A Venezia “Entremeses” di Cervantes, il nostro Emilio Campanella c’era #Vistipervoi

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"Entremeses" foto: Andrés de Gabriel
"Entremeses"  foto: Andrés de Gabriel
“Entremeses” foto: Andrés de Gabriel

di Emilio Campanella

 

 

 

 

 

Il Teatro de la Abadìa di Madrid ha presentato il 3 e 4 dicembre, al Teatro Goldoni di Venezia, riproponendolo, un suo storico spettacolo: Entremeses, per la regia di José Luis Gomez, come celebrazione del ventennale della compagnia, e, contemporaneamente, del quarto centenario della morte dell’autore Miguel de Cervantes. Si tratta di una scelta di tre degli otto testi di questo gruppo di “farse”, raccolte in volume, insieme con la sua seconda produzione teatrale, nel 1615. Intermezzi, dunque, alcuni dei quali desunti dalle sue Novelle Esemplari. Si tratta di veloci schizzi di situazioni comiche di rara sottigliezza nel tratteggiare i caratteri, le situazioni, i meccanismi, mostrando fra le righe, ma anche scopertamente, la fortissima oppressione sociale ed il tacco violento del Tribunale dell’Inquisizione. Spesso si coglie la posizione di Cervantes nei confronti di tensioni sociali, razziali, discriminazioni religiose, e la divertente e divertita denuncia dell’ipocrisia.

In due ore scarse, la compagnia, affiatatisima, recita, danza, canta anche grazie al bravissimo percussionista/rumorista in scena. L’impianto fisso è costituito da tre grandi pannelli/quinta al centro del quale si apre un varco/porta; davanti a questo, un grande albero come secco cui si sale grazie ad una scala,un po’ goyesco, direi;s eggiole ai lati della scena, con i costumi che gli attori indosseranno via via dando vita a “La Grotta di Salamanca”,”Il vecchio geloso” ed “Il teatrino delle Meraviglie”. Con una notevole capacità acrobatica, tempi teatrali perfetti, recitazione dai ritmi rapinosi, gestualità precisa e senza sbavature. Ma tant’è.

Nonostante tutte questa qualità, lo spettacolo sembra non passare, ed è stato palpabile dalla reazione del pubblico, attento e spesso reattivo a certe belle battute del testo, quindi che conosce lo spagnolo, e non aveva certo bisogno di leggere i sopratitoli, strumento, peraltro lodevole, ma che fa sì che la risata, arrivi, ovviamente, qualche secondo dopo. Un buon numero di chiamate, molta simpatia, ma più cortese che convinta, di uno spettacolo, che, a mio avviso, risulta un po’ datato nel suo insieme, e non scevro da strehlerismi.

 

 

 

 

(4 dicembre 2016)

 

 

 

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