di Alessandro Paesano
Per gli spettacoli di danza è sempre difficile confrontarsi con le note di sala, quei testi che introducono le coreografie proposte, che da un lato devono dare strumenti al pubblico per entrare nel lavoro che si sta per vedere, dall’altro non devono però suscitare un’attesa troppo strutturata che, se diversa da quella che poi si vede sulla scena, può inevitabilmente deludere.
Nel caso di Mana, l’ultimo lavoro della compagnia israeliana Vertigo Dance Company, di Noa Wertheim e Adi Sha’al, le note, assai laconiche, ci dicono che Mana nella lingua melanesiana significa forza sovrannaturale e che al centro della scena la sagoma di una casa simboleggia il confine che separa il dentro e il fuori, il pubblico e il privato; mirando ad analizzare l’individuo nella sua quotidianità, nelle emozioni contrastanti lo accompagnano.
In realtà, a ben guardare l’impianto simbolico della coreografia, ci troviamo dentro il classico dualismo Ying e Yang, luce – buio, dentro – fuori, privato – pubblico, maschile – femminile, che la coreografia affronta in maniera mai banale, pur risentendo, come vedremo, di questo limite binario.
La coreografia si apre con una danza tutta al maschile prima di un solo danzatore, illuminato da un’unica luce dall’alto, presto doppiato da un suo pari col quale si cimenta con movimenti eseguiti perfettamente all’unisono, in un contatto empatico tra i due discreto ma evidente: una mano dell’uno che sostiene il polso dell’altro, la mano dell’altro sul cuore del primo, con dei movimenti così ampi che risultano leggibili nonostante i pesanti costumi che coprono i loro corpi, una sorta di gonna-culotte che durante gli arabesque si apre a ventaglio, mentre la parte superiore ricorda i gilet del tradizionale abbigliamento chassidico.
Mana si sviluppa in una serie di assoli, duetti, trii e momenti d’insieme uniti da un tema coreutico di fondo quello del movimento alto-basso (coniugato con il movimento diagonale sotto-sopra) mentre danzatori e danzatrici si relazionano con lo spazio della sagoma della casa, creando davvero un dentro e fuori coreutico.
Più che per l’esegesi suggerita dal testo di presentazione, la coreografia si distingue per la bravura dei danzatori e delle danzatrici che rendono dei movimenti molto complessi, fluidi e, apparentemente, facili da eseguire.
L’interazione tra danzatori e danzatrici si rifà alla danza popolare, a quella rituale, con elementi della danza cubana (conga line) con schemi geometrici di posizionamento sempre magnificamente sostenuti dalla partitura musicale di Ran Bagno (che in alcuni momenti accenna al celebre brano popolare Hava Nagila).
Alcune danzatrici hanno un costume più libero, meno coprente, con le gambe nude, come la figura femminile che porta un palloncino grigio riempito di elio camminando a mezza punta contribuendo al senso di leggerezza.
Indimenticabile il momento quando un’unica donna viene portata sopra le spalle degli uomini e, mostrando una gioia stilizzata, sembra passeggiare a mezz’aria, passando nello spazio.
Dal punto di vista della grammatica coreutica rimaniamo però sempre all’interno dell’alveo canonicamente declinato nella visione binaria dei due generi.
Sono sempre e solo gli uomini a portare le donne, in un impianto coreografico e una concezione coreografica di genere ormai vetusta, alla quale non sembra opporsi una grammatica coreutica altra.
Mentre i movimenti delle danzatrici sono sostenuti dalla classica energia muliebre che anima la coreografia, risultano più interessanti alcuni momenti di confronto tra uomini meno rigidamente irregimentati da un discorso di genere.
Mana è comunque una coreografia che affascina e tiene il pubblico col fiato sospeso per tutta la sua durata per il nitore formale della sua composizione e la pulizia d’esecuzione.
Un gioiello d’esecuzione che non sa rinfrescare una tradizione dei corpi danzanti che si distingue ancora per generi sessuati in un modo che credevamo ormai superato.
Mana
Vertigo Dance Company
coreografia Noa Wertheim
in collaborazione con Rina Wertheim
danzatori Korina Fraiman, Noa Israely, Niv Kabiri, Ilan Golubovich, Eden Ben-Shimol, Micah Amos, Alma Karvat Shemesh, Tommaso Zuchegna, Weissman Eshed, Zsuzsanna Ptretzer
musiche Ran Bagno
Visto per voi al teatro Argentina di Roma il 26 febbraio 2025.
(4 marzo 2025)
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