Io non so, ma ho le prove: sorprendente il Pietro Orlandi di Giovanni Franci

360

di Alessandro Paesano

Pietro Orlandi, fratello, di Giovanni Franci è un esempio squisito dell’incontro tra due istanze teatrali diverse. Da un versante il teatro civile di denuncia, quello teso alla restituzione della memoria storica, un resoconto eseguito con precisione a più di 40 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi il 22 giugno del 1983. Dall’altro l’urgenza drammaturgica di  fare teatro, di raccontare una storia, sostenuta da un testo scritto bene.
Un monologo tramite il quale Pietro, fratello maggiore di Emanuela, Franci imbastisce un resoconto lucido, preciso e circostanziato di tutti questi anni, delle varie ipotesi, indagini, silenzi, depistaggi, scoperte, colpi di scena, silenzi, omertà, bugie, morti che impediscono alla verità di essere vista intera e non obliqua.
Nel monologo Pietro ripercorre le vare piste di indagine da quella, vana, del terrorismo internazionale, a quella  del ricatto da parte della criminalità organizzata e quella del crimine pedofilo, tutte comprese nei confini di quelle mura leonine dove viveva la famiglia Orlandi.

Questa ricostruzione, questa testimonianza, questo resoconto non scaturisce però dalla verve del reportage, ma dalla penna di un grande scrittore, di un grande autore di teatro che sa fare di Pietro Orlandi  un personaggio che si staglia con una potenza drammaturgica piena e indipendente.
Come specifica Franci in esergo al suo testo, videoproiettato a inizio spettacolo, avvertendo così il suo pubblico, questo spettacolo  [è] il racconto di Pietro, sedimentato nella mia memoria, rielaborato col tempo dalla mia coscienza, infine impastato con l’immaginazione.
Un’immaginazione squisitamente teatrale che già nel testo rinnova la contingenza del dato storico, del fatto, declinandola con un’affabulazione unica come nella citazione, magnifica e immaginifica, di pasoliniana memoria, Io non so, ma ho le prove o quando la memoria di Pietro torna sempre al banale litigio tra fratello e sorella Una porta che sbatte, un telefono che squilla, poi più niente quando Pietro ci racconta che il giorno della scomparsa di sua sorella, Emanuela gli aveva chiesto di accompagnarla a scuola di musica e lui le aveva risposto di no perchè faceva troppo caldo.

A dare corpo e voce a Pietro Orlandi  è Valerio Di Benedetto che ci restituisce un Pietro credibile, sobrio, vero, la cui cadenza romana straripa nel difetto di dizione che Franci, che firma anche la regia, non ha voluto correggergli proprio per amore del personaggio.

La regia di Franci è parte integrante del testo perchè non si limita a sostenerlo ma costituisce un altro fronte di racconto.
Come il gioco luce-buio dell’incipit, quando il pubblico legge in videoproiezione  le note d’autore che abbiamo citato e Franci fa stagliare la presenza di Pietro in controluce,  come silhouette, prima ancora che come presenza concreta.
Le videoproiezioni di testi, immagini, suoni non sono mai esornative ma costituiscono  un elemento di racconto autnomo, un palinsesto nel quale le immagini  di Emanuela si  alterano alle  voci, vere, dei vari personaggi chiamati in causa dal racconto di Pietro.
Oppure ancora le tele con sopra  scritti i nomi dei personaggi evocati nel racconto, che popolano il palcoscenico man mano  che Pietro, citandoli, li posiziona sul palco, presenza ingombrante, per alcuni dei quali amplificata dalla loro morte, recente o meno.

E alla  fine del racconto, dettagliato e completo, racconto e memento si ricongiungono nella dimostrazione evidente che Pietro non ha rinunciato alla ricerca della verità, una ricerca per la quale Pietro rassicura il pubblico che i suoi figli proseguiranno anche dopo di lui  e Pietro di figli ne ha sei.

Durate gli applausi, copiosi e meritatissimi,  Pietro Orlandi, presente in sala, è salito sul palcoscenico di fianco a Valerio Di Benedetto, restituendo lo scarto generazionale concreto, tangibile, tra personaggio e persona concreta dando la giusta prospettiva a un testo che sa farsi teatro senza rinunciare alla sua vocazione di denuncia, di racconto attuale, di ribellione.

PIETRO ORLANDI, FRATELLO
scritto e diretto da
Giovanni Franci
con
Valerio Di Benedetto
elaborazioni digitali Nuvole Rapide Produzioni
direzione tecnica Umberto Fiore
assistente Fabio Del Frate

Visto per voi all’Off/Off Theatre di Roma il 5 marzo 2025

 

 

(22 marzo 2025)

©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata