HomePrima Teatro"Yamamura Mai e Jiuta" a Venezia #Vistipervoi da Emilio Campanella

“Yamamura Mai e Jiuta” a Venezia #Vistipervoi da Emilio Campanella

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di Emilio Campanella, twitter@gaiaitaliacom

 

 

Danze musiche e canti di Osaka secondo la tradizione della scuola Yamamura. Lo scorso 30 ottobre, al Teatro Goldoni di Venezia, uno spettacolo patrocinato dall’Università di Ca’ Foscari, Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea, e dalla Japan Foundation, in collaborazione con la Fondazione Cini, Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati, Venezia, il Museo d’Arte Orientale di Venezia, il Teatro Stabile del Veneto. Una rara occasione per gli appassionati di teatro e di musica giapponese.

Si è presentato uno stile di grande rigore che prende le mosse dall’antichità mitica, addirittura dalla dea del Sole Amaterasu, le danze sciamaniche, quelle di corte, il teatro No ed il Kabuki, creando una sintesi dei drammi più noti di queste due ultime forme teatrali. Raffinatissimo, rarefatto e che presuppone una grande conoscenza dei testi cui si fa riferimento, costituisce un modo fortemente ipnotico di rendere il tratteggio dei personaggi che si muovono sulla scena, apparentemente con minimi movimenti, controllatissimi e giocati sulla centralità dell’asse ed il suo ruotarvi intorno, come se chi danza fosse sospeso nello spazio e vi scivolasse a qualche millimetro dal suolo, salvo poi ribadire il radicamento al suolo stesso con il battito dei talloni che compongono una ritmica spezzata e drammatica a sottolineare la sudditanza dalla terra. Modalità tipica delle danze antiche e popolari di ogni parte del mondo. Il percuotere la terra, a risvegliarne la reazione, a ribadirne il legame viscerale con la divinità primigenia. Determinante il precisissimo uso dei ventagli, antico, sacrale, simbolico mezzo di contatto con gli spiriti. Specializzazione delle Tayu (cortigiane di rango superiore) è un genere di danza più adatto ai convitti privati in sale da banchetto per i soli ospiti convenuti.

Un episodio importante di Sasameyuki (Neve Sottile) di Junichiro Tanizaki riguarda proprio gli studi di danza di questo particolare stile, di una delle sorelle Makioka, protagoniste del grande romanzo. La serata era a conclusione di un piccolo ciclo di lavoro costituito da una conferenza con dimostrazione a Palazzo Grimani, il 26 ottobre, uno stage di danza a Ca’ Foscari Zattere, il 27, e da ultimo, lo spettacolo di cui si sta trattando. La serata al Teatro Goldoni, introdotta ed inframmezzata dalle colte presentazioni del Professor Bonaventura Ruperti, ha sofferto di una regia generale a dir poco discutibile: se le luci di scena erano possibili ed i fondali proiettati, appropriati, siccome scelti da soggetti del Museo d’Arte Orientale, bisogna dire che la scansione dei brani eseguiti ha sofferto di una ben differente successione, in confronto al programma, e questo accade spesso un po’ ovunque, ma non si è riusciti ad utilizzare coerentemente le luci, le mezze luci, il buio/luce sugli applausi ed i ringraziamenti degli artisti. Si sa come questo possa fortemente inficiare la riuscita di una serata.

Per fortuna il rigore formale e la qualità delle danze e dei brani musicali, eseguiti da artisti di primissimo ordine, hanno vinto la partita sulla maldestra conduzione generale. Yamamura Wakahayaki ha interpretato con grande intensità anche come onnagata kabuki (ruolo tradizionale en travesti); Kikuo Yuji, musicista eccelso e cantante dalla voce possente quanto altissima di tessitura, all’occorrenza, drammaticamente coinvolgente ed emozionante, ha molto colpito il pubblico. Da citare, tutti gli altri artisti della troupe: Tai Iroaki, Kikuoda Yukari, Tsuji Yuka, Ishimusa Masami, Hattori Sachiko.

A sorpresa, dopo i calorosi applausi e le molte meritatissime chiamate, i ringraziamenti nel foyer del teatro, da parte del capo compagnia commosso dall’entusiasmo dei moltissimi studenti.

 




(6 novembre 2017)

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