di Alessandro Paesano
Brother To Brother, presentato alla decima edizione di Fuori Programma, il Festival di danza di ORBITA|Spellbound Centro Nazionale di Produzione della Danza, conferma la necessità del lavoro di Roberto Zappalà, che da 35 anni, con la sua compagnia, declina la ricerca coreutica con quella sul nostro immaginario collettivo, riscritto e rielaborato da una grammatica coreutica mai uguale a se stessa.
I due fratelli del titolo sono i due vulcani Fuji ed Etna, simboli dei due poli oriente – occidente incarnati dal cospicuo corpo di ballo della compagnia (9 elementi) e dai tre componenti dei Munedaiko un gruppo di studio dedicato alla pratica ed alla valorizzazione del tamburo tradizionale giapponese “Taiko” (太 tai 鼓 ko: grande tamburo).
L’incontro tra culture avviene a livello musicale e coreografico. Le percussioni dei Munedaiko costituiscono la partitura sonora sostenuta anche da strumenti a fiato e da una musica pre-registrata che costituisce un tappeto sonoro che integra danza movimento silenzio e ritmica delle percussioni.
L’incontro e confronto tra le due culture avviene con un approccio scevro da ogni intento di colonizzazione culturale. Non c’è nella danza di Zappalà tentativo alcuno di appropriarsi della cultura orientale o di trasformarla in istanze a lei estranee. Al contrario il confronto avviene sempre con il linguaggio coreutico dove gli elementi delle due culture non sono mai semplificati ma sempre richiamati, elaborando un immaginario collettivo che viene riscritto senza cercarne la conferma o la riconoscibilità immediata quanto, piuttosto, proponendone una riscrittura inedita tutta da guardare.
Zappalà non propone una sintesi ma analizza come la cultura orientale abbia effetto sul nostro immaginario collettivo e, al contempo come il nostro immaginario sappia gestire elementi altri, estranei, lontani.
Così danzatori e danzatrici propongono un linguaggio del corpo che crea una prossemica unica che si dipana tra momenti di assolo a momenti d’ensemble, magnificamente eseguiti, dando forma a un unico corpo danzante.
Il pubblico può riconoscere elementi e stilemi sparsi in una coreografia che cerca e trova una sintesi tra elementi fisici (la postura delle braccia, i gesti delle mani) che non si presentano mai come citazione o omaggio ma sempre come riscrittura, rivisitazione, dove le peculiarità della forma orientale servono a modificare la tradizione occidentale.
La distinzione tra danza e percussioni viene subito cancellata: se da un lato i tre performer del gruppo Munedaiko si muovono sul palco tra i danzatori e le danzatrici (spostando ora i tamburi, ora rendendo coreografici i gesti di percussione), il corpo di ballo usa i bastoni di percussione per ribadire un ritmo (tripartito, andando ad armonizzare le percussioni con una precisione sorprendente e un effetto coreutico-musicale indimenticabile), usa dei bracciali con delle sfere che, agitati, producono un suono, oppure impiegano dei ventagli come elemento scenografico-coreutico dando allo spettacolo un aspetto multidisciplinare il cui collante è il movimento coreografico scritto con un linguaggio sorprendentemente moderno e contemporaneo.
I costumi, splendidi, caratterizzano ogni interprete con uno stile unico al di là di ogni stereotipo di genere (ci sono uomini che indossano gonne pantalone o gonnellini plissettati che ricordano quelli di un quadro di Franco Gentilini presente alla Collezione Cerasi di Roma) mentre le donne indossano pantaloni e dove il rapporto tra i corpi non segue nessuna gerarchia dei generi, a cominciare dal rossetto che disegna sulle labbra di danzatori e danzatrici una forma a cuore (rielaborazione del trucco da geisha) che, in certi momenti, diventa strumento di una espressione facciale consona al pittogramma (le bocche si contraggono diventando la figura disegnata dai rossetti)
La coreografia chiede molto impegno al corpo di ballo e ai tre percussionisti che, dopo un’ora di danza senza interruzione, nel caldo del cortile del teatro India, è stremato, sudato, splendidamente soddisfatto, mentre il pubblico non smette di applaudire e chiama danzatori danzatrici e musicisti (ma il sostantivo sta loro stretto) sull’impiantito (la cui platea è disposta su tre lati) più e più volte. Uno spettacolo in anteprima mondiale presentato in versione site specific.
Brother to Brother – dall’Etna al Fuji site specific version
Regia e coreografia: Roberto Zappalà
Musica live: Munedaiko (Mugen Yahiro, Naomitsu Yahiro, Tokinari Yahiro)
Soundscape: Giovanni Seminerio
Drammaturgia: Nello Calabrò
danza e collaborazione, i danzatori della Compagnia Zappalà Danza:
Samuele Arisci, Loïc Ayme, Faile Sol Bakker, Giulia Berretta, Anna Forzutti, Dario Rigaglia, Silvia Rossi, Damiano Scavo, Alessandra Verona.
Luci e costumi: Roberto Zappalà
Realizzazione costumi: Majoca
Visto per voi al teatro India di Roma il 3 luglio 2025.
(5 luglio 2025)
©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata