Riccardo Castagnari è “Di-Vi-Na”… Chapeu! #Vistipervoi da Alessandro Paesano

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di Alessandro Paesano #recensioni twitter@Ale_Paesano #Vistipervoi

 

 

La sala è gremita come non mai. Il pubblico attende che lo spettacolo inizi, guardando al palco col sipario aperto nel quale campeggiano, tra le altre cose, uno specchio con luci tipico dei camerini, vistosi vestiti femminili, parrucche variopinte, una sedia, un porta abiti.
L’attesa si prolunga, il pubblico rumoreggia; poi l’arrivo della diva anzi di DI-VI-NA coi trattini viene anticipato dalla sua voce amplificata dal microfono.
L’ingresso avviene dalla platea costringendo il pubblico a girarsi per vedere arrivare questa splendida creatura in drag, alta, altissima con delle scarpe tacco 12 che sale disinvolta i gradini che la portano al palco continuando a rivolgersi al pubblico come fossero degli ospiti a casa sua.

DI-VI-NA invece di cominciare lo spettacolo si rivolge al pubblico, si confida, fa commenti, rassicura una signora in prima fila che si scandalizza perché DI-VI-NA è un uomo travestito da donna, racconta del suo amore per gli uomini, dell’accoglienza – pessima – delle persone omosessuali nella società italiana, tra chiesa e non solo.

E mentre racconta, DI-VI-NA si cambia, in scena, spogliandosi di un abito per indossarne un altro che lascia scoperte le magnifiche gambe, affusolate e lunghissime,  cambiando anche parrucca lasciando vedere la calotta che copre i suoi veri capelli, corti,   tradizionalmente maschili.
Perché DI-VI-NA, ci spiega, è una drag queen, che si veste da donna sul palcoscenico e non nella vita.
E mentre commenta il mondo dal suo punto di vista, mentre cambia mise per il puro gusto di farlo DI-VI-NA canta, accompagnata al pianoforte. Non in playback come fanno normalmente le Drag ma con la sua voce, splendida, con la quale spazia dagli standard jazz ai classici del musical, al pop recente e non.

Autore, interprete e regista dello spettacolo è Riccardo Castagnari, più in forma che mai, che sostiene un one (wo)man show con tutta l’autorevolezza del performer e dell’interprete.

DI-VI-NA, che è anche il nome dello spettacolo che Castagnari ha cominciato a scrivere 13 anni fa,  si impone per la qualità della scrittura e per a precisione di esecuzione.

Interpretare una drag sulla scena che parla col pubblico fuor di spettacolo, per così dire, permette a Castagnari autore e interprete di agire tutta la dirompenza del camp (quella autoironia esagerata tutta al femminile con la quale diverse generazioni di uomini omosessuali si sono difese dal pubblico ludibrio) agendolo  non solamente nel testo ma anche nella messinscena:

non sono camp solamente le continue frecciatine al moralismo italiota o alla stravaganza di certa omosessualità,  è squisitamente camp anche il teatro nel teatro con il quale DI-VI-NA irretisce, seduce e sfotte il pubblico costringendolo a guardare il proprio ombelico sessuofobico e ipocrita. Così, mentre il pubblico ride di se stesso credendo di ridere dei gay, Castagnari gli fa toccare con mano il dolore della discriminazione  subita da tante generazioni di persone omosessuali che sanguinano come chiunque altra.

In un gioco di rispecchiamento continuo DI-VI-NA ci racconta di se stesso, Alex, al di fuori dal palcoscenico, dell’amore della sua vita Max, dei suoi rimorchi, di quando va a battere (che per le persone gay non significa prostituirsi ma cercare qualcuno che ci sta) della sua infanzia con un padre omofobo che lo ha cacciato di casa anche se Alex lo ha poi scoperto a fare sesso con un prostituto…

Castagnari restituisce sempre con un favoloso gusto Camp (la cui spiegazione della parola che dà al pubblico è la più impeccabile che abbiamo mai ascoltato) la weltanschauung di un paio di generazioni di persone omosessuali che si muovevano in un mondo, in una Italia, ostile, che tollerava l’omosessualità relegandola nelle discoteche (come la romana l’Angelo Azzurro, rievocata da DI-VI-NA con una nostalgia nella quale chi ha frequentato il posto vi si riconosce) quando non c’erano ancora gli odierni spazi sociali nella quotidianità nei quali le persone omosessuali potessero semplicemente essere.

Ed è chiaro allora il divario culturale tra le generazioni del passato e quelle contemporanee è anche nel linguaggio usato: quello che per Alex è un padre omosessuale represso, per le generazioni contemproanee è un bisessuale o un uomo dall’orientamento sessuale fluido. Castagnari conosce benissimo le parole della contemporaneità (come quando ricorda un amico e una amica transgender e omosessuali) ma sono altre le parole con cui è cresciuto, parole forse antiche ma ancora tanto comuni imparate anche negli annunci delle riviste porno (sfoderando in scena una copia autentica di Doppio senso primo giornale pornografico gay tutto italiano degli anni 70\80).

Castagnari sa bene che la libertà contemporanea di costituire famiglia (anche se sotto la definizione di formazioni sociali specifiche come recita la legge sulle unioni civili) e di pensarsi nel mondo con lo stesso ventaglio culturale delle persone etero è una conquista (se la è) guadagnata con le unghie e con i denti dalle generazioni di travestiti e culattoni che rivendicano la propria specificità come a voler resistere all’implicita normalizzazione che ogni riconoscimento legale e sociale comporta.

Nello spettacolo la discriminazione acquista così una prospettiva storica di una incredibile lucidità e percezione di sé e degli altri individui (me. Castagnari quanto devi saperti vedere bene dentro per capire le altre persone con tale chiarezza?).

In questo gioco di racconti, ricordi e considerazioni le canzoni hanno un ruolo fondamentale diventando parte integrante del testo.

Castagnari infatti non si limita a presentarci delle perle d’interpretazione, ogni canzone cantata sottolinea un passaggio del testo e restituisce la complessa tessitura di citazioni, riferimenti, emozioni che mette in scena.
Che sia Madonna o Gloria Gaynor, Roberta Flack o Carol King Castagnari ci offre una versione precisa della canzone grazie anche agli arrangiamenti scritti con il maestro Andrea Calvani che lo accompagna al pianoforte, e grazie alla commistione di più canzoni, non un medley ma un vero e proprio mash-up (Calvani ha usato l’espressione sporcare le canzoni che ci è piaciuta molto di più): le canzoni, così giustapposte e integrate, acquisiscono nuove sinergie tra melodie che stanno così bene insieme da far venire il dubbio se non lo siano state da sempre…

Attenzione però. Il criterio di scelta delle canzoni non è un facile repechage nostalgico, ma una selezione dotata di gusto e cultura musicali non usuali: solo Castagnari riesce a rimanere pienamente credibile e coerente quando dopo La bambola di Patty Pravo canta Brecht\Kurt Weill.

E che il camp (quando è fatto con gusto e cultura)  non sia né frivolo né superficiale Castagnari ce lo mostra con un coup de théâtre magnifico che ovviamente non vi sveliamo ma che costringe il pubblico a rivedere i collegamenti e i (pre)giudizi coi quali si era spiegato personaggi e situazioni viste nello spettacolo.

DI-VI-NA è dotato di una eleganza interpretativa e di scrittura inusuali per l’Italia e più facilmente riscontrabili nel nord d’Europa (o negli Stati Uniti).
A quella cultura musicale e teatrale Castagnari contrappone una cultura tutta italiana che sa competere allo stesso livello con quella di cui si fa temibile concorrente in un’apoteosi del personaggio, dell’interprete, dell’autore e del regista. Lo spettacolo è andato in scena all’OFF/OFF Theatre di Roma fino al 4 febbraio.

Mr. Castagnari, chapeau!





(4 febbraio 2018)

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