Adelaide, Monaldo e Giacomo: uno sguardo inedito su casa Leopardi

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di Alessandro Paesano

Adelaide, contessa Leopardi di Antonio Mocciola, un autore di origini partenopee che ha all’attivo diversi testi per il teatro e di narrativa, affronta la figura di Giacomo Leopardi dal punto di vista familiare dei suoi genitori Monaldo Leopardi e Adelaide Antici, cui è intitolata la pièce.
In realtà nel lavoro teatrale le figure genitoriali e quella di Giacomo hanno lo stessa importanza e ogni  personaggio viene mostrato nella sua ambivalenza.
Adelaide, famosa per aver preso le redini amministrative dei beni di Monaldo, che per malagestione aveva accumulato debiti, è stata tramandata alla storia come donna bigotta, algida, severa, caratteristiche che la tradizione lega a una pagina dello Zibaldone nella quale Leopardi, per criticare gli effetti nefasti del cattolicesimo, descrive una madre che ha  conosciuto intimamente ravvedendovi Adelaide.
L’Adelaide di Mocciola però è anche bersaglio della crudeltà di Monaldo, bevitore, molestatore (anche del figlio) e che si rivolge all’integerrima consorte con parole volgari a sfondo sessuale. Sorprende la scelta di questa statura da bevitore inetto e privo di autorità maschile di Monaldo che si scosta dalla biografia dell’uomo che fu figura politica di spicco di Recanati. Interessante però la cifra duplice di Monaldo, vessatore di Adelaide ma tormentato in questo ammanco di autorità.
Anche la figura di Giacomo, costretto a umilianti visite corporali mediche  a causa della spondilite anchilopoietica giovanile di cui soffriva, una rara malattia che sarebbe stata la causa della sua bassa statura, dei suoi problemi cardiopolmonari, della deformità della sua spina dorsale e della vita breve, terminata a 39 anni, è mostrato nella ambivalenza di uomo di altissimo sentire ma anche capace di covar odio e risentimento che gli intossicano l’anima.
E mentre  amenta le umilianti visite mediche,  affermare in famiglia la propria gioia per l’amore provato per Antonio Ranieri, con il quale va a vivere a Roma, lasciando Recanati, decisione che vede, loro malgrado, Monaldo e Adelaide solidali  attendendo il ritorno alla casa natale del figlio.
L’impianto drammaturgico della pièce è intrigante perchè, accennando a fatti storici più (o meno) conosciuti, non si propone come documento, come ricostruzione filologica, ma impiega questi personaggi analizzandone la tradizione di studi storici tramite i quali sono giunti a noi, problematizzandone la mono-dimensinalità con cui ci sono stati tramandati.
I tratti manichei coi cui queste figure storiche sono state restituite alla storia vengono   capovolti e cancellati dal testo di Mocciola,  attento a indicare sempre l’oltre di ogni suo personaggio presentando sempre  un  punto di vista altro.

Mocciola è uomo di teatro e non vuole problematizzare delle figure storiche, a lui interessano dei personaggi che sono sì storici ma potrebbero benissimo essere di invenzione, presentandoceli con una autonomia dalla Storia (come il divieto materno di scriverle quando Giacomo lasciò Recanati, ben differente dalla Adelaide in scena).

Non tutto nel testo è sviluppato come avrebbe meritato. Stride per esempio la disinvoltura  con cui, a inizio della pièce, Monaldo si rivolge alla consorte, con un fraseggio troppo contemporaneo, non solamente dal punto di vista lessicale ma anche da quello dell’immaginario collettivo. Molto più equilibrato è invece il parlare di Adelaide e quello di Giacomo che, senza proporre facile soluzione in una lingua antica  più vicina a quella parlata nel 1800, riesce a trovare una giusta distanza tra la parola di allora e quella di oggi.

Il testo piuttosto che indugiare sugli aspetti controversi di una storiografia letteraria e critica (basti pensare alla reazione accademica difensiva e omofoba ogni volta che le lettere di Leopardi a Ranieri vengono lette in chiave omoerotica, come se il suo coinvolgimento per Ranieri gli impedisse di interessarsi alle donne… perchè, si sa, la bisessualità non esiste…) trova la sua forza nel contrastare il dualismo di cui oggi il nostro immaginario collettivo è vittima – anche a causa dei social – che precipitano ogni pensiero critico in tifoserie oppositorie pro o contro, bello o brutto.

Mocciola ci fa prima odiare Moraldo e Adelaide  per poi mostrarceli vulnerabili, contraddittori, complessi,  e farci sentire meschini per aver preso posizione contro mostrandoci invece una complessità che non si può ridurre in una dimensione sola.
Questa ci sembra la cifra più riuscita del testo.

A sostenere la felicità di scrittura di Mocciola (con i limiti di cui si è detto) c’è l’interpretazione dei personaggi che, pur se di diversa caratura, è notevole e splendidamente indovinata.

Francesco Giannotti  interpreta Monaldo secondo la squisita tradizione teatrale che vuole  ottima dizione, capacità di portare la voce, sicurezza nell’espressione del linguaggio del corpo e del suo essere in scena.
Cristiana Stazzonelli è più schiva, meno spavalda nel suo  stare  in scena,  incarnando   una Adelaide proprio per questo indimenticabile, sin dalla sua prima apparizione, quando, di nero vestita, con un  velo anch’esso nero sul volto,  si siede tra il pubblico e recita le sue preghiere.
Il giovane Lorenzo Mereu,  quasi al suo esordio, tradisce una dizione meno precisa, ma è tutto dentro il personaggio e si cimenta con una difficile scena di nudo, durante la descrizione delle ispezioni corporali mediche, lunghissima, reiterata, con la quale tormenta il pubblico ribadendo con la sua nudità fisica quella dell’animo del personaggio cui dà corpo  con grande generosità.
Merito anche della regia di Giorgia Filanti che fa tesoro delle loro caratteristiche aumentando la credibilità dei personaggi che,  grazie a queste differenze, entrano in dinamica dialettica acquisendo maggiore spessore.

Molte le citazioni tratte dell’immaginario collettivo contemporaneo (non ultima la danza da Povere creature di Lanthimos) ma sono citazioni che non nascono dal vezzo di essere riconosciute come tali e sono sempre utili alla messinscena e allo sviluppo dei personaggi e della storia.

Adelaide, contessa Leopardi è insomma un gioiello, forse appena da lucidare, la cui preziosità sta tutta nella cura di chi prende il teatro come un’arte seria e lo fa con grande amore e umiltà.

Adelaide, contessa Leopardi
di Antonio Mocciola

Regia di Giorgia Filanti,

Con Francesco Giannotti, Lorenzo Mereu, Cristiana Stazzonelli

 

Visto per voi al Teatrosophia di Roma il 15 novembre 2024

(19 novembre 2024)

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