maschilismo sotteso alla produzione culturale italiana, critica senza la quale si inficia ogni analisi che ne risulta banalizzata e parziale (nel doppio significato di schierata e incompleta).
Queste omissioni, fatte sicuramente in buona fede, senza averne davvero l’intenzione, ascrivono lo spettacolo in un orizzonte di significato che si attesta sulla boutade non riuscendo a distanziarsene davvero mai.
Una boutade che conferma lo status quo proprio mentre pretende di prenderne le distanze.
Uno spettacolo di Leonardo Manzan
di e con Paola Giannini, Leonardo Manzan, Rocco Placidi
regia Leonardo Manzan
una produzione La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello, Associazione Cadmo per Le vie dei festival
Visto per voi a Villa massimo, nell’ambito del festival sempre più fuori 2025 il 7 luglio.
(14 luglio 2025)
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