“Il sentiero dei passi pericolosi” di Michel Marc Bouchard #Vistipervoi al teatro dell’Orologio di Roma

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foto: Mauro Biondillo
foto: Mauro Biondillo

di Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

 

 

 

 

 

Michel Marc Bouchard scrive Il sentiero dei passi pericolosi nel 1998 intrecciandovi alcuni dei temi ricorrenti della sua drammaturgia, i rapporti familiari all’interno di una borghesia piccola, anche umanamente.
Tre fratelli che hanno perso entrambi i genitori, si ritrovano insieme il giorno del matrimonio di Carl, il più giovane dei tre, persi nel bosco dove da piccoli erano soliti andare col padre, in seguito a un incidente stradale che li ha storditi al punto tale da farli muovere in circolo senza più trovare la via d’uscita. Nell’emergenza della situazione, privati delle difese delle convenzioni sociali, il loro carattere emerge nudo e puro tradendo una solitudine che è sì quella concreta dell’assenza materna e paterna ma è anche quella caratterizzata dall’assenza di un orizzonte di valori comune, la cui mancanza i tre sembrano rinfacciarsi l’un l’altro.
Carl annaspa dinanzi la confessione disperata di Ambroise di essere stato innamorato di lui da adolescente (la più bella descrizione dell’amore di un uomo per un altro uomo che abbiamo mai sentito a teatro), mentre Victor commenta l’amore del fratello per gli uomini cameratescamente (“non capisco come fai, gli uomini sono bugiardi, infidi, immaturi”). Per contro Ambroise disprezza l’orizzonte piccolo borghese di entrambi più per classismo che per odio verso la discriminazione omofoba che quell’orizzonte costituisce non denigrando il matrimonio fatto “secondo la tradizione” di Carl, e i premi di produzione nel lavoro di Victor. Tra questi disprezzi reciproci emerge però un “segreto inconfessabile” che riguarda quel luogo dove, scopriremo, loro padre è morto affogato.
Un luogo nel quale i tre fratelli navigano a vista, dove il rischio della caduta, fisica e morale, è dietro ogni singolo passo del titolo.

La messinscena di Simone Schinocca, della compagnia torinese Tecadà, prova a suggerire questo senso di soffocamento e pericolo facendo entrare il pubblico in una sala pervasa da uno spessissimo fumo bianco, che costringe a muoversi con cautela anche per cercare le poltrone e che permane per tutta la messinscena.

Un fumo  dal quale si sprigionano gli splendidi riverberi delle luci che, a mo’ di quinte, separano o invece uniscono i personaggi, la cui intensità e attenuazione segue o anticipa i loro stati d’animo.
Bouchard sviluppa la pièce simmetricamente facendo interagire Abroise prima con Carl e poi con Victor con la ripetizione di alcuni dialoghi che rimandano all’incidente che li ha costretti là.

Incidente che Simone Schinocca, con una felice ed elegante intuizione registica, riproduce sulla scena più e più volte, facendo muovere i tre interpreti al rallentatore mossi dall’incidente a bordo del camion di Victor, in delle sospensioni del tempo (sottolineate anche da una partitura sonora efficace e mai esornativa) come fossero il ricordo improvviso dei momenti terribili che hanno preceduto l’inizio della pièce.

 

A distanza di quasi 20 anni il testo risulta forse un po’ datato nel presentare un omosessuale attanagliato dall’Aids (Ambroise riporta che Martin, il suo compagno, morente di Aids si rifiuta di farsi vedere da lui), ancora rancorosamente convinto che, per combattere l’omofobia della morale borghese, debba “dare scandalo”, ma alla sprovvedutezza di Ambroise fanno da contraltare quelle di Victor e di Carl in un equilibrato ritratto dei disastri della famiglia borghese o di quel che ne resta.

 

Mauro Parrinello, Andrea Fazzari e Matteo Sintucci, sapientemente diretti, sanno restituire i loro personaggi rimanendo magistralmente in bilico tra il registro naturalistico e quello simbolico/onirico di una pièce di difficile interpretazione e squisitamente teatrale, dannandosi l’anima per restituire le emozioni che travolgono i loro personaggi.
Un’energia fortissima che investe il pubblico che reagisce con degli applausi ripetuti e meritatissimi.

Lo spettacolo è andato in scena al Teatro dell’Orologio in Roma dal 3 al 5 febbraio 2017.

 

 

(7 febbraio 2017)

 




 

 

 

 

 

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