di Andrea Mauri
Nelle grotte del Teatro dei Documenti di Roma si muovono corpi e anime a rappresentare la storia parallela di una coppia di anziani, Virgilio (Giulio Farnese) e Beatrice (Nunzia Greco), eredi di un cugino di lui di una casa in Toscana.
I ricordi del cugino rievocati dalla coppia, le scelte che vengono dall’eredità, gli imprevisti che ne conseguono, sono davvero frutto dell’agire libero di Virgilio e Beatrice, oppure tutto è stato già scritto? È questo l’interrogativo principale che guida lo spettacolo, Quando verrà la fin di vita (e questa storia è già finita)? scritto e diretto da Stefania Porrino.
In una scena totalmente bianca in partenza, tra panche, tavoli e divani lungo il perimetro della grotta si muovono anche gli alter ego della coppia, il duo Vir (Rosario Tronnolone) e Bea (Evelina Nazzari), gli autori del destino degli anziani, entrambi seduti sul fondo della stanza con penna e quaderno in mano, a dirigere la vita dei loro specchi.
La narrazione della vicenda procede su questi due livelli, secondo il presupposto che l’ossatura della nostra esistenza sia già predeterminata alla nascita, mentre gli imprevisti nell’arco della vita siano il frutto degli autori che ognuno di noi possiede in base a una sorta di assegnazione fin dal primo vagito.
Sono Vir e Bea che suggeriscono a Virgilio e Beatrice di rimanere nella casa di campagna e di accettare la presenza di Pia (Carla Kaamini Carretti), la tuttofare che era al servizio del cugino defunto.
La trama procede secondo le regole di vari misteri che Virgilio e Beatrice si trovano a scoprire o forse che i loro autori hanno deciso di far loro scoprire, perché è arrivato il momento di mettere le carte in tavola, di capire molte cose della famiglia che erano rimaste sepolte. Insieme a tale svelamento, i panni dell’arredo della scena, prima bianchi, si srotolano in tele rosse, poi nere, per sparire del tutto secondo il procedere della trama.
Di più non si può raccontare, lasciamo il gusto di svelare l’intrigo, assistendo allo spettacolo. Ma una cosa possiamo dire: durante la pièce il dubbio degli spettatori, che è pure quello degli alter ego, è se sia opportuno o meno cambiare il destino degli anziani, oppure procedere secondo quanto scritto nei quaderni sempre aperti sulla pagina del presente.
Come dicevamo, lo spettacolo è un continuo rimando ai due livelli di narrazione, anche se a lungo andare diventa un po’ troppo annunciato il ruolo di Vir e Bea e le loro riflessioni sul da farsi appesantiscono il procedere della storia, ne rallentano il ritmo e creano una certa stanchezza nell’attenzione.
Noi del pubblico, entusiasti della trovata iniziale e curiosi di capire come funzionano i meccanismi del destino, ci troviamo invece durante lo spettacolo a sorvolare sulle parti recitate degli alter ego per concentrarci sulla storia principale che inizia ad assumere i contorni di un giallo da risolvere. Gli autori alter ego quasi diventano un leggero fastidio nel procedere della narrazione.
Peccato, perché gli attori sono molto bravi e il teatro con le sue grotte sotto il Monte Testaccio è perfetto per questa rappresentazione. Purtroppo, alcune scelte di regia hanno appesantito lo scorrere degli eventi e in qualche caso ne hanno anche anticipato le azioni, sfilacciando il gusto di noi spettatori di scoprire quello che sta accadendo sulla scena.
QUANDO VERRÀ LA FIN DI VITA (E QUESTA STORIA È GIÁ FINITA)?
scritto e diretto da Stefania Porrino
con Giulio Farnese, Nunzia Greco, Evelina Nazzari, Rosario Tronnolone, Carla Kaamini Carretti.
Visto per voi al Teatro dei Documenti, Roma, il 14 marzo 2025.
(17 marzo 2025)
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