Antigone è l’archetipo della giustizia, della libertà, della ribellione. Temi questi portati in scena al Teatro Vascello di Roma nella versione dell’Antigone scritta dall’autore francese Jean Anouilh nel 1941 durante l’occupazione nazista della Francia e pubblicato nel 1943.
Lo spazio scenico è una strada. A terra, strisce pedonali e linea di mezzeria. Su un lato del palco una fermata dell’autobus, dall’altro un vecchio telefono pubblico. Al centro, televisori accatastati pronti per essere smaltiti chissà dove. La regia di Roberto Latini rompe la quarta parte in un’inversione scenica. Lui stesso interpreta Antigone, come il ruolo del re Creonte è affidato a Francesca Mazza. Il dialogo tra i due si svolge tra la platea e il palcoscenico. Antigone sale e scende le scale tra il pubblico, mentre Creonte dal palco l’attacca per essersi ribellata alla sua decisione di non seppellire Polinice, il fratello di Antigone, in quanto nemico del regno. Latini ha deciso di invertire i ruoli principali della tragedia, non tanto per una ricerca sul gender, quanto per sottolineare come Antigone e Creonte siano l’una lo specchio dell’altro.
Il testo di Anouilh è fedele all’opera di Sofocle. La differenza è nei personaggi: le guardie sono tre e viene aggiunta la figura della nutrice. Quest’ ultima è interpretata da Manuela Kustermann e nell’enfasi empatica del suo racconto, ritroviamo il ruolo del coro della tragedia greca. Il coinvolgimento del pubblico è quindi a più livelli. Antigone tra platea e scena, la nutrice che avanza e retrocede sul proscenio e Creonte che si muove nella scena vera e propria, nel mezzo di quella strada fittizia tra rumori di autobus che si fermano allo stop e telefoni che squillano per seminare nuovi dettagli sulla sfortunata vicenda di Antigone, la ribelle.
Lo straniamento è palese. Gli attori recitano ora con maschere bianche e capelli posticci, ora a viso aperto, creando un ulteriore sdoppiamento, una duplicazione dell’azione scenica. La bravura degli attori attualizza la vicenda, dove la riflessione principale è sulla natura della giustizia. Fino a che punto le leggi devono arrivare a regolare la vita dei cittadini e davvero sono sempre necessarie leggi che regolino ogni aspetto della loro esistenza? I personaggi della tragedia esprimono questo dubbio in soliloqui, intime confessioni che si alternano nella narrazione. La regia di Roberto Latini punta a tale frammentazione, come tanti quadri indipendenti, talvolta a scapito di un’unità della rappresentazione.
È vero che “le parole sono in movimento”, come scrive Latini nelle note di regia. Ma questo entrare e uscire di scena come immagini autonome provoca una sofferenza al ritmo dinamico della storia; pertanto, la percezione completa dell’opera è una certa staticità che rende a tratti complicato seguirne la narrazione.
Ciò non toglie la maestria degli attori in un perfetto stile recitativo. Il dubbio sulla verità e sulla giustizia percorre l’intera tragedia. Quei televisori obsoleti, che sembrano perdersi nell’oblio del tempo, si accendono all’improvviso a creare una frase che illumina la platea: tutte le scelte che hai fatto ti hanno portato sin qui. Ecco la risposta al dubbio, ne siamo allietati, ma per poco. L’ultimo apparecchio viene collocato al di sopra degli altri. Accende la negazione non. A questo punto, dov’è la verità? Non tutte le scelte che hai fatto ti hanno portato fin qui oppure Tutte le scelte che non hai fatto ti hanno portato fin qui?
ANTIGONE
di Jean Anouilh
traduzione Andrea Rodighiero
personaggi e interpreti
Silvia Battaglio – ISMENE e IL MESSAGGERO
Ilaria Drago – EMONE e GUARDIE
Manuela Kustermann – LA NUTRICE e CORO
Roberto Latini – ANTIGONE
Francesca Mazza – CREONTE
scene Gregorio Zurla
costumi Gianluca Sbicca
musica e suono Gianluca Misiti
luci e direzione tecnica Max Mugnai
in collaborazione con Bàste Sartoria
regia Roberto Latini
Visto per voi al Teatro Vascello di Roma il 21 novembre 2025.
(22 novembre 2025)
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