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Jeux du Sable #Vistipervoi commuove e scardina la retorica del racconto di migrazione

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di Alessandro Paesano #JeuxDuSable twitter@gaiaitaliacom #Recensioni

 

Ennio Trinelli ci ha sempre abituati a delle regie dove l’attenzione al testo va di pari passo con quella per gli e le interpreti.

Jeux du Sable di e con Guaniou Ibrahim, che abbiamo visto al Teatro Testaccio lo scorso 17 marzo, è la prima regia per un testo non suo alla quale abbiamo assistito.

L’amore e la padronanza del testo di Trinelli sono totali anche quando dirige un testo non suo, dimostrando che il suo amore per il teatro non è paterno ma totale, incondizionato e privo di mediazioni.

Jeux du Sable, titolo in quella lingua francese che per Guaniou Ibrahim rappresenta il viatico di comunicazione con i fratelli dei paesi che attraversa quando dal Togo si mette in viaggio fino ad approdare in Italia, è un testo che intanto ha l’eleganza del multilinguismo che Guaniou declina nella ripetizione del racconto, ora in italiano, ora in francese, ora nella sua lingua madre. Un racconto rapsodico che reitera senza mai davvero ripetere momenti topici della sua esperienza. Una esperienza di migrazione che ha l’intelligenza di non cercare nell’eccesso facile del sensazionalismo umanitario l’importanza del suo racconto perché non c’è bisogno di violenze iperboliche per denunciare l’umiliazione, la tortura e lo sfruttamento di un lavoro fatto con fatica come quelle pietre sollevate tutto il giorno con una sola pausa per bere e mangiare un tozzo di pane.
La determinazione umanissima di Ibrahim nel voler proseguire nel suo viaggio sono segnate da un’esperienza umana che lo caratterizza sin dall’infanzia da quel gioco dei bastoncini di legno nella sabbia cui fa riferimento il titolo del monologo che sono occasione per i suoi amici di uno scherzo che si fa sopraffazione, prepotenza maschile e maschilista del più grande sul più giovane, della moltitudine sul singolo e che Guaniou personaggio riceve con una dignità che  a noi spettatori e spettatrici occidentali manca più solamente perché siamo lì a teatro a guardar fare un’esperienza che noi non abbiamo fatto mai.

I giochi della sabbia non sono così solamente quelli dell’infanzia del protagonista ma anche quelli dei paesi che Ibrahim ha incontrato durante il suo viaggio quei giochi del destino che lo hanno condotto fino in italia dove Guaniou ha potuto realizzare un desiderio che aveva fin dall’infanzia: quello di fare l’attore (sapevo che volevo fare l’attore, dice durante lo spettacolo, anche se non sapevo cosa voleva dire).

L’intelligenza del testo sta anche nello scardinare la retorica del racconto di migrazione che riporta sempre con gusto esotico la differenza culturale presentata come diversità, mettendo una volta tanto dinanzi noi pubblico occidentale la nostra differenza culturale così come è percepita da Guaniou nella sua triplice veste di autore attore e personaggio.

L’incomprensione con cui Ibrahim esegue la registrazione presso la polizia italiana che prevede il lasciare l’impronta di tutti e dieci i polpastrelli delle mani ci viene restituita come rito incomprensibile e ancestrale che noi sappiamo invece essere un segno di riconoscimento che imponiamo solamente alla cittadinanza straniera (solamente il carcere prevede per noi la totalità delle impronte digitali) altrimenti viene chiesta solamente quella del dito indice per il passaporto. Un segno di discriminazione e umiliazione quindi che Ibrahim accetta con il candore innocente dell’ignavo.

Un testo che non è solamente teatro di parola ma anche di movimento, di danza e di suono musicale, quello della canzone d’amore che Ibrahim prima canta e poi traduce, e quello del suo accento che innamora, accento che Guaniou ha quando parla in francese e in italiano, parlando un lessico di chi ha studiato, un idioletto complesso e colto (ricco nel vocabolario anche se ogni tanto sbaglia qualche uscita grammaticale dei verbi) spezzando un altro topos della persona straniera che parla una lingua semplificata più per una sua atavica incapacità a parlare la nostra lingua che per la difficoltà oggettiva di parlare una lingua non madre.

Ci si commuove e si riflette durante e dopo la visione di questo spettacolo che sta girando per l’italia sempre con risultati incoraggianti (anche se la piazza romana lo si sa è faticosa).

Uno spettacolo che sarebbe dovuto rimanere in cartellone almeno un mese ma questo ormai non riesce più a permetterselo nessun allestimento…

Jeux du Sable è una produzione GaiaitaliapuntocomEdizioni, Europa Teatri e Coop. Sociale Svoltare per il festival #urladalsilenzio che ha debuttatto a Parma nello scorso gennaio.

 




 

 

(25 marzo 2019)

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