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Sempre più fuori 2023: Mdlsx dei Motus con Silvia Calderoni

 

di Alessandro Paesano

Mdlsx (crasi di middlesex, letteralmente sesso di mezzo) è un famoso, replicatissimo spettacolo dei Motus, la compagnia di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, interpretato o, meglio, performato, da Silvia Calderoni che collabora da un decennio con la compagnia.

Presentato come spettacolo lisergico (causato dalle allucinazioni degli stupefacenti), come ordigno sonoro (21 brani diversi, tutti indicati per titolo e interprete, mixati da Calderoni tanto che lo spettacolo è descritto anche come un dj set) Mdlsx affronta il tema del genere e della sua performatività (cioè del modo in cui lo esprimiamo, lo viviamo, lo comunichiamo).

Sul palco un tavolo, con alcuni dispositivi, microfoni, un pc  e una webcam collegata a un videoproiettore che restituisce l’immagine ripresa su di uno schermo circolare che si staglia, su una parete bianca, in fondo al palco, sulla quale vengono proiettate altre immagini. 

Calderoni agisce sul sonoro, sia dal versante musica che da quello del parlato, e anche manovrando la webcam, dando di spalle al pubblico, rivolgendoglisi dallo schermo in proiezione, oppure rivolgendosi direttamente al pubblico, mentre la webcam continua a riprendere, oppure si cimenta con azioni di pura performance fisica incentrate sul suo corpo ginandro (che partecipa dei caratteri sessuali femminili e maschili).
Il suo passato di atleta fondista le ha dato un corpo muscoloso, asciutto, scattante, squisitamente femminile per quanto ci riguarda, ma che nell’eteropatriarcato, viene visto come corpo non conforme e dunque, in una scala valoriale binaria, come corpo mascolino. 

Il dispositivo drammaturgico di Mdlsx si sviluppa sul pensiero queer, prendendo come nucleo narrativo alcuni snodi del romanzo omonimo di Jeffrey Eugenides, che costituisce lo spartito sul quale si innestano le citazioni e gli imprestiti del pensiero di Judith Butler, di Donna Haraway e Paul B. Preciado, del quale Calderoni cita direttamente il passaggio di una intervista.

La performance, pletorica, incontenibile, parossisticamente dilatata e a tratti ripetitiva (lo spettacolo dura 75 minuti ma potrebbe durare benissimo 20 minuti di meno) si regge grazie alla sua interprete che gioca facile nell’interpretare Cal, il personaggio del romanzo di Eugenides, identificato alla nascita donna (sono nato due volte: bambina, la prima, un giorno di gennaio del 1960, in una Detroit straordinariamente priva di smog, e maschio adolescente, la seconda, nell’agosto del 1974, al pronto soccorso di Petoskey, nel Michigan) e che scopre nell’adolescenza di essere nato intersessuale e di voler abbracciare il genere maschile al quale è stato strappato da un medico che non esita a compiere una mutilazione per far entrare nella normalità binaria ed eterosessuale il suo corpo dall’anatomia difforme. 

Cal è nato con un’ipospadia, un pene con uno sviluppo parziale dell’uretra il cui meato non termina sul glande ma in un punto dell’asta peniena, e questa malformazione è stata modificata radicalmente. A Cal è stato reciso il pene e le terminazioni nervose del glande, privandolo del piacere sessuale, perchè il piacere é sacrificabile in favore di una vita normale di donna (parole del medico).

Questo dettaglio, pur essendo tratto da un testo di fiction, corrisponde a una delle pratiche mutilatorie che ancora oggi vengono eseguite dalla scienza (sic!) medica ai danni delle persone intersessuali che, presentando delle anatomie difformi, vengono ricondotte in una delle due alternative di una cultura, più che binaria, criminale.

Questa mutilazione, che è il segno di una violazione del corpo umano degna di Mengele, è diluita in una drammaturgia strabordante dove la denuncia politica è come messa in ombra da una performance che fa spettacolo del non conforme per rivendicarne l’immediatezza della sua datità, della sua esistenza, ma che così esposto (grazie a Calderoni che usa il suo corpo come un’opera d’arte) rischia, agli occhi del pubblico, di essere il corrispettivo appena up-to-date dei freak show dell’ottocento. Poco importa si inneggi alla non conformità, il risultato cognitivo conferma lo status quo binario eteronormato contro il quale, in tralice, si può apprezzare la varianza nella sua ontologia più che in una epistemologia. Sono dunque esisto poco importa i dettagli del come e del perchè.
Complice la trama del romanzo di  Eugenides nel quale Cal, una volta abbracciata la propria affermazione di genere maschile, va a lavorare in una sorta di circo impersonando una sirena. Più freak show di così…

Il pubblico che assiste a Mdlsx è sopraffatto da uno tsunami performativo, visivo e sonoro, nel quale le citazioni di Preciado e di Butler non hanno il tempo di attecchire e la nudità di Calderoni, mai ostentata ma sempre regalata con grande generosità, funziona più come un wunderkammer del pensiero queer, raccontato in nome di un vitalismo  più spontaneo che politico, più pittoresco che di denuncia.

La verità dello spettacolo non sta, insomma, nell’elaborazione drammaturgica delle sue fonti, che rimane un’affastellamento citazionale, in sintonia con certo gusto contemporaneo più  da social (ma Mdslx, che è del 2015,  precede questo gusto, anticipandolo) che da collettivo (anche se molti collettivi queer contemporanei sono colonizzati da questo impianto citazionale di importazione statunitense, più emulato che davvero capito). Un impianto citazionale che solamente chi conosce e riconosce opere, nomi e concetti può apprezzare, mentre il pubblico che ne sente parlare per la prima volta ne rimane inebriato o intossicato. 

La verità dello spettacolo è tutta nella performance di Calderoni, che si appropria di questo testo monstrum, contaminandolo con la narrazione  della propria autobiografia (naturalmente di finzione) e lo indossa come un abito che addosso a lei, così schietta e algida, forte e vulnerabile, risulta elegante e necessario.
Un abito che, piuttosto che épater la bourgeoisie, scardina le certezze binarie alle quali siamo tutti e tutte incatenate, proprio come gli uomini e le donne della caverna di Platone.

La verità è tutta nella performance che, proprio nel momento in cui afferma io esisto mette in discussione ogni costruzione logica sessuata dell’essere umano.

Visto per voi il 19 luglio all’Accademia Tedesca di Roma Villa Massimo  nell’ambito del Festival multidisciplinare di teatro, musica, danza, cinema, letteratura, arte, fotografia Sempre più Fuori 2023.

Motus: MDLSX (http://www.bunker.si/slo/motus-mdlsx-italija), Stara mestna elektrarna, 27.8.2015

MDLSX

con: Silvia Calderoni
regia: Enrico Casagrande e Daniela Nicolò
drammaturgia: Daniela Nicolò e Silvia Calderoni
suoni: Enrico Casagrande
in collaborazione con: Paolo Panella e Damiano Bagli
luce e video: Alessio Spirli e Simone Palma
produzione: Francesca Raimondi
logistica: Shaila Chenet e Matilde Morri
comunicazione: Dea Vodopi
promozione: Ilaria Depari
distribuzione estera: Lisa Gilardino

produzione: Motus 2015
in collaborazione con: La Villette – Résidence d’artistes 2015 Parigi, Create to Connect (EU project) Bunker/ Mladi Levi Festival Lubiana, Santarcangelo 2015 Festival Internazionale del Teatro in Piazza, L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, AMAT Marche
con il sostegno di: MiC, Regione Emilia Romagna

 

 

(23 luglio 2023)

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