Roma, Teatro Tordinona #Vistipervoi “Hamletown”: finalmente uno spettacolo onesto

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di E.T.  twitter@iiiiiTiiiii

 

 

 

 

 

E’ bello leggere il cartello sold-out sul manifesto di uno spettacolo e scoprire di essere stati invitati alla replica straordinaria allestita per soddisfare le richieste degli spettatori del Teatro Tordinona. E’ bello in una città difficile come la Capitale dove troppo spesso, anche per colpevole responsabilità di chi il teatro lo fa, le sale sono vuote o semivuote di amici. Abbiamo visto per voi “Hamletown” interessante lavoro per la regia di Gianluca Paolisso, autore anche della drammaturgia. La storia è nota ed è più che ispirata dal dramma shakespeariano che mai come in questo momento, si presenta in tutta la sua attualità, con le lotte spietate per il potere per il potere come se non ci fosse futuro.

Paolisso mette in scena “Hamletown” rispettandone le sontuose radici e scegliendo, con l’umiltà del buon artigiano, di lavorare sulle proprie intuizioni con intelligenza, affidandole ad un cast di buonissimi attori, e di dividere la storia in quadri, con frequenti “neri” che penalizzano – ma è solo un’opinione – la fruizione dello spettacolo nella sua completezza. Amleto, non sempre all’altezza della sua follia, è l’angelo sterminatore che vendica la morte del padre spinto dal fantasma di quest’ultimo e da tutti i fantasmi che popoleranno, morte dopo morte, il suo presente di morte. Lui che dice di cercare la vita e l’amore.

Tutto lo spettacolo ruota attorno alla sete di potere ed alla mancanza d’amore come vero cancro dei tempi moderni, ed anche passati, e pecca di una certa mancanza di chiarezza drammaturgica rispetto alla morte di Claudio, zio di Amleto, e di un finale che sembra il preludio all’uscita degli attori per gli applausi. Ma sono peccati veniali. Gli attori, uno per uno nello stesso ordine con il quale appaiono nel programma di sala, vanno citati: Simone Bobini è un autorevolissimo Re Claudio che regala il piacere del potere attraverso il piacere del potere, come sempre tecnicamente ottimo e padrone di se stesso e della scena; Christian Pagliucchi è un Amleto che non sempre governa le emozioni necessarie al suo personaggio, ma che se la cava comunque bene nel difficile ruolo affidatogli. Michela Ronchi (Ofelia) è una presenza che si vorrebbe meno eterea e più Ofelia, è il parere di chi scrive che non è il regista dello spettacolo, ma che dimostra professionalità e padronanza del corpo, insieme ad una inaspettata dolcezza proprio quando serve. Eva Sabelli è Gertrude vessata consapevolmente dai suoi uomini e preda del piacere di esserlo. Intenso il suo monologo finale. Piero Grant è Polonio, bene in parte. Marco Guglielmi e Dalila Aprile sono Guildestern e Rosencrantz inebriati dalla loro stessa malvagità che – sulla scena – prende loro a volte la mano. Comunque, efficaci.

Paolisso sceglie di ambientare “Hamletown” in un mondo sull’orlo del baratro, che non è niente di meno del nostro quotidiano. La scelta lo premia e gli attori lo seguono. Confeziona così uno spettacolo, nonostante alcune indecisioni, più che gradevole, ben fatto e scevro dalle pomposità e dal “cambieremo la storia del teatro” di cui sono consapevoli vittime troppe compagnie capitoline. E’ bello vedere il teatro trattato come mestiere e non come trampolino per la scalata sociale.

Finalmente, concluderemmo, uno spettacolo onesto col teatro e con gli spettatori, oltre che con la progettualità della Compagnia C.T. Genesi Poetiche, che lo produce.

 

 

(12 febbraio 2017)

 




 

 

 

 

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