NOpS Festival: un gioiello chiamato “Parigi 3:30” ed altre cosette

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di E.T.  twitter@iiiiiTiiiii

 

 

 

 

 

 

Chi ha avuto occasione di leggere le recensioni precedenti sappia che siamo costretti a riscriverle per un problema legato al database che, inopportunamente, ci ha cancellato tre giorni di aggiornamenti. Il NOpS festival si è aperto con lo spettacolo “Anche l’Attore va in Paradiso”, parafrasi da CGIL leghista del famoso “La Classe operaia va in Paradiso” che, dopo un’opportuna chiacchierata con la compagnia e la lettura del testo originale (molto interessante) avrebbe avuto bisogno dell’aggiunta di altri dettagli anche nella stesura originale della recensione andata persa. Di fatto lo spettacolo non mantiene le promesse che la regista ci ha offerto in scena nel pre-spettacolo, soffre di soluzioni improvvisate, di inesperienza e di una certa spocchia intellettuale mal celata: stiamo sempre a sentirci salvatori della patria qualsiasi idea noi si abbia. E’ un difetto nazionale. La regista Sofia Bolognini non si occupa degli attori e delle attrici  (Andrea Zitti, Mauro De Maio, Giorgia Narcisi, Alessandra Cimino e Nicole Petruzza) che sono giovani, belli e talentuosi – un patrimonio sprecato – ma si bea del sentirsi buona occupandosi del “sociale”. Parla di attori che si esibiscono solo davanti ad altri attori che è esattamente ciò che BologniniCosta stanno facendo, e francamente la denuncia sociale fatta in quel modo proprio non la capiamo.

Uno dei fondatori della compagnia, il performer e musicista Dario Costa, durante l’incontro finale tenutosi a Roma nel post NOpS bevendo ottimo vino, si è lanciato nella difesa a spada tratta del suo progetto, ed ha fatto bene. Se ci crede ne farà un successo. Di fatto ciò che si è visto in scena non mantiene nemmeno le premesse del programma di sala. Per non parlare di ciò che è stato trasmesso verbalmente al pubblico da Bolognini. Con tante scuse.

(P.S. Mi scuso con coloro che hanno letto la prima stesura della recensione e che non sono stati citati e quindi trascinati nel pessimo giudizio che questo cronista ha dato dello spettacolo. A volte cercando di difendere il teatro si offende chi il teatro lo fa, e senza volerlo)…

 

Back to life con Parigi 3:30, gioiello di grande bellezza scritto da Samuele Boncompagni che offre uno spaccato di una Parigi trafitta notturna da lancinante solitudini. Ilaria Manocchio, Valerio Riondino e Aléksandros Memetaj (en travestì) offrono un momento irripetibile e di grandissimi intensità, quasi almodovariana. Corto teatrale di 7′ ci ha lasciati a bocca aperta. Ne avrei volute tre ore.

L’Imbroglietto è un divertissement all’interno del quale due italianucoli cercano con l’inganno (la corruzione) di non pagare il biglietto d’entrata per visitare un teatro all’italiana (“…e se fossimo in Germania?”) del costo di 2 euro a testa. L’inganno consiste nel dire alla cassiera di non essere in possesso dei due euro a testa per l’entrata e di corromperla quindi con 50 euro per avere i biglietti omaggio. Soooo italian… Bravi Chiara Acaccia (leggermente preda delle sue emozioni più che di quelle dell’attore) e Valerio Riondino. Abbiamo riso tanto.

Poi arriva Reigen, diretto da Massimo Stinco, spettacolo del quale non è proprio possibile scrivere nulla.

 

 

 

(15 dicembre 2016)

 

 

 

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