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Sabato, domenica e lunedì. Torna in scena dopo ventuno anni la commedia di Eduardo De Filippo

Chiacchierando all’uscita del Teatro Argentina di Roma, dopo aver assistito alla rappresentazione della commedia di Eduardo De Filippo Sabato, domenica e lunedì per la regia di Luca De Fusco, mi sono accorto che era da tempo che non vedevo un classico del teatro italiano e che ogni tanto fa proprio bene recuperare la bella sensazione di spettacoli allestiti a regola d’arte. Tre ore dense in piena immersione nella vicenda della famiglia Priore: Peppino e Rosa, i coniugi; Roberto, Rocco e Giulianella, i figli; il nonno svalvolato; la stravagante zia Memè e suo figlio; e poi fratelli dei coniugi e fidanzati dei figli; insomma, una famiglia allargata.

Nell’arioso spazio scenico in forma di anfiteatro si aprono tante finestre verso il cielo e il mare di Napoli, piccoli e grandi balconi che comunicano con gli altri inquilini del palazzo e alimentano la naturale vita tra vicini di casa. Finestre che fanno da quinta ai protagonisti dentro e fuori la scena, insieme a un gioco di luci che invitano a immergerci in un fine settimana come tanti della famiglia Priore, quando invece sta per scatenarsi il putiferio.

La scena si apre durante il sabato, mentre la signora Rosa (Teresa Saponangelo) è alle prese con il rito della preparazione dell’immancabile ragù domenicale. La sensazione è di straniamento per un intreccio tra le immancabili battute sulla composizione del sugo più famoso al mondo e una recitazione che appare meccanica, a volte troppo recitata, diciamo un percorso in salita verso una scioltezza che però va via via guadagnando il procedere dei fatti. Indimenticabili, comunque, le battute sul ragù, anch’esso uno dei protagonisti della storia. Dove si prepara, nel tiano di terracotta o nella casseruola di rame? E poi girare senza sosta il pezzo di annecchia, tanta cipolla da soffriggere in modo da formare intorno al pezzo di carne una crosta nera, che con il vino bianco darà vita a una sostanza caramellosa da amalgamarsi con la conserva di pomodoro che deve peppiare per quattro o cinque ore in modo da raggiungere quel colore palissandro scuro: se non è poesia questa. Un ragù che però è anche l’elemento scatenante delle tensioni in famiglia.

Se il sabato passa licio, la domenica è una catastrofe. La famiglia è riunita attorno a una lunga tavolata apparecchiata di bianco e con il servizio buono, pronta a gustare il famoso ragù con gli ziti, quando Peppino Priore (Claudio Di Palma) esplode in rancori, gelosie immotivate, tradimenti immaginati. In scena irrompe il non detto, l’altro grande protagonista della commedia eduardiana. Scritta nel 1959, il testo si concentra sul tema molto in voga nel tempo presente. L’incapacità di ascoltarsi, di raccontarsi, di nascondere i livori fino a scoppiare in attacchi di rabbia, se non d’ira vera e propria, è dalla notte dei tempi una delle cause del naufragio di ogni tipo di relazione. Immaginiamo gli effetti del non detto, amplificati da famiglie allargate come quella dei Priore che oggi non esistono più; ma anche nelle ristrette famiglie attuali il non detto è sempre in agguato, non concede tregua, mina ciò che rimane della volontà di costruire qualsiasi tipo di legame. Deflagrato lo scandalo, il nucleo familiare però si compatta di fronte all’intemperia, si fa scudo per proteggere le dinamiche consuete che ne garantiscono la sopravvivenza nel tentativo estremo di ricomporre l’equilibrio iniziale. Non a caso la zia Memé (Anita Bartolucci), la donna più emancipata e intellettuale della famiglia, consiglia agli altri di leggersi “Il gattopardo”, forse per dare un indizio di come sarebbe opportuno rivoluzionare qualcosa perché niente cambi nelle dinamiche del gruppo. Come dichiara lo stesso De Fusco: «La famiglia De Piscopo è una vera famiglia, compatta e affezionata ai propri rituali. Ci commuove perché sa curare le proprie ferite e tiene alla salute del gruppo come ad un valore. Le donne, com’è giusto che sia, non preparano più la camicia e i calzini ai mariti e non dedicano più ore ed ore alla preparazione del mitico ragù. Quella famiglia si reggeva però su un equilibrio, che non abbiamo ancora ritrovato. Rileggendo questo capolavoro ci viene da rimpiangere più l’equilibrio perduto che l’anticipazione dei futuri conflitti. Ed emerge forse il rimpianto di Eduardo per una famiglia “normale”, da lui mai avuta.»

Nella commedia c’è una linea di modernità che lo attraversa, non solo nella descrizione delle dinamiche familiari, ma anche nella rappresentazione di un mondo che sta cambiando. Il nonno un po’ rimbambito racconta sempre della sua famosa ditta di cappelli, rilevata dal figlio Peppino, che l’ha trasformata in un negozio di abbigliamento. Arriva anche il nipote prediletto Rocco, il quale anch’egli sta per aprire una nuova attività in una delle strade alla moda di Napoli. Fuori della loro casa dalle tante finestre, la realtà sta cambiando e tutto questo sarà fonte di attriti e di tensioni tra i componenti del gruppo.

Per fortuna che arriva lunedì. Siamo nella parte finale della commedia, dove le inceppature iniziali nella recitazione si sono ormai sciolte e la scena della riconciliazione tra Rosa e Peppino vale uno spettacolo a sé. Molto bravi gli attori a incarnare il confronto pacato e affettuoso, a dare vita all’ascolto che mancava nella coppia, a curare gli affetti trascurati, il tutto sottolineato dalla regia fedele alla partitura di Eduardo, senza scossoni, come è giusto che sia. Le uniche eccezioni sono un pezzo di Schubert che apre e chiude la pièce, oltre al violino di Paganini in altri momenti della rappresentazione.

Da citare inoltre, che in occasione del debutto dello spettacolo Sabato, domenica e lunedì, il Teatro di Roma, in collaborazione con la Fondazione Eduardo De Filippo, presenta Sabato, domenica e lunedì. La mostra 1959-2025, una esposizione a cura di Serena Schioppa, con la consulenza storico-artistica Maria Procino, dedicata alla storia e alla fortuna della celebre commedia eduardiana, dal suo debutto nel 1959 fino a oggi. Attraverso pannelli, immagini, costumi e oggetti di scena, il percorso espositivo, che abiterà la Sala Squarzina del Teatro Argentina dal 25 novembre al 4 gennaio, per tutte le rappresentazioni dello spettacolo diretto da Luca De Fusco, ne ricostruisce la genesi e la diffusione internazionale, rendendo omaggio non solo a Eduardo De Filippo, ma anche all’eredità artistica di Luca De Filippo, a dieci anni dalla sua scomparsa.

 

Sabato, domenica e lunedì

commedia in tre atti di Eduardo De Filippo

regia Luca De Fusco

con Teresa Saponangelo (Rosa Priore), Claudio Di Palma (Peppino Priore)

e con Pasquale Aprile (Roberto), Alessandro Balletta (Federico), Anita Bartolucci (Amelia Priore), Francesco Biscione (Antonio Piscopo, padre di Rosa), Paolo Cresta (Raffaele Priore, fratello di Peppino), Rossella De Martino (Virginia, cameriera), Renato De Simone (Attilio), Antonio Elia (Dottor Cefercola- Catiello, sarto), Maria Cristina Gionta (Elena), Gianluca Merolli (Rocco), Domenico Moccia (Michele), Alessandra Pacifico Griffini (Maria Carolina), Paolo Serra (Luigi Ianniello), Mersila Sokoli (Giulianella)

scene e costumi Marta Crisolini Malatesta

luci Gigi Saccomandi

aiuto regia Lucia Rocco

prodotto da Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Biondo di Palermo, LAC Lugano Arte e Cultura

Visto per voi al Teatro Argentina di Roma il 26 novembre 2025.

 

 

 

(27 novembre 2025)

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