Antigone tra teatro, danza e parole

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foto: Mats Bäcker

di Andrea Mauri

Standing ovation al Teatro Argentina per la prima mondiale di Antigone nella visione innovativa del coreografo norvegese Alan Lucien Øyen, una delle voci più emozionanti della scena teatrale contemporanea. Lo spettacolo è stato un’incursione a Roma nell’ambito del Teatro Ostia Antica Festival dal titolo Il senso del passato.

Il sipario si apre su una scenografia semplice, ma di fortissimo impatto. Un corpo pende impiccato al centro della scena. Sullo sfondo, sette pannelli di legno grezzo a rappresentare le sette porte di Tebe. I pannelli sono muri, sono quinte, sono passaggi, sono grotte, sono rifugi; vengono ribaltati dagli stessi danzatori in scena e fanno da sfondo alle immagini che una steadycam segue le performance, avendo l’opportunità di esplorare le espressioni degli attori in azione.

Con una messa in scena che fonde teatro, danza e parola, questa produzione si inserisce nella grande tradizione del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch, insieme al talento di Antonin Monié dell’Opera di Parigi e della compagnia Winter Guests, guidata dallo stesso Øyen. Prende spunto dalla tragedia di Antigone, la forza e la determinazione di una donna che vuole seppellire con tutti gli onori della morte il fratello Polinice, nonostante il divieto del re di Tebe, Creonte. Una donna che va contro il potere, che non si presenta alla Storia come vittima, ma con la forza di portare avanti un obiettivo nonostante la vita stessa le si rivolti contro.

Uno spunto, dicevamo. Perché l’Antigone di Alan Lucien Øyen attraversa il mito per restituire una storia assolutamente contemporanea. La danza corale all’inizio dello spettacolo mette in evidenza come la comunità degli umani tende a solidarizzare con il dolore del prossimo. Il gruppo si fa coeso, danza all’unisono in un’armonia che tranquillizza, ma che destabilizza anche, perché in agguato è la rottura dell’equilibrio, la violenza, il sangue, la morte. Nelle parti recitate in inglese (con i soprattitoli in italiano proiettati sul fondo della scena) si elencano le donne e gli uomini vittime di morti violente, innescando il tema della giustizia, come cardine della rappresentazione. La fusione di linguaggi espressivi dà nuova vita alla tragedia senza tempo di Sofocle, esplorando anche gli altri dilemmi universali dell’essere umano: dovere, dignità, moralità e la complessità del potere.

Quel potere che spinge gli uomini a unirsi e a dividersi, a combattere in una lotta perenne, rappresentata dalla danza di due fratelli che lottano fino allo sfinimento o da quella di uomini che si preparano a imbracciare armi per sparare contro un corpo qualsiasi, pistole che sono sempre pronte a colpire. Assistiamo a un profondo sbandamento e alla conseguente inevitabile solitudine. Una donna parla con Alexa dalla voce maschile, come se fosse un amico al quale chiedere consigli sulla sopravvivenza in un mondo violento.

Le creazioni del coreografo norvegese, caratterizzate da una scrittura profonda e cinematografica in cui realtà e finzione si intrecciano in narrazioni visivamente mozzafiato, offrono al pubblico un’esperienza intensa, emotiva e immersiva. Nella performance c’è un continuo passaggio tra scena e pubblico, il resto dell’umanità altrettanto coinvolto nella danza della Storia. La seconda parte dello spettacolo inizia con alcuni attori seduti su sedie di legno reclinabili con il sipario chiuso alle spalle e un’attrice in piedi. Nel silenzio, intona versi di uccelli nella foresta, passa il microfono ai colleghi e ognuno riproduce altri versi di animali, trasformando la sala del teatro in un bosco immaginario. Fa pensare all’atmosfera inquietante degli Uccelli di Hitchcock, la tensione che si riflette nel gesto universale di richiesta di aiuto delle donne in pericolo, il Signal for Help come monito alla tragedia di Antigone.

Il sipario si apre e c’è spazio per l’amore. L’interrogativo della seconda parte è: l’amore può vincere le ingiustizie? E la giustizia può essere scavalcata dall’amore? Mentre una rosa viene distrutta con il dolore, i performer scendono in platea e fanno leggere dei bigliettini al pubblico. La frase è molto eloquente: remember to love, ricordati di amare. E la rosa in mano all’attore sul palco viene ricostruita petalo dopo petalo e offerta in platea. La risposta al quesito prende forma e il gruppo si ricostituisce nella danza circolare dell’inizio.

In sostanza, Antigone è una rivisitazione radicale della tragedia, che fonde la poesia fisica del teatro con la danza contemporanea e la parola recitata.

Ha dichiarato Alan Lucien Øyen: “Questa produzione mira a riscoprire le idee all’interno del testo – non solo le parole – attraverso una performance profondamente umana e viscerale, che affronta dilemmi irrisolti come la dignità, la complessità del potere e il costo della resistenza – temi ancora oggi estremamente attuali.”

Antigone
regia e coreografia
Alan Lucien Øyen

con
Enoch Grubb, Douglas Letheren, Pascal Marty, Antonin Monié, Nazareth Panadero, Héléna Pikon, Julie Shanahan, Fernando Suels Mendoza, Meng-Ke Wu
collaboratori creativi
Daniel Proietto, Andrew Wale

 

Visto per voi al Teatro Argentina di Roma il 22 luglio 2025.

 

 

(23 luglio 2025)

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